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 2009  luglio 06 Lunedì calendario

TAV, IL NORD EST FERMO SU UN BINARIO MORTO


Se il tracciato del Quinto corridoio ferroviario transeuropeo fosse stato disegnato da un camionista, non passerebbe di sicuro per Trieste. Perché i camionisti, come l’acqua lungo un pendio, seguono la via più breve e con minori ostacoli. Ma l’itinerario del Quinto corridoio, e annesso valico alpino orientale, è stato immaginato da politici e diplomatici. E il corridoio ha oggi l’aspetto di un vicolo cieco. Mentre a Nord le trivelle stanno scavando il tunnel di ispezione per la galleria di base del Brennero, mentre i fari sono puntati sulla progettazione del valico Ovest al Frejus, un imbarazzo palpabile avvolge il capitolo triestino. Disagio comprensibile, perché nessuno sa dove sia il bandolo della matassa e la questione finanziaria si "intorcola" con quella trasportistica, e con quella ambientale, e con quella diplomatica, e con quella del consenso politico infine. E il progetto è fermo, sia per la tratta Ronchi dei LegionariTrieste come per lo spezzone transfrontaliero TriesteDivaccia.
Da notare poi che la questione del valico appartiene al rebus del segmento Tav che da Verona va a Trieste, avvolto nelle nebbie e rispetto al quale i leader delle categorie economiche nordestine puntano il dito dritto contro Berlusconi e Tremonti.
«Non fare la Tav in tempi brevi significa tagliarci le possibilità di essere collegati all’Est Europa» sostiene il presidente di Confindustria Friuli Venezia Giulia, Alessandro Calligaris. La partita del Quinto corridoio in terra nordestina è divenuta "la priorità" confindustriale quanto alle infrastrutture. A dare il "la" è stato il presidente di Confindustria Veneto, Andrea Tomat, poi si sono susseguiti gli interventi di leader di varie organizzazioni territoriali dell’aquilotto.
Un paio di giorni prima della riunione del Cipe del 26 giugno scorso, il presidente di Confindustria Vicenza, Roberto Zuccato, ha scritto una puntuta lettera al premier Silvio Berlusconi. Zuccato contesta "l’inerzia di Rfi" e al governo di non aver indirizzato nemmeno un soldino alla progettazione della tratta VeronaPadova. Poiché il Cipe del 26 giugno non ha minimamente colto le indicazioni confindustriali, Zuccato è inviperito e con lui tutto il gruppo dirigente nordestino. Da ultimo è uscito allo scoperto pure il presidente di Unioncamere Veneto, Federico Tessari, contestando che la Tav nel pezzo da Verona a Padova è allo stadio di progetto di massima (5,1 miliardi di euro di investimento), mentre quanto alla MestreRonchi solo tra un anno avremo il progetto preliminare (4,2 miliardi). Tanti quattrini. "Ma per finanziare la Tav NapoliBari sono stati trovati" rimarca Tomat. Innocenzo Cipolletta, presidente del gruppo Fs, dal canto suo in una intervista a "Nordesteuropa" si è sfilato con eleganza alla domanda "di chi è la colpa?". Secondo Cipolletta, la colpa "non è delle Ferrovie. Noi siamo in questo caso dei committenti non dei decisori: se ci danno i soldi, siamo ben felici di fare gli investimenti. Quando il governo darà i soldi, si farà". E da questo punto di vista il pasticcio di Trieste è un ulteriore ostacolo.
Torniamo dunque ai camionisti. Sono stati i Tir a individuare il percorso del Quinto corridoio: non passa per Trieste. Alla fine del mese sarà completata la galleria che, nei pressi di Gorizia, buca il monte Nanos e quindi supera le Alpi Giulie. Dopo di che sarà terminata la direttrice autostradale che da Venezia, attraverso Gorizia, va a Lubiana lungo la valle del fiume Vipacco. I camionisti sui lunghi percorsi vanno per la via breve e, incanalandosi lungo la valle del Vipacco ben prima che l’autostrada sia finita, hanno seguito le orme di Attila e di tutti coloro che, in massa, si sono mossi a cavallo delle Alpi orientali.
Al contrario, quanto alle ferrovie, una decina di anni fa il governo sloveno ha imposto a quello italiano condizioni tali che hanno condotto alla attuale paralisi. Vietato passare con il supertreno nella valle del Vipacco. Vietato collegare direttamente il porto di Capodistria a quello di Trieste e poi, attraverso il nodo di Villa Opicina, puntare verso Lubiana. Necessario connettere lo scalo portuale di Capodistria con Lubiana senza passare sul suolo italiano.
Da questo insieme di vincoli, in parte condivisi dall’establishment triestino sempre angosciato dal tema dell’isolamento, deriva uno studio di fattibilità pieno di punti interrogativi e oggi sotto attacco dai fronti più vari.
Ecco dunque che, arrivata all’altezza di Ronchi dei Legionari (Monfalcone), la linea anziché procedere verso Gorizia come fa l’autostrada, piega verso Trieste con una galleria lunga 25 chilometri sotto all’altopiano carsico. E da Trieste, sempre in galleria, va avanti poi con una doppia "esse" per addolcire le pendenze fino a oltrepassare il confine italosloveno e di qui svoltare a 90 gradi per puntare infine su Lubiana. L’accordo intergovernativo benedetto dall’Ue – che garantisce un contributo del 50% dell’investimento per il pezzo transfrontaliero parla di tratta TriesteDivaccia, nome di un paesino e di un minuscolo snodo ferroviario che poi sarebbe collegato direttamente con una bretella al porto di Capodistria. Bucare l’altopiano carsico, però, potrebbe riservare sorprese, di qua e di là dal confine. Secondo l’articolo comparso sulla rivista americana "Natural Hazards and Earth System Sciences", a firma dei ricercatori del Dipartimento di geologia dell’università triestina Giacomo Casagrande, Franco Cucchi e Luca Zini, la galleria "implica spiccati problemi dovuti all’elevato rischio di interferenze con falde acquifere e con vaste cavità naturali".
"Condivido certe perplessità degli ambientalisti – dice il sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza (Pdl) – perché l’idea di una grande galleria ferroviaria che passi sotto la città mi pare un’utopia bella e buona". L’assessore ai Trasporti della Regione Friuli Venezia Giulia, Riccardo Riccardi (Pdl), dichiara che "la linea sta creando forte tensione sociale. Per questo abbiamo chiesto a Rfi uno sforzo. Noi vogliamo l’alta velocità nel più breve tempo possibile, l’infrastruttura non è in discussione, ma non con alti costi sociali".
La tratta RonchiTrieste richiede investimenti per 1,93 miliardi di euro, il segmento TriesteDivaccia 2,3 miliardi, avendo per la progettazione il primo un finanziamento comunitario di 24 milioni e l’altro di 50 milioni. Ma i progettisti sono sulle sabbie mobili, posto che dal Palazzo non arriva un input chiaro e univoco.
Quel che è sicuro è che la linea attuale non basta nemmeno a servire il porto di Trieste e lo sviluppo delle relazioni con i paesi dell’area balcanica. Se la capacità totale della tratta da Trieste a Ronchi vale 190 treni al giorno, già oggi sono registrati 160 convogli. Basta nulla alla saturazione completa, tenendo conto che le tracce libere sono quasi tutte di notte. E poi la tratta è stata progettata nel 1850, per una velocità massima di 85 chilometri orari e per capacità di carico di ponti e rilevati del tutto inadeguata ai treni merci moderni. Fu fatta in pochi anni, allora imperavano gli Asburgo.