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 2009  luglio 07 Martedì calendario

IL GOLPE IN HONDURAS E LA PARATA DEGLI IPOCRITI

Forse non leggono? Non guardano la Cnn? Oppure vivere in Honduras è come vivere su Marte? O magari sono degli idioti? Come viene in mente, in un paese piccolo e povero, che i militari possano tirare giù dal letto il presidente con le pistole in pugno ed espellerlo dal paese con la forza senza che la comunità internazionale reagisca con furibonda indignazione? Un paese grande e dotato di bombe atomiche potrebbe concedersi questo lusso senza subire conseguenze serie. Ma l’Honduras? L’Honduras no.
 un dato di fatto che le alte sfere politiche e militari del piccolo stato centroamericano hanno eseguito un colpo di stato. Ma la cosa ancora peggiore è che non ne avevano bisogno. Sarebbe bastato loro applicare le leggi, dato che il presidente Manuel Zelaya aveva ripetutamente violato la Costituzione. La Corte suprema, il Congresso e le altre istituzioni honduregne così avevano stabilito. E per di più mancavano solo pochi mesi alle elezioni presidenziali. Perché hanno avuto tanta fretta? Perché hanno usato i generali invece di usare i giuristi?
I golpisti sostengono di essere stati obbligati ad agire come hanno agito perché Zelaya, con l’appoggio di Hugo Chávez, era disposto a usare brogli elettorali per restare al potere. Ma forse il fattore che più li ha indotti ad agire è stato che agenti venezuelani e cubani cominciavano a penetrare attraverso le porose frontiere nazionali con valigette piene di dollari e furgoni carichi di armi. I dollari e le armi, dicono, erano destinati a organizzare milizie violente di "honduregni con Zelaya". Anche ipotizzando che ciò sia vero, il golpe militare non può essere giustificato. Se il presidente Zelaya si è reso responsabile di tutti i reati di cui viene accusato, perché, invece di arrestarlo e giudicarlo, lo hanno cacciato dal paese?
Le ottusità honduregne sono superate solo dall’esplosione d’ipocrisia che hanno scatenato. Non altri che Raúl Castro Raúl Castro! - chiede sanzioni mondiali contro un piccolo paese i cui leader sono arrivati al potere usando la forza. Hugo Chávez, la cui carriera politica è cominciata guidando un sanguinoso golpe militare contro un governo democratico, tuona contro i golpisti honduregni e minaccia d’invaderli. I presidenti di quel bastione della democrazia che va sotto il nome di Alternativa bolivariana delle Americhe (Alba), e che comprende Bolivia, Cuba, Ecuador, Nicaragua e Venezuela, esigono indignati che venga applicato immediatamente lo statuto democratico dell’Organizzazione degli stati americani (Osa).
Con la firma di quel documento, nel 2001, le nazioni americane hanno stabilito che solo i paesi democratici possono far parte dell’Osa.Secondo i presidenti dell’Alba è logico pertanto espellere immediatamente l’Honduras. Logica che faceva loro difetto quando,fino a poco tempo fa,sostenevano a spada tratta l’iniziativa di includere Cuba nell’organizzazione. Il fatto che Cuba non fosse un paese democratico sembrava loro un dettaglio trascurabile.
Questi presidenti, che prima disprezzavano l’Osa, ora la considerano l’istituzione più importante della regione e trattano il suo segretario generale, il cileno José Miguel Insulza, come il massimo garante delle democrazie latinoamericane. Fino a poco tempo fa il presidente Chávez insultava quasi quotidianamente Insulza. Lo definiva "insulso", e, con l’eleganza intellettuale che lo caratterizza, una volta si è riferito a lui in televisione con il termine che in Venezuela viene usato per indicare la peluria anale. Consola dunque vedere che l’Honduras ha fatto tornare sui suoi passi Chávez, che adesso lavora d’amore e d’accordo con Insulza in difesa della democrazia.
Almeno per questo i militari honduregni vanno ringraziati.
E non poteva mancare l’imperialismo yankee. Il presidente boliviano, Evo Mora-les, ha denunciato che questa crisi è stata fabbricata a Washington. E ha insistito sul fatto che l’intervento straniero negli affari interni degli stati è inaccettabile. Il fatto che Obama abbia denunciato con fermezza la situazione in Honduras e che non riconosca le nuove autorità sono dettagli irrilevanti per lo statista boliviano, che trascura anche il fatto che intervenire nella politica interna di altri paesi è una delle attività che svolge quotidianamente il suo mentore e finanziatore, Hugo Chávez.
Ma non c’è solo ottusità e ipocrisia in tutta questa storia. La crisi dell’Honduras invia ai militari del continente un segnale forte: i golpe militari non sono più come una volta. Lasciate perdere. E anche ai politici della regione manda un messaggio chiaro: Hugo Chávez è tossico. Zelaya deve molto a Chávez. Ma la sua vicinanza al tenente colonnello alla fine gli è costata molto di più di quello che gli ha fruttato.