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 2009  luglio 09 Giovedì calendario

«IN POCHI MESI SONO DIVENTATO IL VOLTO SIMBOLO DI MEDIASET»


Chiambretti: provoco senza esagerare, mi censuro da solo

MILANO – Da outsider a vol­to- simbolo. Più o meno la distanza che passa tra il circolo Arci scelto da Piero Chiambretti per celebrare il suo arrivo a Mediaset e lo sfavillante salone gremito di invitati dove ha animato la cena-evento per la presen­tazione dei palinsesti autunnali del­l’azienda di Cologno. Un breve salto temporale: dal 4 dicembre al 1˚lu­glio, sufficiente perché si compisse la metamorfosi. Adesso il vero «nu­mero uno» è lui.

Al fianco del conduttore, in en­trambe le occasioni, c’era Pier Silvio. Una strana coppia, che però funzio­na. Prima del debutto di Chiambretti night , il vicepresidente, timoroso ma divertito, aveva accolto l’invito del conduttore al Circolo Arci di via Bel­lezza a Milano. Ora, terminata la pri­ma edizione del programma, ha ac­cettato, nella serata «aziendale», di sedersi sulla poltrona al centro del palco e di farsi intervistare. Un atte­stato di stima e di fiducia. «Mi sono molto divertito – ammette Chiam­bretti ”. Applicando il metodo ’ni­ght’ alla convention ne abbiamo al­lontanata la freddezza».

Sembrava decisamente a suo agio di fronte alla dirigenza Media­set, agli investitori... «Ma è stato uno spettacolo costruito, non im­provvisato. Come dovrebbe sempre essere in tv». A dicembre avrebbe mai pensato di poter tenere le fila della serata più importante per Me­diaset? «No, anche se quando le co­se partono bene difficilmente fini­scono male. Non nego che il passag­gio a Mediaset sia stato complesso anche perché per me implicava un cambiamento epocale. Ma già ve­dendo Pier Silvio al Circolo Arci ho cominciato a pensare di essere arri­vato al momento giusto». Che mo­mento? «Serviva un outsider. Io lo sono. Ma se c’è il vantaggio di porta­re novità, c’è anche il rischio di non sapersi inserire. Io ho avuto la fortu­na e la capacità di farlo».

E l’affiatamento con Berlusconi jr sembra autentico... «Sì, tra di noi c’è proprio amicizia. un rapporto che va oltre il fatto che lui è il grande ca­po. C’è simpatia reciproca da almeno 10-15 anni, quando lui veniva chiama­to Dudi e io Pierino la peste». Ed è grazie a questa simpatia che, anche l’altra sera, le è stato possibile scher­zare su tutto con lui? Ha evocato Vil­la Certosa, gli ha anche detto che è l’unico che può chiamare il suo bab­bo «papi» senza finire sui giornali... «Credo nell’autonomia. Non posso non avere onestà intellettuale verso il pubblico. Penso sarebbe stato con­troproducente per me e per lui se fos­si stato diverso. Quando la provoca­zione è fatta bene arriva fino al limi­te ma non lo travalica».

Durante questa stagione, ha mai ricevuto pressioni? «Mai, da parte di nessuno. Resto il censore di me stes­so ». Le piacerebbe in­tervistare Pier Silvio nello show? «Un pas­saggio suo o di Con­falonieri non è così improbabile. Ma di­pende da loro». E con gli altri artisti Media­set? Com’è il rapporto? «Non vedevo nessuno perché registravo in uno studio esterno. L’amicizia c’è con quel­li con cui l’avevo an­che prima: Gerry Scot­ti, Ezio Greggio, c’è simpatia con Michel­le Hunziker. Non fre­quento nessuno ma in molti vedo quella stima professionale che spesso non c’è».

E lei si sente parte del gruppo? «Sono un uomo-bandiera. Quando ero in Rai mi sentivo parte integran­te del canone, a La7 di un telefono. Ora mi sento parte di Mediaset. Ma credo sia perché è un’impresa a con­duzione familiare. Il rapporto è diver­so. Dove esistono cda, lobby e via di­cendo tutti vanno e vengono: sem­bra un Grand Hotel. più difficile in­staurare rapporti in un’azienda che sembra un ministero». Eppure lei stesso aveva ammesso qualche titu­banza all’inizio. «Certo. Però poi ho realizzato che puoi essere a Raidue e non renderti conto che stai lavoran­do per la Lega, lavorare a Sky che è di un uomo di destra e via dicendo. Senza contare che esiste una commi­stione tra editori». Di nuovo l’ipotesi «Skraiset»? «Che ci siano delle alle­anze teoriche tra imprenditori ed edi­tori; tra partito politico e artista è in­sindacabile. Io lavoro per me stesso, ho la mia scala di valori. E sono ben lieto di lavorare a Mediaset». Oltre al­lo smoking, l’altra sera ha sfoggiato una maglietta gialla su cui campeg­giava un bersaglio. Era pronto a im­molarsi? «Essendo il responsabile della serata, se qualcuno avesse avu­to qualcosa da ridire mostravo dove sparare». Lo hanno fatto? «No, ho mandato la maglietta in lavanderia».