Adam S. Posen, la Repubblica 9/7/2009, 9 luglio 2009
AL G8 L´ASSE NASCOSTO TRA GERMANIA E USA
IL G8 che si apre nella devastata L´Aquila produrrà più consensi ma meno risultati concreti dei due incontri precedenti. Su una serie di questioni, tra cui la finanza, l´amministrazione Obama ha avvicinato la posizione degli Usa a quella dei partner del G8. Dalla Germania forse ciò non è del tutto evidente. In vista delle elezioni di settembre, la cancelliera Merkel ha rinfocolato la retorica rivolta al loro elettorato. Questa retorica vuole che le cose terribili da risolvere siano le normative lassiste e la rapacità dei mercati finanziari anglosassoni, i cicli bolla-crisi, il consumismo americano e i deficit in impennata.
Dietro la retorica, tuttavia, le differenze tra le politiche tedesche e quelle statunitensi sono minime. Sulla regolamentazione della finanza, entrambi i governi si sono impegnati ad alzare i requisiti di capitale e di liquidità degli istituti finanziari, a mettere sotto l´ombrello del supervisore quanti più istituti non-bancari possibili, a fare transitare la maggior parte dei derivati dalle casse di compensazione e garanzia, a ridurre i conflitti di interesse delle agenzie di rating e a chiudere le falle del sistema fiscale. Nessuna delle due sponde atlantiche, tuttavia, sta agendo energicamente sulle proprie fragili banche o affrontando il problema degli istituti "troppo importanti per fallire".
Sul fronte degli stimoli, il divario retorico ingrandisce la distanza reale tra Germania e Stati Uniti. A marzo, subito dopo il G20, la Germania ha confezionato un consistente pacchetto di stimoli fiscali anti-crisi. Il tira-molla attorno agli "stabilizzatori automatici" è stato un esercizio secondario visto che tutti si sono mossi nella stessa direzione. Le critiche di Merkel alla politica fiscale Usa sono in parte giustificate, ma sbagliano obiettivo: non sono gli incentivi temporanei a rappresentare il vero rischio fiscale per gli Usa, bensì il tentativo di Obama di estendere la copertura sanitaria senza pagarne pienamente il costo.
Anche nel commercio il divario retorico supera di gran lunga la pratica e i cambiamenti proposti. A livello interno, il governo e il Congresso Usa hanno limitato la spesa pubblica di Stati e governi locali, pur concedendo sussidi alle locali case automobilistiche GM e Chrysler. Anche il governo di coalizione Cdu-Spd ha elargito aiuti al settore auto. La Germania però non vuole considerare un abbassamento della quota dell´export tra le fonti della propria crescita economica. Se Merkel e Steinbrück, però, sono convinti che siano stati gli squilibri globali creati dall´iperconsumo statunitense a generare il boom e la crisi, allora devono anche prendere atto che la Germania, se vuole limitare questi squilibri, dovrà diventare meno dipendente dal surplus commerciale netto.
Nel contesto del G8 non si evidenzierà un reale conflitto, poiché prevarrà una reciproca non-aggressione. Nessun affondo diretto quindi da parte della Germania contro gli Stati Uniti per le barriere commerciali né da parte degli Usa contro la Germania per la sua dipendenza dall´export. Il vertice aquilano del G8 evidenzierà quindi delle chiare discrepanze, ma la realtà le ridimensionerà. Purtroppo però questo facile accordo minerà l´azione che i membri del G8 devono mettere in atto per salvarci, ossia, l´avvio di una ripresa sostenibile nel settore bancario e nel commercio globale.
*Adam Posen è vice direttore del Peterson Institute for International Economics a Washington DC. Traduzione
di Guiomar Parada