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 2009  luglio 07 Martedì calendario

HU, L’INGEGNERE CHE AMA IN TE’


IL PRESIDENTE CINESE

Grigio, metodico, ma con senso dell’humour e una visione: la Cina di nuovo superpotenza

Quando intorno al Natale del 1942 nasceva a Taizhou, provincia del Jiangsu, l’attuale presidente cinese Hu Jintao, la Cina era dilaniata dalla guerra contro i giapponesi e da quella civile tra i nazionalisti al potere e i comunisti asserragliati intorno alle grotte di Yanan. Hu però era a distanza di sicurezza. La sua era una famiglia di ricchi mercanti di tè arrivati a Taizhou dalla provincia interna dell’Anhui. La madre e il padre erano ferventi buddisti e patrioti. Così, quando nel 1949 l’armata rossa arrivò in città, il padre di Hu scelse di non fuggire.
Figlio di un mercante
Ma ad appena sei anni la fortuna del piccolo Hu cambia. Da pargolo di una famiglia agiata diventa figlio di una famiglia di sfruttatori capitalisti, in fondo alla lista della nuova gerarchia sociale comunista. Per cominciare a risollevarsi da quel baratro il piccolo Hu fa quello che gli veniva bene fare: studiare con profitto. Primo della classe dalle elementari all’università, nel 1960 supera gli impervi esami di ammissione e approda alla facoltà di Ingegneria del primo ateneo scientifico del Paese, la Qinghua di Pechino. All’Università conosce la moglie, tanto ciarliera e di compagnia quanto lui è timido e riservato. Li accomuna però un grande senso dell’umorismo, che si esprime in intraducibili giochi di parole cinesi. Hu è ancora il primo della classe e dopo la laurea si barcamena alla meno peggio nel nuovo clima politico del Paese, che aveva abbracciato la grande rivoluzione culturale. I suoi sogni di una carriera nella capitale sono infranti: viene mandato in provincia a farsi rieducare dalle masse di contadini.
Il Tibet, da trappola a fortuna
Intanto a casa, a Taizhou, accade un fatto dolorosissimo: le guardie rosse sottopongono alla «critica delle parole e delle armi» l’anziano genitore. Tra insulti e pestaggi è accusato di essere un capitalista. Il vecchio Hu muore. Jintao rimane profondamente legato al padre e il suo unico hobby viene proprio dalla professione paterna: assaggiare e degustare il tè. L’episodio però non allontana Hu dal partito. Anzi, giovane membro, compie una lenta carriera all’interno dell’organizzazione della Gioventù del partito, sotto il comando di Hu Qili, l’uomo che ai tempi di Tienanmen, nel 1989, era diventato il numero 4 e che per quelle proteste perse il posto.
 però solo negli Anni 70, dopo la morte di Mao, che viene notato dall’anziano Song Ping, il quale lo segnala a Deng. Negli Anni 80 diventa poi il pupillo dell’allora segretario generale del partito, Hu Yaobang, che nel 1984 lo manda nella poverissima provincia del Guizhou come segretario locale del partito. un incarico delicato, e Yaobang segnala il suo favore per il giovane andandolo a trovare. A Hu sembra crollare il mondo addosso quando, nel dicembre 1986, apprende che il suo mentore è stato deposto da capo del partito. Da lì a poco viene trasferito, in teoria è una promozione, in pratica è una trappola. Diventa capo del partito in Tibet. Nell’88 e nell’89 deve affrontare le prime grandi proteste anticinesi dai tempi dal 1959. Ma la sua gestione a Lhasa convince tutti i veterani del partito, che con Deng seguivano gli eventi da Pechino. Hu scende in campo in prima persona, fucile in spalla, pronto a sparare e farsi sparare. Ma non è un sanguinario, non vuole una repressione cieca. Tiene le cose sotto controllo e ferma il numero delle vittime e l’intensità delle operazioni di sicurezza. Poi promuove una graduale apertura politica nella regione.
Al potere: boom e repressione
Durezza e misura, riforme e aperture. questo piace a Deng. Queste virtù lo portano nel Politburo ristretto, i vertici del partito, nel 1992, come successore in pectore all’allora presidente Jiang Zemin. Hu per dieci anni naviga per gli oscuri corridoi di Pechino. Dirige la Scuola centrale del partito, la rinnova, e con l’aiuto del suo consigliere Zheng Bijian tesse la trama di rapporti che nel 2002 lo porterà alla presidenza del Paese e nel 2004 gli darà anche la presidenza della potente commissione militare centrale. solo nel 2007 però che afferma tutto il suo potere, promuovendo una schiera di nuovi funzionari cinquantenni che dovranno guidare il Paese dopo il 2012.
Lettore instancabile, curioso, malato di lavoro, coraggioso ma prudente, abilissimo manovratore, è anche un riformatore convinto. I cambiamenti nel Paese passano comunque, secondo lui, per la conservazione del potere centrale e la salvaguardia dell’unità nazionale. Ha fatto enormi progressi nel processo di riunificazione con Taiwan. Ha migliorato come nessun altro i rapporti con l’America, ponendo le basi per un futuro ruolo da superpotenza globale per la Cina. Ma restano le ombre: le repressioni delle minoranze etniche e dei dissidenti politici, la censura sempre più sofisticata, che ora minaccia di mettere a tacere anche le voci sul Web. All’ombra di Mao
Hu entra nel Partito giovanissimo, fa carriera nella Gioventù comunista, ma non sfugge alla Rivoluzione culturale voluta dal Grande timoniere (foto): viene «rieducato» in campagna.Sotto l’ala di Deng
Nel dopo-Mao Hu è riabilitato, fa la gavetta in provincia, fino alla nomina al Politburo. Il suo trionfo è il Congresso del 2007 (sopra), quando riesce a promuovere la nuova generazione dei cinquantenni nei posti chiave.