Andrea Rossi, La stampa 9/7/2009, 9 luglio 2009
CON IL PACCHETTO SICUREZZA BOOM DI BADANTI CACCIATE
«Mi hanno cacciata. Così, d’improvviso. E adesso non so dove andare. Sono senza lavoro e senza casa». Di telefonate così, in questi giorni - dopo l’approvazione del pacchetto sicurezza - Adriana Cretu ne ha ricevute a decine. «Venti al giorno, almeno», racconta questa ex colf romena, oggi tuttofare dello sportello badanti della Cgil. «Per non parlare di chi piomba qui disperato e non sa che cosa succederà adesso». Sulla sua scrivania le pratiche si ammassano di giorno in giorno: vertenze su vertenze, colf contro datori di lavoro, una battaglia quotidiana.
Solo che adesso è peggio. «Hanno paura. Tutti: le lavoratrici e le famiglie». E la paura fa agire d’impulso: così, negli ultimi dieci giorni, decine di colf che lavoravano senza permesso di soggiorno si sono ritrovate in mezzo a una strada. Allontanate dalle famiglie per «paura delle nuove misure contenute nel pacchetto sicurezza» spiega Adriana Cretu. E aggiunge: «Tante lavoravano nelle stessa casa da uno o due anni. Persone fidate; eppure non è bastato». Un’istantanea di questo esodo alla rovescia non esiste. Ma chi conosce a fondo quest’universo ha pochi dubbi: «I casi sono centinaia».
Serve a poco sfoderare le precisazioni del governo: le norme appena varate non dovrebbero avere effetto retroattivo. E, almeno in teoria, secondo il vicepresidente di Assindatcolf (l’associazione sindacale dei datori di lavoro domestico) Lelio Casale «chi ha già fatto domanda per il decreto flussi, anche se non è rientrato, non dovrebbe rischiare». Le rassicurazioni non sembrano far breccia. Anzi, «è un’ondata continua, inarrestabile», conferma Elena Putina, presidente dell’associazione onlus Speranza che assiste le donne moldave. Anche lei parla di decine di telefonate al giorno. E decine di donne in mezzo a una strada: «Stamattina (ieri, ndr) alle sette mi ha chiamato una donna. Piangeva. Mi ha detto che la famiglia presso cui lavorava, a Chivasso, l’aveva appena allontanata di casa. Non sapeva dove andare. Era in strada con tutte le sue cose senza sapere che cosa fare».
Tante famiglie, che finora avevano tenuto in casa una colf senza permesso di soggiorno, hanno letto o sentito che avrebbero rischiato fino a cinque anni di carcere, tre per chi ospita o affitta una casa a un immigrato irregolare. Ed è come se la stretta decisa dall’esecutivo avesse lasciato un segno profondo, soprattutto nell’immaginario. Chi lavora a contatto con l’immigrazione lo tocca con mano ogni giorno. «Chiamano in continuazione e chiedono: che cosa vuol dire questa nuova legge? Ci arresteranno tutte, adesso?», dice Elena Putina. «Sono preoccupate: sentono i loro datori di lavoro discutere allarmati delle nuove leggi e temono di restare senza lavoro e senza casa».
Anche le vertenze segnano il passo. «Una volte si presentavano qui per aprire una causa contro i loro datori di lavoro anche se erano clandestine», racconta Adriana Cretu. «In questi giorni sono sparite. Hanno paura. Non dovrebbero nemmeno presentarsi in aula, basterebbe il loro avvocato. Ma non lo fanno: temono che poi qualcuno le vada a cercare. Si sentono braccate. E allora rinunciano a sporgere denuncia».
La soluzione, raccontano alla Cgil e non solo, sarebbe una sorta di sanatoria. Nel mondo che gravita intorno al lavoro domestico vedono tutti di buon occhio la soluzione proposta dal sottosegretario Carlo Giovanardi. «Ci vuole una sanatoria», spiega Lelio Casale, «altrimenti queste lavoratrici resteranno irregolari a vita con tutto quel che consegue in termini di evasione fiscale e contributiva. Certo, per chi non ha mai fatto richiesta di accesso al decreto flussi la situazione si fa complicata». Laudina Zonca dell’Api Colf si mantiene prudente: «Serve una regolarizzazione, non c’è dubbio. Ma bisogna vigilare: altrimenti tutti si fingeranno datori di lavoro per assumere chiunque».
Probabile. Sullo sfondo resta uno scenario sempre più condiviso: «Queste signore o ragazze non rubano né commettono reati», spiega Elena Putina. «Lavorano. E sono indispensabili. Bisogna riconoscerlo e aiutarle».