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 2009  luglio 09 Giovedì calendario

FRANCESCA SCHIANCHI PER L’ESPRESSO 9 LUGLIO 2009

Sfida al Pd Corral Manovre. Contatti. Raccolta di fondi. Think tank al lavoro sui programmi. Nel partito democratico cominciato il duello bersani-franceschini per la leadership. Con l’incognita dei giovani. E con l’incubo terzo uomo
Concorrenza, via libera al pacchetto Bersani, strilla in prima pagina ’l’Unità’ del 1 luglio 2006, incorniciata insieme agli altri principali quotidiani di quel giorno lungo il corridoio tinteggiato di fresco. Completo grigio e sigaro in bocca, fa capolino il candidato segretario del Partito democratico Pier Luigi Bersani nella sede romana del suo comitato elettorale a piazza Santi Apostoli. Inaugurata esattamente tre anni dopo l’approvazione della mitica lenzuolata di liberalizzazioni, "una data simbolica", e un piano sotto le stanze che furono dell’Ulivo di Romano Prodi: "Perché sotto quella bandiera ci fu un grande movimento di popolo", spiega nella piccola sala affollatissima: "Per me questa suggestione è fondamentale".
Nelle stesse ore, poche centinaia di metri più in là, nella sede del Pd di Sant’Andrea delle Fratte, si susseguono riunioni una dopo l’altra. Come muoversi, chi coinvolgere, quali parole chiave adottare: futuro, sicurezza, merito, si interroga Dario Franceschini, al lavoro per costruire il suo quartier generale di candidato segretario. Che sarà in via del Tritone, a due passi dalla sede del partito. Immagine plastica della difficoltà di far convivere le due vesti di Dario: il leader di tutti e il candidato di una parte.
Manovre, annunci, contatti. Truppe che si muovono da una parte e dall’altra, sedi in laboriosa attività, iniziative in cantiere e fund raising necessario: il partito ha fissato una spesa massima di 250 mila euro, cacciatori di fondi sguinzagliati. Bersani chiama l’ex presidente della Provincia di Milano, Filippo Penati, come coordinatore della mozione, vanta il sostegno di Enrico Letta e Rosy Bindi, nel 2007 candidati anti-Veltroni e soprattutto ex popolari: l’ideale per ripulirsi dall’immagine di personaggio rosso antico.
Franceschini risponde schierando in prima linea l’avamposto fassiniano incarnato da Marina Sereni e Roberto Cuillo e parlamentari d’osservanza veltroniana come Giorgio Tonini e Walter Verini. Affida il coordinamento del comitato al giovane deputato Ettore Rosato e organizza gruppi di lavoro per stendere il programma: uno, concentrato su aspetti economico-sociali, capitanato da Tiziano Treu, è composto da Pietro Ichino e dagli ex sindacalisti Pier Paolo Baretta (Cisl) e Paolo Nerozzi (Cgil); un altro, più politico, guidato da Tonini e Francesco Saverio Garofani, un altro ancora potrebbe avere a capo la giovane Debora Serracchiani.
Pier Luigi invoca le parole d’ordine del suo "partito combattente": vicinanza ai ceti produttivi, ingresso nei luoghi di vita e di lavoro, spirito dell’Ulivo. Sul territorio l’ex ministro piacentino conta sull’appoggio di amministratori locali come il presidente dell’Emilia Vasco Errani, il segretario emiliano Salvatore Caronna, il toscano Andrea Manciulli.
La Puglia la porta in dote D’Alema; Antonio Bassolino potrebbe garantire le 80 mila tessere campane, fondamentali per decidere il vincitore della prima fase del Sudoku-congressuale, in cui votano solo gli iscritti e scelgono chi andrà alle primarie del 25 ottobre. Sulla fase due, il voto ai gazebo, punta invece Franceschini, che si rivolge dritto agli elettori con un videomessaggio giovanilistico, il richiamo al nuovo, un restyling del sito personale per renderlo più interattivo.
Grandi movimenti da una parte e dall’altra, con un’incognita: se nessuno avrà il 50 per cento, lo Statuto prevede il ritorno al congresso, per scegliere tra i primi due classificati. E il terzo nella contesa, a questo punto, facendo accordi con uno o con l’altro, potrebbe diventare decisivo. Il famoso ’terzo uomo’: cuore del dibattito e delle paure. Sabato scorso, alla riunione del Lingotto, Bersani e Franceschini hanno temuto il rischio della prova applausometro e magari di qualche fischio, in una platea di giovani avvelenata contro gli apparati e favorevole a una candidatura outsider.
Gli organizzatori dell’evento, i ’Piombini’, esponenti del Pd come il consigliere regionale lombardo Giuseppe Civati e i deputati Sandro Gozi e Paola Concia, non fanno mistero di ambire a "tenere insieme tutti quelli che non ci stanno", riassume Civati: "Non ci convincono né Bersani né Franceschini. Il nostro candidato? Una persona che metta in crisi i due schieramenti".
L’identikit sembrava perfetto per il sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, strattonato fino all’ultimo da più parti per una discesa in campo. L’uomo nuovo, nonostante i 34 anni di vita politica iniziata nel Pci, l’uomo né di D’Alema né di Veltroni: ma dopo qualche giorno di incertezza, è arrivata la rinuncia ufficiale, nonostante il pressing. A partire dall’ex vicepremier Francesco Rutelli, che ora si trova nell’imbarazzo di non saper chi sostenere: l’attuale segretario non se ne parla ("Non condividiamo nessuna delle scelte fatte in questi mesi", confida un fedelissimo); altrettanto impraticabile una alleanza con Bersani.
L’unica candidatura di area possibile resta quella dell’ex ministra Linda Lanzillotta. Venerdì e sabato, nell’iniziativa lanciata per rinnovare la corrente, una sorta di coraggiosi 2.0, l’ex ministro proporrà un manifesto scritto di suo pugno, indicazioni e idee per un terzo candidato.
Soluzioni per raddrizzare la barca sbilenca del Pd che, garantiscono dall’entourage, cercano però di non cavalcare più l’immagine del ragazzo del Vaticano. Stesso dilemma per i parlamentari quarantenni di Andrea Orlando, da Andrea Martella a Francesco Boccia: "Su Chiamparino ci sarebbe stata una convergenza", spiega Orlando, "sugli altri andremo in ordine sparso, ciascuno fatalmente attratto dal proprio campo gravitazionale".
"C’è uno spazio da riempire con idee, progetti e programmi", si entusiasma il chirurgo dei trapianti Ignazio Marino, il campione della laicità che alcuni blog volevano leader già all’indomani delle dimissioni di Veltroni: "Se non viene riempito resta un luogo di assenti, di persone che non partecipano perché non si riconoscono". Una candidatura di testimonianza la sua, molto legata al tema della laicità e dei diritti civili ("Copre solo un pezzetto, non può essere il leader di tutti", la bocciatura della prodiana Sandra Zampa), eppure tra giovani e Web il sostegno è vivace.
Potrebbe essere lui il terzo uomo che tutti stanno aspettando, o forse lo spazio si apre per uno di quei trenta-quarantenni che insistono sul rinnovamento del progetto Pd: tra i nomi più ricorrenti, il piombino Pippo Civati, 34 anni, blogger molto amato.
Sullo sfondo resta a guardare senza esprimersi ufficialmente il padre nobile del partito, Romano Prodi. Corteggiato sia da Franceschini che da Bersani, del Prof si conosce la solida amicizia con l’ex ministro piacentino. "La nostra nei confronti di Bersani è una mozione degli affetti", chiarisce la Zampa: "Detto questo, ci interessa capire cosa vogliono fare del Pd". Bersani lo ha già spiegato, Franceschini dà appuntamento a martedì 7 luglio, per un discorso modello Lingotto.
Pier Luigi mette in cantiere un viaggio nei "luoghi di vita e di lavoro" che parta dal Mezzogiorno. Dario sta riflettendo su una serie di iniziative tematiche. Poi comincia il periodo delle feste democratiche: da Nord a Sud fioccano gli inviti per entrambi, dibattiti e confronti alle ex Feste dell’Unità. In vista dello scontro vero, quello di ottobre. Dove il terzo uomo potrebbe essere davvero l’ago della bilancia.