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 2009  luglio 06 Lunedì calendario

E’ UN PAESE PER VECCHI


Quale sia stata la mano non si sa, ma nel passare dalle aule parlamentari alla stamperia dalla Gazzetta Ufficiale è scomparsa una norma molto cara ai ministri Brunetta e Tremonti. L’avevano chiamata «libera-posti» perché speravano di poter mandare a casa un po’ di anziani fra i dipendenti della pubblica amministrazione: almeno in 7 mila solo nella scuola tra professori e dirigenti. E invece, misteriosamente scomparsa la norma, tutto resta come prima. Vale a dire che in alcuni uffici sembra di essere in un reparto di geriatria invece che in un normale luogo di lavoro. Vige la regola dell’«età alta»: più è elevata, più è diffusa e potente.
A scuola
L’ha detto anche l’Ocse tre settimane fa a proposito della scuola: «L’Italia ha la forza lavoro più anziana tra i Paesi Talis», ovvero buona parte dell’Europa con l’aggiunta di alcuni altri Stati come Brasile e Australia. Il 52% dei professori ha più di 50 anni e solo 3 su 100 non hanno compiuto i 30. La media internazionale invece vede cinque volte più professori under-30 in cattedra.
Non si assume, questo è il problema. A dispetto delle promesse del ministro dell’Istruzione, due-tremila concorsi sono bloccati da mesi e quindi anche nelle aule d’università ad essere titolari dei corsi difficilmente si arriva freschi di laurea. Detta in modo meno diplometico, i docenti italiani sono i più vecchi d’Europa. L’età media dei professori ordinari è di 58 anni, quella dei professori associati è 52 anni e quella dei ricercatori è 44 anni. In base a un calcolo realizzato da uno studioso dell’università di Pisa l’età media dei professori ordinari cresce di circa undici mesi l’anno. Vale a dire che se nel 1975 chi andava in cattedra in media aveva 35 anni, oggi ne ha almeno venti di più. In Europa i professori ordinari in media hanno 43 anni, quindici in meno dei loro colleghi italiani.
Nei tribunali
Stessa atmosfera nelle aule di tribunale, dove i magistrati ordinari hanno in media 58 anni. Un po’ più giovani sono i giudici amministrativi che hanno circa 52 anni. Più si sale nei gradi di giudizio più sale l’età media, nell’ultimo grado si arriva a un’età di circa 66 anni e in Cassazione i consiglieri hanno sui 63 anni. Solo per amore della precisione vale la pena ricordare che la norma libera-posti cara a Brunetta e Tremonti non avrebbe per nulla inciso né su magistrati né su professori universitari, ufficialmente esentati.
Uno dei campi più giovani dovrebbe essere la ricerca. E’ lì che le forze nuove dovrebbero dare il meglio. Dei ricercatori delle università si è visto, quelli degli enti non se la passano meglio. Prendiamo l’Enea, il più grande ente di ricerca italiano. I dipendenti hanno circa 52 anni se sono uomini, 48 se sono donne, vale a dire un’età media totale 50 anni. A dirigerli nessuno che abbia meno di 60 anni: «capi» oltretutto garantiti - unico esempio nell’amministrazione pubblica - da un contratto che permette loro di continuare a ricevere uno stipendio da dirigenti anche quando non lo sono più, e parliamo di cifre intorno ai 100-120 mila euro l’anno. All’Enea qualcosa dovrebbe cambiare prima o poi: entro pochi giorni dovrebbe avere il via il disegno di legge di riforma in discussione al Senato ed entro il mese dovrebbe partire il commissariamento con l’azzeramento dell’intero vertice, a partire dal presidente, Luigi Paganetto, che di anni ne ha quasi 70.
Al ministero

Oppure si può provare a entrare in un ministero. All’Istruzione i dipendenti hanno sui 52 anni. Alla Difesa siamo sui 48-55 anni a seconda dei livelli. I dirigenti hanno circa 55 anni. «L’ultimo ingresso di una certa portata risale al 1989 e gli assunti non erano nemmeno particolarmente giovani», spiega Sandro Colombi, coordinatore della Uil per il dicastero. Al ministero dell’Interno si scopre che 9 prefetti su 10 hanno almeno 55 anni e che gli altri dirigenti invece sono dei giovanotti di 48-49 anni e i dipendenti ne hanno tra i 45 e i 49. «E poi ci chiedono efficienza - afferma Enzo Candalino, coordinatore generale della Uil al ministero -. Se dirigenti, dipendenti e sindacalisti invecchiano si crea un circolo vizioso che non si riuscirà mai a sanare, c’è bisogno di forze nuove». All’Inps è vero che si occupano di pensioni, e quindi sarebbe anche pane per i loro denti, ma i dirigenti di I fascia, i più elevati, hanno oltre 61 anni e quelli di II fascia ne hanno 54 in media.
Insomma è una gran gara a chi ha l’età più alta. In Parlamento non cambia: alle ultime elezioni politiche i capilista avevano tutti sui 60 anni. E nel Pd, lacerato da una lotta all’ultimo sangue per eleggere un eventuale nuovo segretario a sfidare Dario Franceschini (50 anni), sono scesi in campo Pierluigi Bersani di 57 e Ignazio Marino di 54. Portino pazienza quarantenni e trentenni, fra una ventina d’anni arriverà anche il loro momento. www.lastampa.it/amabile
Guido Fabiani di anni ne ha compiuti settanta lo scorso marzo, e da undici è rettore dell’Università Roma Tre. Non è un giovanotto ed è entrato nelle classifiche dei rettori matusalemme visto che è lì da quattro mandati, invece dei due regolamentari, grazie ad una modifica dello statuto interno molto contestata da più parti.
«E’ vero sono avanti negli anni ma ogni comunità, e in particolare le comunità scientifiche, si danno le loro regole. In base alle nostre norme quando si è votato ho ricevuto un ampio consenso. Hanno scelto la persona anziana che sta portando a termine il programma che si intendeva portare avanti».
Non è l’età che conta, insomma.
«L’età è anche esperienza. I giovani sono la benzina più potente per spingere il motore ma un po’ di anziani sono l’additivo necessario per far funzionare a dovere il motore. Bisogna trovare il modo di selezionare gli anziani utili e quelli che non possono esserlo, mandando a casa quelli che risultano solo un peso e un ostacolo all’ingresso di giovani».
All’università i docenti ordinari hanno un’età media di 58 anni.
«E’ necessario svecchiare. La fascia più giovane fra i docenti ha un’età media di 50 anni e questo non è sostenibile, bisogna abbassare quest’età».
Mandare a casa gli anziani non si può e non si fa. Assumere giovani nemmeno.
«Questo è il punto. Il tappo è alla base non in cima. Occorre riaprire gli ingressi di giovani all’interno delle università e eventualmente facilitare anche il pensionamento degli anziani, ma soprattutto aprire le porte ai giovani. Siamo un Paese vecchio proprio perché non permettiamo ai giovani di entrare e esprimere le loro competenze».
Accade in ogni settore, non solo nelle università.
«Non mi stupisce tanto che accada nel caso di magistrati o prefetti, carriere che prevedono il raggiungimento di alcune posizioni proprio dopo molti anni di carriera. Mi stupiscono tutti gli altri, quelli diffusi all’interno dei ministeri e degli enti. Va anche considerato che in Italia il tasso di occupazione è più basso che in altri Paesi e che queste cifre non tengono conto dei precari che hanno un’età più bassa. Mi colpisce che all’Enea ci sia un’anzianità così diffusa ma so anche che l’ente non ha avuto uno sviluppo».