Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  luglio 08 Mercoledì calendario

Sono due le questioni principali che arrivano dalla relazione del Garante delle tlc,Corrado Calabrò

Sono due le questioni principali che arrivano dalla relazione del Garante delle tlc,Corrado Calabrò. La prima è che Sky, la televisione satellitare di Rupert Murdoch, ha superato in ricavi Mediaset, diventando il secondo operatore dietro la Rai (vedi articolo sotto). La seconda, invece, riguarda la nuova rete di telecomunicazione. Dice Calabrò che per uno sviluppo di un’infrastruttura di nuova generazione bisognerà creare - come suggerito dal consulente del Governo Francesco Caio - una società veicolo in cui far confluire investimenti privati e pubblici. Calabrò ha spiegato che in Italia è in corso il passaggio al digitale: «Devo dire che il processo potrebbe essere accelerato, anticipando la data finale del novembre 2012, si abbrevierebbe così il digital divide tra il resto d’Italia e la Sicilia e la Calabria (regioni destinate a passare al digitale per ultime), si ridurrebbero inoltre i costi della transizione». Per il viceministro alle Comunicazioni Paolo Romani «Calabrò ha ragione, si potrebbe ridurre i tempi». Calabrò, però, ha voluto segnalare che oltre alle agevolazioni all’acquisto dei decoder per le fasce della popolazione economicamente più deboli, «è necessario proseguire un costruttivo dialogo con le autorità locali per mirate campagne di comunicazione». Il passaggio dall’analogico al digitale ha provocato una redistribuzione degli ascolti, con una contrazione di nove punti percentuali a partire dal 2000 - cioè un punto all’anno - dei canali generalisti analogici terrestri («l’andamento degli ascolti si ripercuote anche sulla ripartizione delle risorse tra piattaforme e operatori»). Per quanto riguarda il fatturato pubblicitario televisivo, c’è una contrazione: rispetto al totale dei ricavi delle tv, il fatturato pubblicitario è passato dal 48,8 per cento al 46,4 per cento. I ricavi per operatore risultano così distribuiti: Rai 2.723 milioni di euro, Sky Italia 2.640 milioni di euro, Mediaset 2.531 milioni. Fine del duopolio Rai e Mediaset? Evidentemente sì: «Ne emerge una struttura dominata dalla presenza - ha detto Calabrò - di tre soggetti, con una posizione simmetrica in termini di ricavi complessivi del settore televisivo». Dai dati di monitoraggio dell’Autorità emerge che nel 2008 i telegiornali di tutte le emittenti radiotelevisive nazionali, pubbliche e private, hanno dedicato alla cronaca il 25,2 per cento del tempo di diffusione. Seconda la politica col 25 per cento. A seguire - con percentuali a una cifra - economia, sport, spettacolo, costume e società, cultura. Calabrò ha delle perplessitùà sul modo in cui si realizzano i contenuti dei Tg e suggerisce di investire parte delle risorse derivanti dal canone per migliorare la qualità dell’informazione televisiva. In questo momento di crisi finanziaria che ha interessato il mercato della pubblicità, l’editoria risente più degli altri mezzi d’informazione. « in atto in tutto il mondo la discussione sul futuro dell’informazione a mezzo stampa - ha spiegato - l’elemento fondamentale per sopravvivere alla dilagante diffusione di Internet è la qualità dell’informazione giornalistica». Un’informazione, ha continuato, di cui si avverte tanto più il bisogno quanto più «discriminata e grezza» è la massa di notizie che si riversa a getto continuo dalla rete. La crisi che sta scuotendo le economie mondiali non poteva non ripercuotersi anche sul settore delle telecomunicazioni, anche se le cose vanno meglio che in altri settori. Nella telefonia fissa la diminuzione del potere di mercato Telecom Italia è netta, «il che non significa che tutto funzioni bene». Secondo Calabrò, nel nostro Paese si rivela difficile da sradicare un malcostume legato a certe pratiche commerciali, a comportamenti che intaccano la buona fede dei consumatori: «Clausule capestro, attivazione e fatturazione di servizi non richiesti, attività di retention nonostante la diversa volontà manifestata dal cliente». Poi, nella telefonia fissa il Garante ha spiegato che «permaneva un’insufficiente trasparenza e fluidità nei rapporti tra Telecom e i concorrenti». Vi era un «clima di sospettosità e un’accanita litigiosità» che portavano a «un logoramento relazionale tanto esasperato quanto inconcludente». Per superarlo è stata presentata dall’Agcom, insieme a Telecom Italia, una riforma radicale di sistema (open access) «capace di tagliare alla radice il nodo delle controversie». Un altro ostacolo italiano denunciato dall’Authority è quello della banda larga: pressoché inesistente. Calabrò ha apprezzato - «senza riserve» - il piano recentemente annunciato dal viceministro Paolo Romani per un ammontare complessivo d’investimenti di quasi 1,5 miliardi e che porterà, entro il 2012, la copertura della banda larga all’intero Paese. Ma ancora bisognerà fare molto. Francesco Caio nel suo rapporto sullo stato dell’arte delle reti di telecomunicazione nel nostro Paese ha avvertito che potrebbe verificarsi il rischio di accorgersi troppo tardi che l’infrastruttura non è sufficiente a fronteggiare la domanda. Per superarlo, c’è il bisogno di un investimento massiccio nella rete di nuova generazione (fibra ottica): «Spallata che può venire solo dagli operatori di telecomunicazione». In Europa i modelli di sviluppo sono sostanzialmente due: il primo prevede che l’operatore dominante di telecomunicazioni finanzia in toto il progetto (come nel caso della Spagna, della Gran Bretagna e della Germania); nel secondo un gruppo di investitori forma una società veicolo (aperta anche alla partecipazione del capitale pubblico) che finanzia il progetto. «In Italia, dove è stato abbracciato un modello di sviluppo della rete - ha aggiunto Calabrò - sembra più praticabile la seconda via: una società veicolo formata da un nucleo forte di partner industriali con un mix di capacità imprenditoriali per sviluppare il progetto fibra. Modello apprezzato anche dal numero uno di Telecom Italia, Franco Bernabè. Bernabè ha spiegato che se questa deve essere la via da percorrere non si tirerà indietro: «Siamo favorevoli - ha detto l’amministratore delegato Telecom - allo scambio di condivisione infrastrutturale agli altri operatori, lo dimostra l’accordo che abbiamo fatto con Fastweb per le infrastrutture di rete fissa, quello con Vodafone e poi, l’altro giorno, anche l’accordo siglato con H3g».