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 2009  luglio 09 Giovedì calendario

PATTO SUL CLIMA: META’ EMISSIONI ENTRO IL 2050


Il premier: ora parleremo con Cina, India e Brasile. Gli ambientalisti: troppo poco

L’AQUILA – Il G8 prova a mettere un po’ di ambizione in fatto di lotta ai cambiamenti cli­matici. Nel documento finale della giornata di ieri, la prima del vertice a presidenza italiana, gli Otto grandi si sono dati alcu­ni obiettivi che in passato li ave­vano visti divisi: è un’offerta e al­lo stesso tempo un modo per fa­re pressione sugli altri grandi emettitori di gas serra (Cina, In­dia e Brasile in testa) affinché si impegnino ad arrivare con pro­poste significative alla conferen­za di Copenaghen, a dicembre, nella quale si vorrebbe arrivare a un accordo globale in fatto di emissioni.

Il documento approvato ieri da Usa, Giappone, Germania, Francia, Gran Bretagna, Italia, Canada e Russia riconosce «il principio di responsabilità co­muni ma differenziate e di ri­spettive possibilità»: vale a dire, i Paesi industrializzati ammetto­no di avere responsabilità mag­giori degli altri nel riscaldamen­to del pianeta e riconoscono che non tutti, nel mondo, hanno ri­sorse e tecnologia sufficienti per lottare contro le emissioni di CO2. Allo stesso tempo, per la prima volta, riconoscono «l’am­pia opinione scientifica che la temperatura media globale non dovrebbe superare i 2 gradi cen­tigradi sopra i livelli pre-indu­striali ». Dunque, l’obiettivo da condividere con tutti gli altri Pa­esi è la riduzione «di almeno il 50% delle emissioni globali en­tro il 2050».

Questo risultato, però, non an­drà sostenuto da tutti allo stesso modo: i ricchi dovranno fare di meglio. «Noi appoggiamo anche l’obiettivo dei Paesi sviluppati di ridurre le emissioni di gas a effet­to serra in aggregato dell’80% o più entro il 2050 rispetto al livel­lo del 1990 o ad anni più recen­ti ». Quest’ultimo riferimento è una concessione agli Stati Uniti che vorrebbero il taglio delle emissioni meno oneroso, e quin­di cominciare a calcolarlo dal 2005. Il cambiamento di posizio­ni introdotto nella politica ameri­cana da Obama ha dunque porta­to a un accordo che in passato era sempre stato impossibile. Non è però festa grande.

Come ha detto ieri il presiden­te del summit, Silvio Berlusco­ni, ora si tratta di fare accettare questo programma ai Paesi emergenti. I leader degli Otto ne discuteranno oggi con Cina, In­dia, Brasile, Messico e Sudafri­ca. Non è detto che arrivi subito una risposta positiva: un po’ per­ché il maggiore interessato, il presidente cinese Hu Jintao, ha lasciato il vertice, un po’ perché i Paesi emergenti probabilmen­te vorranno tenere coperte le carte per ottenere concessioni al­la conferenza Onu di Copena­ghen. Non solo. Le proposte de­gli Otto, per quanto nuove, so­no da molti ritenute generiche e limitate. «Il 2050 è troppo lonta­no per essere significativo – commenta il portavoce dell’or­ganizzazione Oxfam, Antonio Hill ”. I poveri sono colpiti og­gi. Dobbiamo vedere tagli alle emissioni di almeno il 40% en­tro il 2020 e serve il denaro del G8 per aiutare i più poveri ad af­frontare il caos climatico». Aiu­to che, a suo parere, dovrebbe essere di almeno 150 miliardi di dollari. Anche il coordinatore di Legambiente, Maurizio Gubbiot­ti, ha sostenuto che «rimandare gli obiettivi al 2050 vuol dire so­lo non affrontare il problema». In più, l’impegno di Washin­gton sarà da verificare: la legge voluta da Obama sulle emissio­ni, votata dalla Camera dei rap­presentanti, avrà infatti vita du­rissima al Senato. Niente di defi­nitivo, insomma: però, un passo avanti inaspettato.