Walter Galbiati, Affari & finanza 6/7/2009, 6 luglio 2009
LA DOMANDA NON FRENA E I PREZZI CONTINUANO LA GRANDE CORSA AL RIALZO
Una corsa da Guinness dei primati, durata oltre due anni e mezzo. I prezzi delle materie prime agricole hanno avuto un aumento pressoché ininterrotto dal 2005 fino all’estate 2008. I record spettano al mais (+229,5%), alla soia (+159,9%), al frumento (+143,8%), ma anche al cacao cresciuto del 90,8%. Secondo la Fao, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’agricoltura e l’alimentazione, il livello raggiunto dai prezzi a metà dello scorso anno è stato, anche in rapporto ai beni manifatturieri, il più elevato degli ultimi trent’anni. Ora gli esperti si interrogano su come evolveranno i prezzi. La stessa Fao azzarda una stima: in caso di crescita mondiale dimezzata rispetto al 2007, i prezzi delle principali materie prime agricole dovrebbero diminuire tra il 4 e il 9% medio annuo nel bienno 20092010.
Ma non tutti sono d’accordo, tanto che sul mercato continua a regnare grande incertezza. Il mais per esempio, dopo aver raggiunto i massimi di inizio anno tra la fine di maggio e gli inizi di giugno, sulla speculazione di un cattivo raccolto dovuto a cause climatiche, ha avuto prima un rallentamento, e poi è tornato a correre. «Nelle ultime due settimane di giugno, il prezzo del mais era sceso del 9%, ma dietro questo calo non c’erano dei motivi razionali e alcuni compratori ne hanno approfittato per effettuare acquisti a prezzi bassi», ha spiegato Mark Schultz, vicepresidente della Northstar Commodity Investments di Minneapolis, un operatore attivo nelle materie prime. Sul mercato, poi, molti investitori sono convinti che il dollaro debole e i bassi tassi di interesse spingeranno le esportazioni statunitensi e aumenteranno l’appeal delle materie prime come coperture contro l’inflazione.
Nemmeno il Dipartimento statunitense dell’Agricoltura (Usda) ha fornito una visione univoca nella prima previsione ufficiale sulla campagna agricola 200910. Il rapporto mensile prevede una caduta del 28% nelle scorte americane di mais e un aumento dell’utilizzo di questo cereale per la produzione di etanolo, in linea con la politica di Barack Obama favorevole alle fonti di energia alternative. E secondo Philippe Chalmin, il professore dell’Università Paris Dauphine che da anni segue con attenzione il mondo delle commodities, il future sul mais quotato al Cbot, il Chicago Board of Trade (Cbot), la più grande borsa al mondo dei cereali e dei semi oleosi, guadagnerà quest’anno il 12% rispetto alla media del 2008, grazie ai consumi di bioetanolo. Del resto la legge statunitense varata nel 2007 garantisce per l’anno in corso un quantitativo di 10,5 miliardi di galloni di biofuels da mescolare con i carburanti tradizionali, contro i 9 miliardi del 2008.
La stessa Fao individua tra i fattori determinanti che hanno spinto i prezzi le strozzature dell’offerta, causate dal maggior utilizzo delle materie prime agricole nel settore delle biotecnologie e del bioetanolo. Gli altri motivi sono i cambiamenti climatici, la domanda di beni alimentari delle economie emergenti, come India e Cina, in cui salgono sia la popolazione sia la capacità di spesa, l’andamento dei prezzi dell’energia e le bolle di origine monetaria e speculativa. La volatilità dei prezzi, però, non deve stupire, perché è un fenomeno ricorrente in agricoltura: «In caso di un loro rialzo – scrive Marcello Lucci, analista del Monte dei Paschi di Siena in un rapporto sulla filiera agroalimentare – l’offerta dovrebbe adeguarsi alla domanda e le oscillazioni di prezzi e produzione ripetersi con ampiezza costante se le curve di offerta e domanda hanno un’identica pendenza ed elasticità. Nell’attuale fase, però, vi sono diversi dubbi sul fatto che l’offerta abbia sufficiente elasticità». Da qui l’incertezza.
Le previsioni della Fao indicano per i prossimi dieci anni un aumento della produzione di circa il 56% annuo per i prodotti più commercializzati, come cacao, zucchero e frumento, eppure il 2009 è iniziato con notizie negative per tutte le materie prime agricole: per il cacao, visti gli scarsi raccolti in Ghana e Costa d’Avorio, per lo zucchero a causa dell’aumento dei consumi in Inda, diventato un importatore netto, e così per il mais e per la soia. Dopo il calo delle scorte di mais, la principale coltura degli Stati Uniti con un valore nel 2008 di 47,4 miliardi di dollari, il Dipartimento dell’Agricoltura ha gettato qualche ombra anche sui prezzi della soia, la seconda coltura a stelle strisce con un valore da 27,4 miliardi. Sebbene le cifre dell’Usda parlino di una produzione americana di soia in crescita dell’8%, a 3,195 miliardi di bushel (unità di misura che vale circa 27 kg), con cui saranno probabilmente migliorate le scorte di fine campagna, è previsto tuttavia che queste per la fine del 200809 arrivino ai minimi quinquennali.
Quanto al frumento, il calo delle semine negli Stati Uniti ne farà calare del 20% la produzione cosiddetta invernale, ma l’impatto sui prezzi dovrebbe essere limitato dal contemporaneo aumento previsto per gli stock mondiali di fine stagione. La Cina in particolare si troverà nei magazzini fra un anno 59,6 milioni di tonnellate di grano, il 22% in più rispetto al quantitativo attuale.
In Italia, dove l’agricoltura conta per poco più del 2% del prodotto nazionale, i prezzi stanno seguendo più o meno le stesse dinamiche. Nella rilevazione di giugno effettuata dal rapporto periodico dell’Area Research del Gruppo Monte dei Paschi che analizza l’andamento delle principali borse merci italiane, l’ISB Agricoltura è risultato stabile. Al suo interno, però, si è assistito a una divaricazione. Alla crescita dei prezzi dei cereali, (il mais +10,1%, il frumento duro +7,5%, frumento tenero +5,6%, riso +3,2%) si è contrapposto il calo dei prezzi delle carni suine (’7,1%) e dei polli (’2,4%).