Valerio Venturi, Liberazione 7/08/2009, 7 agosto 2009
Un tempo c’erano le tragedie di Eschilo e le commedie di Aristofane. I greci amavano il teatro, e i filosofi come Platone o Aristotele si preoccupavano di capirne il perché; poi, visto che erano pensatori strutturati, si interrogavano anche su quale fosse il senso e la funzione dell’arte; su quali fossero i presupposti, le prospettive e le possibilità dell’intrattenimento in senso lato
Un tempo c’erano le tragedie di Eschilo e le commedie di Aristofane. I greci amavano il teatro, e i filosofi come Platone o Aristotele si preoccupavano di capirne il perché; poi, visto che erano pensatori strutturati, si interrogavano anche su quale fosse il senso e la funzione dell’arte; su quali fossero i presupposti, le prospettive e le possibilità dell’intrattenimento in senso lato. Certe risposte reggono il peso degli anni; ma si sa, le galline vecchie fanno buon brodo… Però siamo nel 2009 e il teatro classico è roba per eletti. Guardiamoci intorno: che cosa va per la maggiore? La televisione. Piaccia o no, rimane il medium dominante; al posto di Pericle c’è Berlusconi e la cultura pop è l’unica che sopravvive e che colpisce il grande pubblico, qui e altrove. C’è da scandalizzarsi, allora, se alcuni filosofi contemporanei investigano alla maniera di Aristotele - un po’ meno, va - sui prodotti che vengono creati appositamente per il piccolo schermo, fossero anche porno? Se certi professori e ricercatori accademici cercano di decriptare, attraverso chiavi di lettura filosofiche, un cartone animato infarcito di blasfemia, meteorismo, temi politicamente scorretti come South Park ? L’idea è venuta a Robert Arp, Assistant Professor dell’Università del Minnesota. L’emerito ha riunito attorno a sé alcune teste pensanti anticonformiste - per lo più professori d’ateneo - e ha chiesto loro di scrivere brevi saggi sul cartone animato americano creato nel 1997 da Trey Parker e Matt Stone. Risultato? Il volume South Park e la filosofia , ora tradotto in Italia da isbn edizioni. Il tomo - 290 pagine per 17 euro - tenta di bissare il successo de I Simpson e la filosofia ricalcandone lo stile "sportivo" pure se non cazzaro. Il tentativo è quello di spiegare i presupposti filosofici - perché ce ne sono - che sono alla base degli episodi della celebre serie tv statunitense, giunta alla sua tredicesima stagione tra grandi ascolti e problemi di censura internazionale dovuta ai bersagli privilegiati: Scientology, Chiesa…. La caratteristica principale dell’animazione naif di Parker e Stone, infatti, è che è politicamente scorretta: satireggia, a volte con cattivo gusto, su democrazia, religione, ambientalismo, omosessualità. La morale della favola è però che la favola ha una morale - pure se non esplicitamente moralizzatrice: il libertarismo. Il "non rompere le palle", il "sii coerente", il "vivi e lascia vivere", il "fatti domande". Questo almeno è quello che si evince leggendo i 19 contributi proposti, alcuni solidi e interessanti, altri un po’ più ideologici e traballanti. I titoli sono significativi. Vediamone alcuni: "Kenny e l’esistenzialismo" (dedicato al ragazzino che, in ogni puntata, muore in modo assurdo); "Il Signor Garrison e il dibattito sul matrimonio tra i gay" - debole; "Cartmanlandia e il problema del male"; "Valori estetici, ethos e Phil Collins" - Parker e Stone usano la musica con consapevolezza, sono musicisti e hanno studiato alla Berckley; "La passione filosofica dell’ebreo". Insomma, l’insieme è senza dubbio divertente ed approfondito. Peccato che sia molto americano. Ma lode a chi ci prova: se da noi si scrivono libri sull’unica frase scritta dal socratico minore Sacatrappo di Polimpo (che non esiste; si dice per dire), altrove si cercano di spiegare i "perché" di quel che ci sta intorno hic et nunc . In questo caso, un cartone animato che piace molto ai giovanissimi e poco ai genitori bacchettoni. Invitare a riflettere gli uni e gli altri e magari anche i censori sul significato profondo della frase «Brutti bastardi, hanno ammazzato Kenny!» è cosa meritevole. La satira sociale invita a riflettere sul vivere insieme, se si riflette. Il problema è che South Park può, a una veloce lettura, assecondare il criticismo sterile, il cinismo improduttivo e inconsapevole ora di moda; il problema è anche che spesso South Park svacca per il gusto di svaccare. Ma contestualizzare serve a capire, e accettare. E sfidare i limiti dei temi e dei linguaggi contemplabili per e nel dibattito, non è forse già esercizio di democrazia? Lo stesso Socrate si definiva "il tafano" della città: perché infastidiva, pungeva, attaccava i tronfi. Ora al posto suo ci sono Parker e Stone: un po’ anarcoidi, un po’ repubblicani, molto contemporanei. Senza dubbio punzecchiano anche loro. Il segno è che da noi, provincia dell’Impero, South Park è passato dalla seconda alla terza serata, dalle tv generaliste (Italia1) al satellite (Comedy Central). Traduce il testo Elisabetta Nifosi, laureata in filosofia sulla controcultura americana. Dirige dietro le quinte Massimo Coppola. L’ex-volto televisivo di Avere Vent’anni (Mtv) è laureato in filosofia ed ha alle spalle un pezzo di carriera accademica. Le scelte sue e del suo staff sono originali e riconoscibili: isbn prosegue fedele alla sua linea di dare spazio e dignità all’approfondimento del "pop". Bene così.