Dario Pappalardo, la Repubblica 10/7/2009, 10 luglio 2009
2008, FUGA DA MUSEI E SPETTACOLI "LA CULTURA MAI COSI’ IN CRISI"
Resca: troppi tagli, abbiamo perso la leadership
Il manager di Bondi: "C´è un progetto per valorizzare il vaso di Eufronio"
ROMA - Calano i visitatori nei musei. Crolla il pubblico di mostre ed eventi. Bilanci ministeriali ridotti al minimo. Chiudono parzialmente le grandi biblioteche, come quelle di Roma e Firenze. un ennesimo campanello di allarme per la cultura del nostro paese, quello suonato ieri a Roma dall´Assemblea generale di Federculture. L´associazione che riunisce imprese e operatori culturali ha presentato il dossier di dati aggiornati al 2008. Presenti, tra gli altri, all´auditorium dell´Ara Pacis, il super manager dei Beni culturali Mario Resca e il sindaco di Roma Gianni Alemanno. Il risultato è chiaro: dopo venti anni di crescita, il consumo culturale è in crisi. La spesa delle famiglie italiane nel settore scende del 6,89%. Nel 2008, i cinema hanno perso il 4,9% di incasso al botteghino. Quasi il 4% in meno fa la fila all´ingresso delle nostre istituzioni museali. Con punte negative molto alte come il -12,3% negli scavi di Pompei e il -24,8% nel circuito della Reggia di Caserta. Se i siti archeologici della capitale (Colosseo, Palatino e Foro romano) e il Museo egizio di Torino sono in controtendenza con il loro andamento positivo (+7,6% e 1,2%), scorrendo la classifica del mondo, si scopre che gli Uffizi, primi italiani, sono solo il ventitreesimo museo del pianeta per numero di visitatori: 1.554.256 con una flessione del 3,8%. Il Louvre di Parigi, in testa alla top ten, ne conta sette milioni in più, con un incremento del 2,4 per cento. E il confronto con i cugini d´Oltralpe non migliora se guardiamo agli stanziamenti pubblici per il settore culturale: 1.568 milioni è il budget statale della cultura italiana per il 2009, pari allo 0,22% del bilancio dello Stato. In Francia la cifra sale a 2.900 milioni.
«Tra poco non saremo più in grado di mantenere aperti i nostri musei», dice senza tanti preamboli Roberto Grossi, presidente di Federculture. «L´investimento pubblico è fondamentale. Senza questo, viene meno anche il contributo dei privati. Proponiamo perciò la promozione di veri e propri piani regolatori della cultura e delle industrie creative, in grado di disegnare un sistema di convenienze anche per l´investimento privato. Non basta avere sul nostro territorio una grande quantità di siti Unesco: se non sono ben gestiti, significano un peso. Chiediamo che la prossima finanziaria preveda dei nuovi stanziamenti». La crisi, insomma, dovrebbe rappresentare per l´Italia uno stimolo per ripartire dalla cultura. Come accaduto nel 1929. L´anno del tracollo, ma anche dell´inaugurazione del MoMA di New York, che aprì le porte nove giorni dopo il crollo di Wall Street. «Abbiamo una leadership da recuperare», secondo Mario Resca, il super manager, ex amministratore di McDonald Italia, nominato dal ministro Bondi direttore generale per la valorizzazione del patrimonio italiano. «L´Italia - ricorda Resca - era il primo paese per capacità di attrazione dei turisti. Lo 0,22 per cento del bilancio dello Stato è troppo poco per finanziare la cultura. Se Parigi oggi richiama 18 milioni di visitatori, significa che esiste ancora una richiesta culturale da parte del pubblico internazionale che va intercettata. Dobbiamo mettere al centro dell´attenzione le esigenze del nostro target. Creare accoglienza, comfort, migliorare la segnaletica delle esposizioni. Nel senso della valorizzazione va anche la mia idea di organizzare un road show dedicato al vaso di Eufronio, il reperto restituito dal Getty di Los Angeles che si trova ora a Villa Giulia».
In uno scenario quasi tutto negativo, Federculture sottolinea i buoni risultati dalle Gestioni Autonome. Nuove imprese nate con l´esternalizzazione da parte degli enti locali della gestione dei beni e dei servizi culturali. Realtà come il Palaexpo, la Fondazione Musica per Roma o il Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano segnano tutte un andamento positivo e un alto livello di autofinanziamento.