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 2009  luglio 08 Mercoledì calendario

LITE IN CASA AHMADINEJAD IL CONSUOCERO: ROVINI MIO FIGLIO


Il dissenso nelle strade irania­ne dopo le elezioni del 12 giu­gno è stato mandato in onda dalle tv di tutto il mondo. Ma un’altra battaglia legata al voto ha ricevuto minore attenzione: avviene tra le mura di casa Ah­madinejad.

Per rafforzare il proprio pote­re, il presidente ha stretto lega­mi di sangue con alleati politici e piazzato parenti in posti di ri­lievo: una strategia non priva di rischi. Ahmed Khorshidi Azad, pre­sidente dell’Associa­zione Servitori della Rivoluzione islami­ca, un’ente che assi­ste i familiari delle vittime della guerra Iran-Iraq, è stato uno degli architetti della vittoria eletto­rale di Ahmadi­nejad del 2005. Nel­l’agosto 2006, suo fi­glio Mehdi ha sposato la primo­genita del presidente. Ma quan­do Azad ha cambiato alleanze politiche, Mehdi lo ha criticato e si è schierato con il suocero. Un affronto che papà non ha tol­lerato: qualche giorno fa lo ha ripudiato, e ha sferrato un duro attacco contro Ahmadinejad.

Gli screzi in famiglia erano diventati di dominio pubblico a fine maggio: Azad disse che considerava preparati «tutti i candidati, eccetto Ahmadi­nejad », definendolo un presi­dente «scadente», e annunciò che avrebbe votato per il con­servatore Mohsen Rezai. Parlò con il giornale Etemad e-Melli, di proprietà del candidato rifor­mista Karroubi. Mehdi scese in campo il giorno dopo, dicendo all’agenzia stampa di Stato che Azad era influenzato da «gente che sfrutta le divisioni nella fa­miglia del presidente per i pro­pri interessi». Dopo aver cova­to il risentimento per 22 giorni, domenica Azad ha detto a Ete­mad e-Melli: «Grazie a te, si­gnor Ahmadinejad, io d’ora in poi non ho più un figlio di no­me Mehdi. Te l’ho consegnato pio, educato. Me l’hai trasfor­mato in una persona che non esita ad offendere suo padre». Insulto pari a un’offesa a Dio: «L’Islam ordina di educare i fi­gli a rispettare i genitori e chi non lo fa offende l’onnipoten­te ». Ma il padre ferito si è sca­gliato soprattutto contro Ahma­dinejad. A maggio si disse pen­tito di averlo appoggiato nel 2005 («ho commesso un terribi­le errore») e inorridito dal com­portamento «indegno di un es­sere umano e di un musulma­no » del fratello del pre­sidente, Davoud, fino all’anno scorso capo di un potente ispettorato («inventa false accu­se » contro la gente). Ora Azad minaccia: «Usano senza scrupoli ogni mezzo per uccide­re moralmente chi li critica. Ma se passano il segno, divulgherò do­cumenti che mostrano come trattano chi com­batte per la rivoluzione e torna disabile». Mehdi non ha replica­to. Ahmadinejad, ieri, in tv, ha definito le elezioni «le più libe­re del mondo» e «l’inizio di una nuova era», mentre continuano gli arresti degli oppositori (tra gli ultimi, l’ex viceministro del­la Cultura Issa Saharkhiz e il giornalista Masoud Bastani che chiedeva di vedere la moglie e collega Mahsa Amrabadi, incin­ta, detenuta dal 14 giugno) e cresce la paura per le torture e le esecuzioni (fra i 34 giustiziati in pochi giorni per «traffico di droga» potrebbero esserci mani­festanti, secondo alcune fonti). «Sei quello che sei grazie al san­gue versato dai martiri – con­clude amareggiato Azad ”. Al­meno abbi rispetto per questo».