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 2009  luglio 10 Venerdì calendario

GUARDANDO KIM DAL 38° PARALLELO


Quando l’altro ieri la Casa Bianca e il Pentagono a Washington e il palazzo presidenziale a Seul hanno notato disturbi e rallentamenti nei loro siti Internet, Stati Uniti e Corea del Sud hanno subito puntato il dito contro la Corea del Nord. Pochi giorni prima, proprio mentre negli Usa si celebrava la festa del 4 luglio, il regime di Kim Jong-il ha pensato bene di lanciare sette missili balistici di media gittata, a solo tre mesi dalla ripresa dei test nucleari. Una serie di atti provocatori e ostili che hanno portato la questione della Corea del Nord nel dibattito in corso al G8 a L’Aquila. E che farebbero pensare che, di questi tempi, un viaggio alla zona demilitarizzata (DMZ), la striscia di terra larga circa quattro chilometri e lunga 250 che, seguendo il 38mo parallelo, spacca in due la penisola coreana sin dai giorni della firma d’armistizio nel lontano 1953, sia strettamente proibita. O perlomeno, un’impresa azzardata. E in effetti le raccomandazioni della vigilia indurrebbero al ripensamento. Mia, la guida, si raccomanda di indossare sneakers, «per correre meglio se necessario». Niente shorts, intima, e per le donne, non si sa perché, niente mini-gonne. Ah, e poi firmate qui, aggiunge, mentre fa girare un documento dove si legge: «La visita alla zona di sicurezza a Panmunjom comporterà l’ingresso in una zona ostile e la possibilità di ferite o morte».
Lasciata la capitale coreana, tra nuovi grattacieli sempre in costruzione e grande abbondanza di negozi di Prada, Versace e Chanel, dopo appena 50 chilometri lungo la «Freedom Highway» si giunge dunque a Panmunjom, alla confluenza dei fiumi Han e Himjin. E la prima impressione è che si tratti di un errore. Giostre. Bambini che giocano dentro una grande vasca con dei mini-pedalò. Altri che lanciano aquiloni colorati. Venditori di zucchero filato. Siamo a Ground Zero della «frontiera più fortificata del pianeta» o in un grande Luna Park nel corso di una domenica afosa?
Nove Won, poco più di 5 euro, e ci ritroviamo a bordo di un autobus tra famigliole coreane, un paio di turisti occidentali, qualche cinese. Dopo una percorso a zig zag tra barriere e filo spinato due soldati sud coreani entrano a bordo e controllano distrattamente passaporti e documenti. Poco dopo, ecco la prima fermata, la stazione ferroviaria di Dorasan. Agli inizi del millennio tra Seul e Pyongyang c’erano stati dei segni di distensione e la decisione di riaprire la linea ferroviaria tra le due capitali doveva essere la sua manifestazione più significativa, oltre che l’occasione per unire la penisola coreana ai mercati della Cina, della Siberia e del resto dell’Asia. Per celebrare la storica occasione era venuto a Dorasan anche George W. Bush ed ecco le sue foto ovunque. Ma il collegamento con il Nord non è mai accaduto e l’unico segno di vita dentro la moderna stazione sono una bancarella che vende bibite ai turisti accaldati e due giganteschi Marines coreani, Ray-Ban agli occhi, coi quali tutti sentono l’obbligo di posare per una foto, ottenendo in cambio ogni tanto un sorriso annoiato.
Si risale sul bus sotto l’occhio vigile di Soo-min, la guida del tour, e dopo avere attraversato un bosco circondato da filo spinato e cartelli che intimano di non addentrarsi per il pericolo di mine si giunge al Dora Observatory, dove un terrazzo con cannocchiali a pagamento consente di osservare frammenti di vita nord-coreana. O illusioni di vita, perché Kijong-dong è un falso, un villaggio fantasma fatto solo di mura esterne e di luci che si accendono e che si spengono per fare credere che ci sia dell’attività. «Propaganda village», è stato ribattezzato. In effetti non si vedono passanti , non ci sono auto, ciminiere, niente. «Due persone!», urla eccitato un turista britannico. Torniamo tutti ai cannocchiali ed eccoli, due contadini che si aggirano per un campo, ignari dell’attenzione che la loro passeggiata sta sollevando a 3-4 kilometri di distanza.
La prossima tappa è il «Terzo Tunnel», terzo perché nell’arco dei decenni i Nord-coreani hanno costruito almeno quattro tunnel con l’intento di infiltrare i loro soldati oltre la zona demilitarizzata e di invadere il Sud. Scoperto nel 1978, 2 metri di altezza, altrettanti di larghezza e ben 1600 metri di lunghezza, il terzo tunnel è il piu sofisticato dei quattro. E quando infilato il casco giallo ci si incammina nel suo ventre è facile capire che avrebbe davvero potuto consentire l’ingresso di una divisione di fanteria armata di 30mila soldati in una sola giornata.
Quando Nord e Sud, alla fine di un sanguinoso conflitto fratricida costato 4 milioni di morti, firmarono l’armistizio, decisero di lasciare dentro la DMZ solo due villaggi. Per il Sud è Daesong-Dong, dove risiedono circa 200 persone. Per il Nord è Gijeong-Dong, solo 800 metri di distanza. Ma è ora di andare all’ennesimo souvenir shop, a fare acquisto di cappellini e T-shirts che dicono : «Sono stato alla DMZ». C’è anche del riso nord-coreano. E per chi lo vuole del filo spinato, ricordo di una guerra e poi di oltre mezzo secolo di tensione e di tragedia vere. Trasformate in una gita a Disneyland.