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 2009  luglio 06 Lunedì calendario

AGNELLI, MARGHERITA CONTESTA L’ASSETTO DELLA SOCIETA’ CASSAFORTE


La Dicembre e la successione tra l’Avvocato e John Elkann

TORINO – «Il mio erede sa­rà John Elkann». Questo voleva Gianni Agnelli e questo è succes­so. Vecchia questione superata dai fatti? Successione tra nonno e nipote ormai acquisita e pacifi­ca? A Torino, nella causa sul­l’eredità dell’Avvocato, l’argo­mento scottante del controllo della Dicembre e delle modalità con cui lo si è raggiunto affiora qua e là nelle carte. Margherita Agnelli attacca. Alcuni scambi di lettere tra i protagonisti rac­contano retroscena finora sco­nosciuti. La questione non è se­condaria: riguarda il controllo della Fiat. Ed è anche delicata: molte società del gruppo sono quotate in Borsa.

Così come è di grande impor­tanza una lettera autografa di Marella Caracciolo, di cui il Cor­riere è venuto in possesso, indi­rizzata a Gianluigi Gabetti, Fran­zo Grande Stevens e Siegfried Maron, subito dopo l’avvio del­l’offensiva giudiziaria contro di loro della figlia Margherita.

Dicembre è la società che de­tiene il 32% della Giovanni Agnelli sapa, l’accomandita che governa il gruppo Exor-Fiat. Chi controlla la Dicembre è dunque l’azionista di riferimento del gruppo. Una volta era l’Avvoca­to, oggi è il nipote John Elkann, figlio di Margherita. Dopo la morte di Gianni Agnelli l’assetto della cassaforte vedeva al 33% ciascuno John, la madre Marghe­rita e la nonna Marella Caraccio­lo. La nonna poi donò il 25% al nipote che salì al 58%. Infine li­quidò con 105 milioni la figlia Margherita che uscì del tutto dal gruppo. Lo statuto della Di­cembre, i patti, come ha rivelato Il Sole 24 Ore, e anche le parteci­pazioni simboliche (un’azione ciascuno) dei quattro garanti (Gabetti, Cesare Ferrero, Gran­de Stevens e la figlia Cristina) disegnano una governance che garantisce continuità ed evita sorprese. Il tutto in ossequio al­la volontà di Gianni Agnelli. Per Margherita, tuttavia, non è così scontato. I suoi avvocati scrivono che Grande Stevens, gestendo il riassetto della Di­cembre, ha interpretato autono­mamente la volontà dell’Avvo­cato. Anzi «l’asserita volontà», c’è scritto in uno degli atti depo­sitati. E la differenza non è da poco. Poi, sempre secondo Mar­gherita, sarebbe stato ignorato il fatto che Gianni Agnelli aves­se un erede, cioè lei stessa, e che John ha sette fratelli. Qual è allora l’obiettivo? Mettere in di­scussione ex post l’assetto della Dicembre? Alzare i toni dello scontro giudiziario fino al limi­te? O, una volta di più, tentare di provare il ruolo (presunto) di custodi e gestori del (presun­to) tesoro da parte di Grande Stevens e Gabetti? I contratti e le donazioni da cui è scaturito l’attuale assetto sembrano inat­taccabili. Ma la questione è sta­ta formalmente sollevata.

E su questo tema spuntano due lettere di cui è possibile fa­re una sommaria ricostruzione. La prima è di Gabetti e si riferi­sce a una riunione della Dicem­bre con Gianni Agnelli ancora in vita. Nella missiva, forse in­dirizzata a tutti i soci dello «scrigno» di famiglia, si parla espressamente della volontà dell’Avvocato di donare al nipo­te la sua quota per assumere di fatto il controllo del gruppo. In un’altra lettera, anteriore al contenzioso, è Grande Stevens a scrivere a Margherita per riba­dire che l’Avvocato aveva espressamente confidato a lui e a Gabetti la volontà che la sua quota alla sua morte andasse al nipote John.

Appena un mese dopo la scomparsa dell’ex presidente Fiat, ci fu, all’apertura della suc­cessione, la prima rottura tra Margherita e gli esecutori testa­mentari. Lo scontro sfociò in una dura lettera di Margherita a Gabetti. Ecco la risposta del­l’anziano professionista che da 35 anni è punto di riferimento per tutta la famiglia: « stata un’esperienza sorprendente – scrive a Margherita a proposito di quella riunione ”. Non mi rimane che sperare che i più giovani collaboratori che si oc­cupano di questa pratica (il rife­rimento è a Gianluca Ferrero e Maron, ndr) riscuotano mi­glior riguardo di quel­lo riservato al sotto­scritto e diventare un presidio prezioso di tutela degli interes­si della famiglia Agnelli». La «pratica» è quella dell’eredità e Gabetti con questa lettera se ne chiama fuori.

Nel febbraio 2004 Margherita e la madre raggiungono un ac­cordo definitivo. Alla figlia van­no beni per oltre un miliardo di euro, secondo cifre non confer­mate. Poi la situazione precipi­ta, fino alla causa intentata da Margherita Agnelli de Pahlen an­che contro la madre. Cioè storia di questi ultimi due anni. La let­tera di Marella ai tre manager, qui riprodotta, è un documento a favore della loro estraneità alla gestione del patrimonio perso­nale dell’Avvocato. E racconta in sintesi come è andata la tratta­tiva sull’eredità. Ma descrive an­che, seppure tra le righe, il trau­ma di una rottura violentissima tra madre e figlia nella famiglia più famosa d’Italia. Lei, Marella, si firma orgogliosamente solo con il cognome del marito: Agnelli. E poi chiama la figlia «si­gnora de Pahlen». come una sentenza di condanna familiare.