Michele Anselmi, Il Riformista 08/07/2009, 8 luglio 2009
NANNI & BARICO, BIMBI BELLI? Il fuori programma arriva in puro stile Nanni Moretti. Una sequenza inedita di Aprile, tagliata al montaggio nel 1998
NANNI & BARICO, BIMBI BELLI? Il fuori programma arriva in puro stile Nanni Moretti. Una sequenza inedita di Aprile, tagliata al montaggio nel 1998. Titolo: Premio Strega. Il mio voto. Alessandro Baricco non se l’aspetta, o forse finge di sorprendersi. Lo scrittore vorrebbe solo parlare di cinema, del suo film Lezione 21, non di letteratura e mondanità. Ma Nanni lo conoscete. Adora tirar fuori dall’archivio spezzoni segreti per regalarli al suo pubblico, a mo’ di "extra" birichini. Lunedì sera, arena Nuovo Sacher, qualche vuoto in platea, poche zanzare. Parte la quinta edizione di Bimbi belli, rassegna di esordi pilotata dal regista. Dieci appuntamenti, fino a venerdì 17, quando Pranzo di ferragosto chiuderà la serie; seguiranno i premi (sandali blu da bambino con i due buchi a forma di occhi) nelle categorie miglior film, migliore attrice, miglior attore e miglior dibattito. Chi meglio di Baricco, romanziere multimediale e superstar, per inaugurare il ciclo? Il suo film, parecchio stroncato e irriso nonostante il sostegno indefesso di Repubblica, incassò in tutto 267 mila euro. Poco male, capita anche ai capolavori di non essere compresi. E del resto Baricco - ricorderete - si propose un obiettivo rischioso: smantellare la fama della Nona di Beethoven, con particolare riferimento all’ Inno alla Gioia, associandola a una lunga serie di opere d’arte sopravvalutate (il cinema di Kubrick, il Partenone, L’opera da tre soldi, eccetera). «Non è un film lineare, vedo che hai lavorato da solo», ironizza Moretti, seduto sotto lo schermo accanto all’ospite, mentre in platea Domenico Procacci, che produsse con Fandango, osserva l’amichevole duello. Baricco cita i "fandanghiani" e Moretti, che disdegna un certo slang cinematografaro, spiega trattarsi di «quelle dodicimila persone che lavorano nella produzione Fandango». Sorrisi. Si parla di John Hurt e delle sue bizze da attore shakesperiano, della «complessità dell’intreccio con le quattro storie simultanee», di Tornatore che con La leggenda del pianista sull’oceano un po’ tradì «l’habitat naturale» della storia di Novecento, della prima a Locarno in Piazza Grande, di quella sequenza d’apertura (a qualcuno parve «geniale») con la bara portata a spalla dai quattro becchini pattinatori… Ma il dibattito non decolla. Neanche una domanda sulla tv, naturalmente degradata e involgarita rispetto ai tempi in cui Baricco realizzata programmi come L’amore è un dardo e Pickwick, scalda più di tanto la platea anti-Cav: anche perché l’interessato rivela di non aver più voglia di farla, la televisione, «ero giovane, avevo trent’anni, ora sono peggiorato, non ho più la protervia di allora». Ci vuole uno Strega, anzi lo Strega, per dare una sferzata. Lo spezzone recuperato in effetti è divertente. Si vede Moretti davanti alla tv insieme alla madre, col cannone d’erba per lenire la sconfitta elettorale del 1996, che riceve una telefonata da un misterioso scrittore. Il romanziere appartiene «a una piccola casa editrice milanese che non naviga bene in questo premio romano», appunto lo Strega. Gli chiede un voto sicuro che potrebbe rovesciare il verdetto, credendolo in giuria (teme il pacchetto di 70-80 voti a disposizione della Newton-Compton), gli domanda se ha letto il suo libro. Moretti divaga, finge di interessarsi alla contesa, assicura che leggerà i romanzi di tutti i finalisti, però non riesce a dirgli l’unica cosa utile: non fa parte della giuria. Si accende la luce e parte la domanda: «Baricco, cosa pensi dei premi letterari?». E qui il dibattito finalmente si anima. «Lascia stare, Nanni. Io c’entro poco, non sono tra i votanti dello Strega». Fu anche corteggiato, in verità. «Anni fa mi scrisse la Bellonci, io risposi con una letterina di tre righe: come dice l’eroe da me tanto amato di Melville, lo scrivano Bartleby, ”I would prefer not’. Preferirei di no». E sapete perché? «Lo Strega non è una cosa da disprezzare, ma neppure di cui andare fieri. In generale, più si sente parlare dello Strega, meno sta succedendo qualcosa di importante nel mondo dei libri», scandisce con tono quieto il divo. «Quel premio è nato come espressione della società letteraria e implica che una società letteraria esista. La società si guarda in faccia nel corso di questi party e capisce chi è da premiare: ecco uno di noi. Roba sofisticata, da salotti francesi. L’auto-espressione di una specie di club». Insomma, Baricco si tira fuori dal testa a testa Scarpa-Scurati, dalla solita chiacchiera sull’influenza delle case editrici più forti (però cita la Mondadori). Meglio il piccolo festival di Gavoi, su in Barbagia, dove si beve mirto e si discute davvero di letteratura. Sapete, lui si sente un battitore libero, un cane sciolto, uno fuori dai giochi. E il cinema? Baricco dice di vedere il Beethoven di Lezione 21 come «un vecchio pistolero che torna in città per la sparatoria finale, superato da giovani più aggressivi», confessa d’essere più severo verso se stesso come scrittore che come cineasta, «perché la so molto più lunga», spiega che il suo film «il meglio di sé lo dà se chiudi gli occhi». Curiosa teoria: sarà molto fessa o molto profonda? Moretti vorrebbe sapere se ha visto gli altri film della rassegna Bimbi belli. Risposta: «Nessuno, ho un figlio piccolo, una vita complicata». Potete immaginare la faccia di Nanni. Che allora si butta nuovamente sulla letteratura. Lo scrittore più sottovalutato? «Sicuramente Fenoglio, purtroppo messo nell’angolo di una letteratura considerata quasi regionale. Ma resta il più grande, il più veloce a intuire una derivazione dal cinema, proprio quanto gli rimproverano Calvino e Vittorini». Il più sopravvalutato? «Moravia, credo che non abbia più molto da dirci. E Pasolini: a me piacciono più il suo cinema e gli articoli sul ”Corriere della Sera’». Si finisce a parlare delle Lezioni americane di Calvino. «Una specie di Totem, possiamo dirlo», ridimensiona lo scrittore. «Sulla leggerezza ci aveva beccato, su altre cose senti la macchinosità, un certo riflesso ideologico». Mica male. L’intoccabile Calvino come il bollito Beethoven? Subito dopo Giacomo, un ragazzo di dieci anni, gli domanda: «In che personaggio del film si identifica di più?». Lui risponde: «In tutti quanti». Peccato.