Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  luglio 09 Giovedì calendario

PANAMA, SI’ AL SUPERCANTIERE PER L’AMPLIAMENTO DEL CANALE


La cordata con l’italiana Impregilo verso la commessa

MADRID – Ha il sapore delle imprese che hanno se­gnato il Novecento. Sarà una delle più grandi opere di in­gegneria civile della storia, destinata a ridisegnare la ge­ografia dei trasporti via ma­re. Sta per prendere il via l’ampliamento del Canale di Panama. Con l’apertura di una terza via d’acqua che gra­zie a un nuovo sistema di chiuse consenta anche ai car­go di ultima generazione, troppo grandi per attraversa­re il canale così com’è oggi, di passare dall’Oceano Pacifi­co all’Atlantico senza doppia­re l’America Latina. La sfida è fare tutto questo entro il 2014, e cioè 100 anni dopo che il canale, costruito dagli Stati Uniti a partire dal 1904, entrò in funzione.

Ieri a Panama sono state aperte le buste con le offerte dei tre concorrenti in gara per aggiudicarsi la gigante­sca commessa. La migliore è risultata quella della cordata guidata dalla spagnola Sacyr Vallehermoso e partecipata al 48% dal gruppo di costru­zioni italiano Impregilo (con loro ci sono anche la porto­ghese Somague, la belga Jan de Nul e la panamense Cu­sa). Il consorzio si impegna a realizzare l’opera per 3,12 miliardi di dollari, circa 2.244 milioni di euro. Cifra inferiore agli obiettivi del­l’Autorità del Canale (Acp), che aveva come target massi­mo di spesa 3,48 miliardi di dollari, e a quelle indicate delle due concorrenti, la cor­data dei colossi spagnoli Acs, Fcc e Acciona, e quella capitanata dal gruppo statu­nitense Bechtel alleato con le giapponesi Taisei e Mitsu­bishi. L’offerta economica conta per il 45% nella valuta­zione complessiva, l’altro 55% riguarda la proposta tec­nica. Ma secondo Adriano Espino, responsabile del­l’Acp per il progetto, il grup­po italo-spagnolo accredita­to di 4.088,5 punti è in van­taggio anche da quel punto di vista. L’aggiudicazione ve­ra e propria avverrà nelle prossime settimane, e gli sconfitti hanno la possibilità di fare appello, ma salvo sor­prese clamorose il risultato non cambierà.

L’opera è monumentale: si calcola che verranno utiliz­zate 230 mila tonnellate di acciaio e 800 mila «tonnella­te metriche» di cemento. L’inizio dei lavori è previsto per dicembre. L’obiettivo è consentire il passaggio di 330 milioni di tonnellate di merci, equivalenti a 14 mila transiti, ogni anno. Il doppio rispetto a oggi.

Da quando è stato aperto, lungo gli 81 chilometri del canale di Panama sono pas­sate circa 1 milione di navi. In quelle acque si muove il 5% del commercio mondia­le. Ma ora le strutture sono obsolete e il traffico è vitti­ma di continui imbottiglia­menti. I cargo capaci di tra­sportare fino a 12 mila con­tainer, chiamati per l’appun­to post-Panama, hanno pe­scaggio e misure tali da non poter sfruttare il canale. Per questo si costruisce una ter­za via.

La commessa per cui con­corrono Sacyr e Impregilo è la tranche più grossa di un progetto di espansione da 5,25 miliardi di dollari. Do­vranno essere costruite due chiuse, una sul lato caraibico del canale e una su quello ba­gnato dal Pacifico, e una se­rie di enormi vasche che rac­coglieranno l’acqua necessa­ria ad alzare il livello nel trat­to navigabile. Ma il fascino di questa impresa non sta so­lo nelle difficoltà tecniche da superare. Dopo poco meno di un secolo, si tornerà a sca­vare tra la Baia di Limon, lo stretto di Culebra, la zona di Gamboa e il lago Miraflores, nomi che evocano la corsa verso il progresso che alla fi­ne del 1800 chiamò sul­l’istmo centroamericano Fer­dinand de Lesseps, costrutto­re del canale di Suez, e Gusta­ve Eiffel. I loro tentativi falli­rono. L’opera fu portata a ter­mine dagli Usa, che nel 1999 ne hanno ceduto la ricca ge­stione alla Repubblica pana­mense. Adesso tocca a un consorzio europeo fare un pezzo di storia.