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 2009  luglio 06 Lunedì calendario

TUTTI CONTRO GOOGLE, ECCO GLI SFIDANTI


Artificiale, sociale o istantaneo? Non è ancora ben chiaro quale sarà il volto del motore di ricerca del futuro. Quel che è certo è che le attuali soluzioni basate sulla popolarità delle pagine web (questo è il paradigma imposto da Google), non bastano più a soddisfare i desideri degli utenti. Se prima ad un motore di ricerca si chiedeva «Quale pagina web risponde meglio ai miei dubbi?», ora si vuole ben altro: tracce di conversazioni estemporanee su Twitter e Facebook, dati statistici aggiornati, informazioni pertinenti e, se possibile, verificate. Anche i search engine più affermati come Google iniziano a muoversi con fatica nei nuovi dedali del web, dove l’unità di misura non è più la pagina statica, ma informazioni dinamiche organizzate in database e rivoli di dialoghi frammentati.

Tutto questo sovraccarico informativo sta portando alla creazione di una sorta di terra di nessuno (che gli esperti chiamano «deep web») in cui, oltre a tonnellate di tecno-spazzatura (spam), si trovano miliardi di documenti che spesso restano del tutto inaccessibili agli spider dei motori di ricerca generalisti.

Accanto a questo spazio oscuro, stanno poi proliferando centinaia di satelliti il cui accesso ai motori di ricerca esterni è proibito all’origine. Parliamo dei social-network alla Facebook che ultimamente hanno tolto la ribalta a blog e altri strumenti di pubblicazione online. Piaccia o meno, è in questi luoghi che oggi gli utenti esprimono le proprie opinioni e passioni, condividono video e portano avanti battaglie politiche. Ricercare simili informazioni spesso non è facile, perché restano per lo più blindate all’interno dei social newtork (che le trattano come beni di loro proprietà). Il che rappresenta un bel problema per Google e la sua ambizione di «rendere disponibile tutta l’informazione del mondo».

In questo nuovo ordine feudale della rete, iniziano però a farsi avanti soluzioni che provano ad andare oltre il paradigma del PageRank (ovvero quanto più una pagina è linkata, tanto più verrà visualizzata in alto tra i risultati) e le keyword (le parole chiave con cui ragionano gli algoritmi di BigG). E’ il cas di Bing, l’ultimo asso calato da Microsoft per recuperare la distanza - che fino a poco tempo fa sembrava incolmabile - da Google. Nato dopo l’acquisizione del motore di ricerca semantico Powerset, Bing è in grado di comprendere il linguaggio naturale. Ad esempio, si può inserire la domanda «Quando è la festa dei lavoratori?» per avere al volo una risposta pertinente, quando invece su Google bisogna giocare con le parole («festa, lavoratori») e aggrapparsi alla voce di Wikipedia quando (e se) esce tra i primi risultati.

Ma c’è di più: Bing non si limita ad offrire una lista di risultati pertinenti, prova anche ad organizzare i risultati secondo criteri tematici. Se si lancia la ricerca «Umberto Eco» a sinistra compare un menù a tendina con cui è possibile filtrare la tipologia di risultato: biografia, interviste, citazioni, personaggi dei romanzi. Se, invece, si è alla ricerca di un biglietto aereo o un nuovo gadget elettronico, il motore intuisce al volo il nostro bisogno e permette di effettuare l’acquisto direttamente al suo interno.

Certo, la tecnologia non è ancora al massimo delle prestazioni (oltre che essere disponibile solo in lingua inglese), ma Microsoft ha certamente fatto molti passi in avanti rispetto al modello Google: come ha spiegato un’analista di Forrester Research, Bing oggi si presenta come «un motore che restituisce risposte, non pagine web».

Una strada, questa, intrapresa in maniera ancora più radicale da Wolfram Alpha, progetto di Stephen Wolfram (matematico noto in ambito accademico per aver realizzato il software Mathematica). Più che come l’ennesimo anti-Google si presenta invece come un «motore computazionale della conoscenza». Non è interessato, cioè, a disperdersi nelle oscure paludi del web, ma soltanto a fornire risultati attendibili e il più possibile esaustivi. Per mantenere queste aspettative, Wolfram Alpha fa perno su una miniera di informazioni statistiche elaborate in maniera intelligente. Basta inserire una data, il nome di una città, una formula matematica, per avere risultati che sempre verificati. L’effetto è quello di una sorta di Wikipedia compilata con scrupolosissima precisione. Wolfram Alpha è un ottimo motore per le conoscenze già organizzate in database. Deve, però, scontrarsi con limiti oggettivi di non poco conto: il corpus di dati su cui si basa è chiuso e quindi limitato solo ad alcuni ambiti; non riuscirà mai a percepire le ultime novità e gli umori della rete.

Così come d’altronde non riescono a farlo né Google né Bing. Tanto che a breve potrebbe aggiungersi un terzo incomodo nella battaglia per il search engine del futuro: Facebook. L’auto-candidatura è arrivata di recente, quando il fondatore Mark Zuckerberg ha confessato qual è il suo prossimo sogno: dar vita ad un «motore emotivo» in grado di fiutare al volo l’aria che tira tra i suoi 200 milioni di iscritti. Volete sapere come la rete ha reagito alla morte di Michael Jackson? Inutile chiederlo a Google o Bing, è su Facebook che si sono riversate migliaia di confessioni, tributi video e fotografici (si calcola che ogni mese gli utenti condividono 4 miliardi di informazioni). E lo stesso vale per altre notizie, come le reazioni ad una manovra economica del governo, il lancio di un nuovo prodotto e via dicendo. Già ora esiste il programma Lexicon che permette di inserire una parola e visualizzare quante persone l’hanno utilizzata (se provate con «happy» saprete quante persone sono felici nel mondo in un dato istante). Per ora si tratta solo di un giochino che però rende bene le potenzialità del «database delle emozioni» di Facebook .

In tutto ciò, il social-network di Zuckerberg dovrà però vedersela con la principale minaccia del momento: Twitter. Anche qui gli utenti stanno accumulando una miniera di informazioni sulla propria vita in tempo reale. E già ci sono decine di motori di ricerca (come Collecta) che forniscono risultati aggiornati in real-time. L’architettura più aperta di Twitter certamente giocherà a sua favore, ma resta sempre da vedere se nel frattempo il leone delle ricerche online (Google) non decida di iniziare a ruggire anche in questo settore. Ammesso che, anche per il futuro, abbia ancora senso limitarci a consultare un unico motore di ricerca generalista.