Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  luglio 09 Giovedì calendario

IL PEDRINI RISORTO


La vita è un eterno riflusso, un’onda che arriva, bagna e si ritira. Poi ritorna. Un qualcosa che succede mentre - come cantava quel gran intellettuale di John Lennon - «sei intento a fare altri piani». Per Omar Pedrini, 42 anni e una vita e mezzo alle spalle, il futuro non è più un punto interrogativo, uno sguardo verso l’ignoto. Omar, bresciano Doc malgrado quel nome da sultano, ha le giornate bellamente piene. Ha da poco terminato la colonna sonora de ”Il figlio più piccolo”, l’ultimo film di Pupi Avati, con Laura Morante e Christian De Sica.

Sta lavorando su un disco da solista che uscirà a novembre e raccoglierà vent’anni di carriera con qualche inedito. Infine prosegue il suo viaggio eno-gastronomico con Gamberock, programma in onda tutti i martedì e i venerdì alle ore 22.30 (in replica il mercoledì e il sabato alle ore 14) su Gambero Rosso (Raisat-Sky, Canale 410).

Non male per un chitarrista che, cinque anni fa, ha visto la morte in faccia a causa di un aneurisma dell’aorta; per un gagliardo quarantenne che il cuore se l’è strapazzato anche sul versante sentimentale dopo l’addio sofferto a Elenoire Casalegno; per un uomo che ha perso tre donne ma ritrovato un amico. Omar, uomo di studi classici, ce lo racconta in presa diretta.

Dopo anni di silenzi e incomprensioni, lei ha ricucito un rapporto cordiale con Francesco Renga, antico sodale ai tempi dei Timoria. Che sensazioni ha provato?

«Farei due o tre passi indietro. Dopo un 2008 terribile, durante il quale ho avuto più paura della vita rispetto al 2004, quando fui operato al cuore, sto vivendo una stagione serena e felice. Un anno fa ho perso mia mamma, scomparsa a 63 anni, e poi Elenoire Casalegno che mi ha lasciato in malo modo e che, soprattutto, si è portata via sua figlia che amavo come fosse la mia».

Un anno e tutto è passato?

«Il vento è cambiato. Ho un nuovo sentimento (per la pallavolista Francesca Piccinini ndr) e il lavoro sta andando a gonfie vele».

Non ci ha ancora risposto: con Francesco Renga, suo ex socio ai tempi dei Timoria, avete seppellito l’ascia di guerra...

«L’occasione giusta è stata un concerto benefico che ci ha rivisti sul palco assieme, dopo 12 lunghi anni di gelo. Già prima le cose stavano andando al loro posto. Lui aveva ammesso in un’intervista di non essersi comportato lealmente con me in quella storia comune, così importante, che erano stati i Timoria. Mi sono commosso, l’ho chiamato e abbiamo preso tre o quattro caffè assieme. Così siamo tornati a parlarci».

Il risultato?

«Beh, intanto quel concerto benefico a Brescia è diventato un cult su Youtube. Poi io ho conosciuto Ambra e lui ha rivisto mio figlio che ora è al ginnasio...».

Amici come prima?

«Questo magari no, 12 anni di silenzio sono lunghi da dimenticare. Io ho preso la strada del rock, lui del pop. E non siamo certo dell’idea di ricomporre i gloriosi Timoria. Ma un giorno magari mi piacerebbe scrivere una canzone per Francesco».

Nel frattempo lei si è riscoperto uomo televisivo: in Gamberock ha riaperto le porte dell’Italia di una volta: cucina, tradizioni, affetti trans-generazionali.

«Ho ritrovato i giovani-vecchi che hanno fatto la storia dell’Italia e la fanno tuttora. Io sono un giovane vecchio che ama i vecchi giovani, i nonni e le nonne, quelle che fanno i tortellini nei cascinali dell’Emilia e le fettuccine a Roma. Un programma che evoca il mio nume tutelare, Luigi Veronelli. Buon vino e sentimenti veri».

E con Pupi Avati, come è andata?

«Amo il cinema, e il suo cinema, da sempre, pieno di corde che vibrano, di bei personaggi, di storie nostre, così italiane. Sono andato a conoscerlo a Roma perché, anni fa, avevo dedicato una canzone a Nick Novecento, un attore di Pupi morto giovane per un attacco di cuore. Lui mi squadrò e disse: hai la faccia giusta per fare una parte nel prossimo film. Anzi, visto che sei un musicista scrivi anche il tema musicale, già che ci sei...».

Non male...

«Poi, sul set, al termine di una scena nella quale interpretavo me stesso, Christian De Sica che è l’interprete principale del film, ha chiesto uno stop delle riprese e una standing ovation per Omar Pedrini. Non ci volevo credere».

Quella l’emozione più intensa?

«Seconda soltanto al trip vissuto insieme ai Timoria come supporter degli U2. Una sera Bono si girò verso di noi e disse: complimenti ragazzi... Gente, fate loro un applauso. Venne giù lo stadio e io sentii le gambe tremare. La vita sarà un’onda, ma sa esser bella».