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 2009  luglio 10 Venerdì calendario

PRONTI A RIPARTIRE DOPO VENTIDUE ANNI DI ATOMO DA EXPORT


Ma la decisione di tornare al nucleare non sarà un po’ campata in aria, sul piano tecnico? Ventidue anni dopo il referendum che ci impose di chiudere tutte le centrali atomiche italiane, le nostre imprese saranno in grado di rimettersi a costruirne come se niente fosse? Beh la risposta è netta: se la politica lo decide, le aziende possono ricominciare domani, perché dal 1987 a oggi non hanno mai smesso di progettare, costruire, gestire e smantellare centrali all’estero.
Enel, per esempio, non possiede neanche un MegaWatt nucleare in Italia ma ne ha ben 5.700 installati e 2.400 in costruzione tra Spagna, Slovacchia, Romania e Francia, inoltre ha firmato un accordo con la russa Rosatom per un numero da definire di nuovi impianti. Ieri il numero uno del gruppo, Fulvio Conti, ha detto che in Italia vorrebbe realizzare almeno 4 centrali nucleari per un totale di 6 mila MegaWatt, la prima delle quali operativa nel 2020. Attraverso un’acquisizione societaria Enel dispone di 4 reattori in Slovacchia (1.840 MW) più due in costruzione (880MW). In Spagna il gruppo tramite Endesa controlla 7 centrali (3.640 MW) anche se questi impianti si avviano (probabilmente) alla chiusura. In Francia collabora con Edf all’impianto nucleare di terza generazione «Epr» di Flamanville (1.600 MW di cui 200 dell’Enel). E in Romania gestirà le due unità nucleari che sono in costruzione a Cernavoda (1.500 MW).
A realizzare queste centrali rumene è un altro gruppo italiano, l’Ansaldo, che nel 2005 ha ricostituito una sua società (si chiama Nucleare) in cui lavorano 200 ingegneri e tecnici superstiti del referendum del 1987, duecento «carbonari» del nucleare che in 22 anni hanno continuato a costruire impianti all’estero, in collaborazione con Westinghouse e General Electric. Ansaldo Nucleare sta costruendo reattori in Cina (al momento il principale mercato del settore) ed è capofila del progetto pan-europeo di impianti di terza generazione raffreddati a piombo fuso; inoltre ha un ruolo nel programma mondiale per lo studio della quarta generazione e nel «nuovo nucleare» a fissione di Carlo Rubbia. Ansaldo ha anche competenza nello smantellamento di centrali atomiche e ha collaborato alla messa in sicurezza di Cernobil dopo l’incidente del 1986.
Ansaldo Camozzi, cioè la parte di Ansaldo che è stata rilevata dal gruppo Camozzi di Brescia, produce ed esporta in tutto il mondo generatori di vapore per i reattori ad acqua pressurizzata, e da Sesto San Giovanni (nello stabilimento ex Breda) produce ed esporta macchinari nucleari soprattutto verso gli Stati Uniti. Componenti essenziali per le centrali nucleari vengono fabbricate anche dalla Techint della famiglia Rocca. Pure la milanese Edison si prepara a un futuro nucleare, anche perché è partecipata dalla francese Edf (equivalente francese dell’Enel) che è il numero uno europeo e forse mondiale nella gestione degli impianti atomici. Edison un paio di anni fa si era candidata a far marciare in Italia fra le 5 e le 10 centrali nucleari.
Quanto a competenze, insomma, in Italia non manca nulla, anche se una strozzatura alla ricrescita del settore c’è: in questi anni di atomo semi-clandestino sono stati pochi i laureati italiani in ingegneria nucleare. Forse bisognerà cercarne all’estero.