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 2009  luglio 07 Martedì calendario

Nello scontro in atto sulla regolarizzazione delle badanti e delle colf che divide la maggioranza, proposta da Giovanardi e immediatamente respinta dalla Lega, si è inserita ieri la Conferenza episcopale italiana

Nello scontro in atto sulla regolarizzazione delle badanti e delle colf che divide la maggioranza, proposta da Giovanardi e immediatamente respinta dalla Lega, si è inserita ieri la Conferenza episcopale italiana. I vescovi sono scesi in campo appoggiando la sanatoria richiesta del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio per quella che Domenico Sigalini, segretario della commissione episcopale delle Migrazioni della Cei, considera la «struttura portante dell’assistenza alle persone». Nella mattinata è intervenuto tuttavia il ministro del Welfare, Sacconi, sottolineando che il pacchetto sicurezza non si applica a colf e badanti che sono già in Italia senza permesso di soggiorno. Ai microfoni del Tg 2 Sacconi ha chiarito «c’è stata davvero tanta strumentalità perché le norme penali non si applicano mai in modo retroattivo». In realtà il provvedimento sembra colpire non solo chi entra in modo irregolare in Italia, ma anche chi è già qui, introducendo il reato di "permanenza illegale" sul territorio dello Stato. Vale quindi, ad esempio, per la badante irregolare che viene controllata per strada, non solo per chi viene fermato alla frontiera. Tanto che in un comunicato congiunto, la fondazione Migrantes, la Caritas, la comunità di Sant’Egidio, le Acli, la fondazione Centro Astalli e la comunità di Papa Giovanni XXIII avevano proposto, dopo la prima lettura al Senato, alcuni emendamenti che riguardavano anche la nuova fattispecie di "reato di clandestinità". Perché «uniforma in un unico trattamento sanzionatorio le posizioni di chi è entrato clandestinamente e di chi, pur entrato regolarmente, si sia trattenuto in Italia più del consentito, pur senza aver mai disobbedito ad un provvedimento di espulsione». Daniela Pompei, responsabile del servizio immigrazione della comunità di Sant’Egidio, puntualizza che oltre al problema di chi è già irregolare, c’è quello di chi rischia di diventarlo in questi mesi. Il dibattito sulle badanti «dimentica molti immigrati delle fabbriche del Nord che rischiano di perdere il lavoro a causa della crisi e di entrare in clandestinità, se non riescono a trovare una nuova occupazione dopo la scadenza del permesso di soggiorno». Un dramma che rischia di investire anche molti stranieri già residenti e regolari. L’Istat ha quantificato i "cittadini stranieri residenti" in 4 milioni. Una quota consistente, oltre la metà, è costituita da europei, ma moltissimi dipendono dai permessi di soggiorno. Questi 4 milioni contribuiscono, vale la pena ricordarlo, per quasi il 10% al prodotto interno lordo e producono un gettito fiscale di quasi 4 miliardi di euro. Una quota di essi rischia dunque di cadere nel pozzo della clandestinità, nei prossimi mesi, e di subire gli effetti della nuova normativa al primo controllo per strada. Complicato, invece, quantificare gli attuali irregolari e in particolare le assistenti domestiche. Dopo la sanatoria della Bossi-Fini - la più ampia della storia repubblicana - che ha riguardato quasi 700mila persone, Daniela Pompei ricorda che quando fu bandito il primo decreto flussi nel 2007 arrivarono, nel famoso "click-day" che intasò il sito del ministero, 664mila domande di persone che avevano già un lavoro - questo impone la normativa - e che chiedevano dunque di essere regolarizzate, contro l’offerta di 170mila permessi. Ma poi ci furono altri decreti flussi e altri ingressi. Da questi vanno sottratti circa 150mila rumeni che sono diventati comunitari, dunque si può dedurre che ci siano ancora almeno 500mila persone in via di regolarizzazione, di cui circa 350mila badanti, secondo Pompei. C’è chi fa stime più pessimiste, come la Caritas, che stima mezzo milione di badanti e colf irregolari e altrettanti irregolari di altre categorie. Ma il problema non sono tanto i numeri, quanto i meccanismi. Non solo quelli appena entrati in vigore. Già la Turco-Napolitano ha introdotto la modalità per cui i datori di lavoro devono "chiamare" gli immigrati da fuori. Sono in pochi ad attenersi a questa regola. Spiega Pompei che «spesso gli immigrati sono già qui, magari con un visto turistico scaduto. ovvio che le famiglie difficilmente affidano i loro figli o anziani a una persona che non hanno testato prima. Poi fanno finta di chiamarli dall’estero». La Pompei ci tiene a sottolineare che i clandestini che arrivano sui barconi e che armano la propaganda leghista e il razzismo dilagante, «sono appena 15 su 100». Ma ormai il cambiamento culturale è in atto: «è preoccupante il modo di parlare che si sta diffondendo sugli immigrati. Si pensi al recente episodio gravissimo avvenuto a Roma, dove hanno picchiato un congolese per rispondere ad una presunta "volontà del governo"». T.M.