Francesca Pierantozzi, Il messaggero 09/07/2009, 9 luglio 2009
La crisi fa bene all’amore? Le statistiche sono ancora confuse, ma un effetto secondario e imprevedibile della recessione potrebbe essere una diminuzione dei divorzi e l’avvento di un nuovo romanticismo
La crisi fa bene all’amore? Le statistiche sono ancora confuse, ma un effetto secondario e imprevedibile della recessione potrebbe essere una diminuzione dei divorzi e l’avvento di un nuovo romanticismo. Di convenienza. Le prime cifre arrivano dall’America: oltre il 4 per cento delle coppie in crisi che si erano già presentate davanti al giudice per mettere fine al loro matrimonio hanno deciso di abbandonare il proposito di divorzio e di tornare a vivere insieme. Secondo questo sondaggio della Findlaw, «a causa della crisi, la gente rimanda le decisioni importanti, come i matrimoni e i divorzi». In Inghilterra, e più precisamente nel Galles, regione particolarmente colpita dalla crisi, la tendenza è diventata un vero e proprio fenomeno di società: negli ultimi sei mesi ben il 48 per cento di candidati al divorzio hanno deciso di abbandonare la procedura di separazione. Le cause finora individuate da sociologi e matrimonialisti non sono certo incoraggianti per i cantori dell’amore romantico. A convincere le coppie a resistere alla tentazione di separarsi sarebbero i costi troppo elevati di un divorzio, con parcelle di diverse migliaia di euro, e la necessità ugualmente onerosa, di trovarsi un’altra casa o un’altra macchina. La tendenza si conferma in Francia, dove i più grossi studi specializzati in diritto della famiglia constatano un evidente rallentamento delle domande di divorzio. «Le separazioni conducono le coppie economicamente vulnerabili verso situazioni di precarietà, a volte di povertà, normale dunque che in periodi di crisi ci si pensi due volte prima di fare il grande passo indietro», conferma Claude Martin, sociologo del divorzio. Senza contare che ci sono anche ragioni psicologiche, assicura l’esperto Jean-Claude Kaufmann: «In periodi di crisi, la gente tende ad avvicinarsi e la protezione ultima resta la famiglia e la coppia». Per François de Singly, docente di Sociologia alla Sorbona e autore di svariati studi sulla famiglia, «se due persone sono all’inizio di una procedura di separazione, possono in effetti, in periodo di crisi, decidere di sopportarsi un po’ più a lungo per motivi di soldi». Questo non significa che le coppie in crisi non esploderanno a medio termine. «In tempo di crisi ci sono meno separazioni ma più liti - dice Kauffman, che ha appena terminato uno studio sull’argomento - E le liti condurranno inevitabilmente ad una separazione quando la crisi, economica, sarà finita». Altro effetto secondario della recessione, la diminuzione dei bèbè. Con il calo di Pil, produttività, e occupazione, sta cominciando a calare anche il tasso di fecondità. Il trend è stato rilevato persino in Francia, paese campione d’Europa per natalità, dove nel primo trimestre del 2009 è stato registrato un leggero, ma inedito da anni, calo delle nascite. Il precedente della Grande Crisi del 1929 ci ricorda che nel ’30 la natalità negli Stati Uniti diminuì di oltre il 25 per cento. Il premio Nobel dell’Economia Gary Becker, un liberal specialista della famiglia, va invece controcorrente. Becker giura che non saranno poche le donne che «approfitteranno» della loro disoccupazione per mettere in cantiere un bambino. Il baby boom della recessione.