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 2009  luglio 07 Martedì calendario

"Controlli carenti su 10 mila vagoni"- «Se la manutenzione avesse funzionato, se fosse stata ben programmata, se i controlli fossero stati frequenti, quella frattura avrebbe avuto un’altissima probabilità di essere individuata»

"Controlli carenti su 10 mila vagoni"- «Se la manutenzione avesse funzionato, se fosse stata ben programmata, se i controlli fossero stati frequenti, quella frattura avrebbe avuto un’altissima probabilità di essere individuata». Ci sono tanti «se», ma le parole del professor Paolo Toni sono pesantissime. Perché Toni è uno dei massimi esperti di incidenti ferroviari. La Procura di Lucca lo ha scelto come perito per stabilire le cause dell’incidente del 29 giugno. E le prime impressioni che ieri Toni ha trasmesso al procuratore Aldo Cicala suonano come una mezza condanna: la manutenzione, sostiene il tecnico, non ha funzionato a dovere. Certo, l’asse anteriore del primo vagone del treno 50325 era un pezzo malato, ma l’anomalia poteva essere individuata. In Procura ormai sono convinti: «Partendo da quel maledetto vagone rischiamo di andare molto lontano». Dove? «Questa inchiesta potrebbe portare un terremoto nel mondo dei controlli di sicurezza e di manutenzione ferroviaria», spiega un investigatore. Non parliamo di briciole, visto che in Italia circolano oltre diecimila carrozze. L’impressione è che i «buchi» nella manutenzione possano essere molto più diffusi di quanto non si pensi. Insomma, che l’inchiesta possa mettere in discussione la reale sicurezza del trasporto ferroviario in Italia. Tutto è cominciato all’indomani della strage, quando i pm hanno provato a ricostruire la storia della manutenzione del vagone. A complicare il quadro la manutenzione delle carrozze era affidata alla Cima, altra società italiana specializzata nel settore. «C’è un quadro normativo molto complesso», ammette il professor Toni. «Sta emergendo una situazione confusa e ingovernabile che rende possibile a chi vuole fare il furbo di eludere i controlli per la sicurezza», sbotta un investigatore. Ma a Viareggio che cosa è successo? «Abbiamo il morto e l’arma del delitto», sospira Toni. «A provocare il disastro è stata la rottura dell’asse del vagone. Era un pezzo malato, che presentava tracce di ruggine», aggiunge l’esperto. Toni ripercorre il film dell’incidente: «Il vagone si abbatte su un fianco, scivola per una cinquantina di metri finché non urta contro un picchetto d’acciaio posto sui binari che si trasforma in un apriscatole e provoca uno squarcio di 40 centimetri per tre sulla fiancata della cisterna. Esce il gas. E’ la fine».