Stefano Sansonetti, ItaliaOggi 9/7/2009, 9 luglio 2009
BOND USA SEQUESTRATI, C’E’ UN ARRESTO
Si infittisce il giallo dei 134 mld di dollari bloccati dalla Gdf. Dagli Stati Uniti attesi alcuni tecnici
Finisce in carcere il blogger che dice: i titoli sono veri, ho le prove
Adesso arriva anche l’arresto di un blogger americano. Ma tanto basta per infiammare il caso dei titoli di stato Usa sequestrati un mese fa dalla Guardia di finanza al confine tra Italia e Svizzera. Si tratta della bellezza di 134,5 miliardi di dollari sui quali, teoricamente, l’Italia potrebbe reclamare il pagamento di una multa del 40% dell’ammontare e incassare nientemeno che l’equivalente di 38 miliardi di euro. Altro che Finanziaria monstre. Naturalmente la vicenda fa discutere e ruota tutta intorno a una domanda fondamentale: i titoli di stato in questione, che rappresentano l’1% del Pil americano, sono veri o falsi?
A questa domanda, qualche tempo fa, ha risposto affermativamente la Turner Radio Network (Trn), una stazione radio americana indipendente diffusa via internet. Attenzione, però, a chi la gestisce. Si chiama Hal Turner, un personaggio da prendere con le pinze, ma senza dubbio un conduttore-blogger molto ascoltato negli Stati Uniti. stato lui, tanto per dirne una, ad aver predetto i risultati negativi degli stress test applicati alla banche americane facendo crollare i listini di mezzo mondo. Ed è stato sempre lui ad anticipare un presunto piano segreto per sostituire il dollaro con una moneta comune nordamericana: l’Amero. Fantascienza? Forse, ma tutta quanta calibrata su quella che molti ritengono l’ossessione di Turner, ovvero il rischio di un default degli Usa. In ogni caso il 20 giugno scorso, dai microfoni di Trn, Turner fa una rivelazione shock sui due giapponesi ai quali, a inizio giugno, la Guardia di finanza italiana aveva sequestrato i titoli Usa diretti verso Chiasso, nel Canton Ticino. Di questi due nipponici (come aveva ricordato anche ItaliaOggi del 24 giungo scorso) era già emersa un’identità. Uno dei due risponde al nome di Tuneo Yamauchi e secondo fonti riservate sarebbe addirittura il cognato di Toshiro Muto, ex vicegovernatore della Banca centrale giapponese. Un particolare, questo, già di per sé piuttosto inquietante. Turner, però, svela che i due in realtà sono funzionari del ministero delle finanze giapponese. Citando fonti riservatissime, il conduttore-blogger sostiene che la coppia nipponica era diretta in Svizzera per cercare di «piazzare», almeno in parte, i titoli di stato Usa. E perché cercare di venderli in Svizzera? Secondo Turner la ragione sta nel fatto che il governo giapponese avrebbe perso fiducia nella possibilità del Tesoro Usa di ripagare quei bond pubblici. Insomma, prima di quello che a Tokio viene percepito come un imminente default statunitense, i due presunti funzionari tentano di liberarsi, con l’anonimato garantito dalle leggi svizzere, del pesante fardello. Turner si dice convinto, al punto che annuncia la presentazione dei numeri di serie dei titoli sotto sequestro. Peccato che prima di poter fornire questa prova, il conduttore-blogger sia stato arrestato dalle autorità Usa. I motivi del fermo non riguardano la vicenda dei bond, ma dal carcere Turner dice che il suo arresto è di natura politica ed è il prodotto delle scottanti verità che è in grado di rilevare.
Chissà, resta il fatto che i sospetti sulla vicenda sono alimentati dall’assenza di posizioni ufficiali. Non una parola definitiva, infatti, è venuta dagli Usa, dal Giappone o dall’Italia, dove la Gdf guidata da Cosimo D’Arrigo ha dato il via a questo giallo. I punti che farebbero propendere per l’autenticità dei titoli Usa, del resto, non mancano. In primis il mancato arresto dei due giapponesi, provvedimento necessario secondo le leggi italiane se i titoli fossero stati considerati contraffatti. I due, invece, sono liberi, probabilmente perché poteva essere contestata loro solo la mancata dichiarazione valutaria, che non è un reato penale ma fa scattare un’ammenda del 40% del valore complessivo dei titoli (appunto l’equivalente di 38 mld di euro che potrebbero entrare nelle casse dello stato italiano). Altro elemento che farebbe pensare all’autenticità dei bond è il fatto che gli esperti americani non hanno ancora visionato i documenti. Anzi, una commissione di tecnici Usa dovrebbe arrivare in Italia per il controllo, ma di loro ancora non c’è traccia. Altra questione è la composizione dei 134,5 mld di dollari: 124,5 mld è il controvalore di 249 Federal Reserve notes, ovvero bond del valore di 500 mln ciascuno; i rimanenti 10 mld sono da ricondurre a 10 titoli del valore di 1 mld ciascuno. Si tratta dei cosiddetti Kennedy bond, biglietti di stato (Treasury notes) emessi nel 1998 che non prevedono cedola. In pratica parliamo di titoli un po’ sui generis, non molto conosciuti. Difficile, quindi, che qualcuno abbia voluto organizzare una truffa falsificando titoli «rari». E se è difficile pensare alla contraffazione dei Kennedy bond sembrerebbe improbabile concludere per una contraffazione dei restanti titoli. Infine un’altra domanda: se si voleva fare una truffa, possibile la si sia costruita su una cifra monstre di 135 miliardi di dollari?