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 2009  luglio 10 Venerdì calendario

LA TV DEGLI SPOT NASCOSTI


Sembrava un gioiello come tanti altri. E invece al collo di Mara Venier durante una puntata dell´Isola dei famosi c´era un ciondolo griffato "MyMara". Di cui guarda caso la Venier stessa era testimonial. Risultato: 40mila euro di multa alla Rai e sanzioni per la società produttrice del reality Magnolia, nonché per casa che produce gli oggetti in questione. Lo stesso dicasi per Annalisa Minetti, comparsa negli studi di Pomeriggio Cinque: sospetta quella ranocchia ben visibile sulle spalle della cantante. E infatti è il logo della griffe "Monella Vagabonda". Anche in questo caso tutto si conclude con l´Antitrust che multa sia Mediaset sia gli altri interessati. O ancora: l´attore Massimo Ciavarro, sempre sull´Isola dei famosi, si ammala e deve tornare in Italia. L´intervento della "Europ Assistance" è così reclamizzato che il sospetto, come si dice, nasce spontaneo. Altro caso: il giornalista Massimo Caputi viene sospeso per due mesi dopo aver indossato una maglietta con un marchio (della Cueva) e la Rai multata. Fatti che sono una conferma che il fenomeno della pubblicità occultaesiste ed è assai diffuso. Striscia la notizia, il tg satirico di Canale 5, aveva nello scorso gennaio mostrato addirittura un tariffario che andrebbe dai 20.000 euro per indossare magliette firmate ai 10.000 euro per portare un gioiello, fino a 7000 euro per mostrarsi con un orologio al polso.

La tentazione di raggiungere il pubblico in modo non ortodosso è molto forte
Entro fine anno il governo varerà una normativa sulla pubblicità indiretta
Trovato: " ora di abbandonare le reclame camuffate e sgradevoli"
De Masi: "In questa pubblicità c´è una sorta di immoralità Tutta la tv induce al consumo"
L´Antitrust sanziona Rai e Mediaset per pubblicità occulta. Sottolineando l´emergere di un fenomeno: l´intrusione di prodotti commerciali negli show e nelle fiction Una tendenza che gioca sul labile confine tra legale e illegale. E che scatena le polemiche

 un fiume di denaro quello che ogni anno produce in tv la pubblicità occulta. Milioni di euro che non vanno nelle casse di Rai o Mediaset, perché a intercettare la pubblicità camuffata sono spesso produttori, registi e attori. Immaginiamo questa scena, che avremo visto decine di volte: l´ispettore scende velocemente da un auto sportiva, guarda furtivamente l´orologio che ha al polso, poi dalla tasca della sua giacca elegante, tira fuori un ultratecnologico cellulare. Ebbene, ognuno degli oggetti in scena, l´auto, l´orologio, la giacca, il cellulare, potrebbero essere delle pubblicità, oggetti scelti per promuovere dei prodotti e dei marchi.
La pubblicità occulta, d´altronde, esiste da quando esiste la tv, così come è sempre stata forte la tentazione di raggiungere il pubblico non attraverso i canonici messaggi degli spot, ma in maniera più sottile, mascherando la promozione all´interno delle trasmissioni, pagando direttamente gli attori, i produttori, i conduttori. una pratica illegale perché non si traduce in spot: non a caso l´Antitrust negli ultimi tempi è intervenuto diverse volte per controllare e sanzionare i programmi televisivi - considerati dalle legge i responsabili dell´operazione - dove si erano visti marchi e prodotti. In altri casi, si sono registrate accese polemiche, anche se non si trattava propriamente di pubblicità occulta. Il confine è labile. Fece clamore, nel 1996, il caso del Maresciallo Rocca, dove troppo spesso (almeno secondo l´associazione di consumatori Adusbef), Gigi Proietti aveva in mano un pacchetto di sigarette, caso per il quale però Proietti fu completamente scagionato. Poi nel 1999 la polemica con Celentano che in "Francamente me ne infischio" aveva mostrato una bottiglia di acqua minerale della ditta che era sponsor della trasmissione. Nell´ultimo Sanremo, Piero Chiambretti aveva indossato delle scarpe tricolore tipo Superga (senza marchio) e, guarda caso, a fine festival la Superga lanciò una campagna partendo da quel modello di scarpa tricolore. Ma ci sono anche i prodotti a marchio Coop nella fiction Tutti pazzi per amore, la Nutella al Grande Fratello, e via discorrendo.
Nella maggior parte dei casi gli oggetti che vengono mostrati in scena non vengono scelti per motivi promozionali, ma unicamente per mantenere lo stile di una trasmissione o di una fiction. Poltrone, sedie, automobili, abbigliamento, fanno la loro comparsa per necessità, non per lucro. Ma altrettanto spesso le produzioni scelgono un oggetto invece che un altro per convenienza economica, per risparmiare sui costi, facendosi dare oggetti di arredamento o capi d´abbigliamento, o automobili gratuitamente dalle aziende, in cambio della presenza nello show o nella fiction. Ed è qui che arriva il «product placement», ovvero l´arte di piazzare prodotti in televisione senza che lo spettatore se ne accorga.
Tutto normale? Non ne è convinto il sociologo Domenico De Masi: «Un´azienda spende dei soldi per apparire in un lavoro televisivo perché sa che ottiene un risultato. Si è capito che la personalità di chi guarda, dello spettatore, si può aggredire nella dimensione emotiva. Nella tv italiana tutto il set è implicito nell´induzione al consumo. Dalle automobili all´arredo, nelle fiction la pubblicità occulta è studiata per indurre ad acquistare quei prodotti». Qualcuno potrebbe dire che è inevitabile: se un attore deve salire su un automobile, ci deve pur essere una vettura. «Sì, ma c´è una sorta di immoralità in questo tipo di pubblicità», dice ancora De Masi «da una parte ci sono degli iperesperti che inducono al consumo, dall´altra parte c´è lo sprovveduto telespettatore che associa il simpatico protagonista al prodotto che usa».
Quello del "product placement" è un vero e proprio lavoro. «Già oggi per molte fiction, un anno prima di girarle, si attiva un settore che raccoglie fondi per alimentare la produzione: si scelgono i prodotti, dal cibo o ai mobili, adatti alla situazione. Se il prodotto è bene inserito, rende più elegante anche la trasmissione tv», spiega Saro Trovato, della Bocconi-Trovato & Partners, agenzia che si occupa tra l´altro di "product placement". «Credo sia giunto il momento di abbandonare la pubblicità occulta, camuffata, sgradevole. Oggi ci sono persone che approfittano della loro posizione, prendono soldi in nero da aziende, mentre con una legge sul "product placement" sarebbe tutto alla luce del sole», sostiene Trovato. E infatti dopo la legalizzazione nel cinema nel 2007, anche nella tv italiana c´è la volontà di regolare la pubblicità in tv. Il 23 giugno scorso il Senato ha recepito una legge dell´Unione europea (non vincolante), per tradurla in decreto legislativo il governo ha tempo fino al 19 dicembre 2009.
Quantificare il mercato della pubblicità occulta è ovviamente impossibile, così come è difficile quantificare il valore del "product placement" nella tv italiana, dato che non è stato ancora regolamentato. Ma c´è un dato che deve far riflettere. Da quando è stato legalizzato nel cinema si è stimato un valore di circa 36 milioni di euro. Pochissimo rispetto agli Stati Uniti (3.7 miliardi di dollari nel 2007), dove è legale da molto tempo, ma si tratta di una spia di un mercato tenuto sotto osservazione dagli investitori pubblicitari con grande attenzione. Perché il valore del "product placement" è davvero altissimo, come dimostra la ricerca 2PValue di Stage Up e Osservatorio di Pavia, secondo la quale il settore automobilistico, ad esempio, ottiene in media 2 minuti di visibilità nell´ambito di ogni puntata delle fiction trasmesse in chiaro dalle tv italiane, come Ris, Carabinieri, Distretto di polizia, con tutti i loro inseguimenti su macchine lanciate a tutta velocità. Il ritorno sull´investimento può arrivare - per una sola casa automobilistica - fino ad 1,5 milioni di euro per singola fiction. Valore che diventa particolarmente elevato proprio in confronto alla comunicazione pubblicitaria tradizionale, con una media di 2700 spot al giorno nelle reti generaliste italiane, che spinge gli spettatori, secondo una ricerca di Demoskopea, a considerare il "product placement" poco fastidioso rispetto all´interruzione pubblicitaria.