Marco Mobili, ཿIl Sole-24 Ore 6/7/2009;, 6 luglio 2009
LOTTA ALL’EVASIONE, DIECI ANNI AL BUIO
Una promessa da 37 miliardi di euro. Ambiziosa, ma che nessuno- oggi- è in grado di certificare. lapidario il giudizio della Corte dei conti su dieci anni di lotta all’evasione, attività che- secondo i giudici contabili - si è distinta in negativo per la sua straordinarietà accompagnata da un «crescente impiego come strumento di politica di bilancio».
Sta di fatto che dal 1998 al 2008si legge nella relazione della Corte sulla copertura delle leggi adottate nel primo quadrimestre 2009 -il maggior gettito atteso dai provvedimenti di contrasto all’evasione (complessivamente circa 37 miliardi) rappresenta quasi i «due terzi delle maggiori entrate nette complessive di cui erano accreditate le manovre varate con le leggi finanziarie del periodo».
Con un particolare non trascurabile: la lotta all’evasione e il maggior gettito che puntualmente gli viene attribuito sono privi di un’affidabile verifica ex post del maggior gettito ottenuto. Nessuno - né il Parlamento, né l’esecutivo,né la stessa amministrazione finanziaria - potrebbe distinguere quale parte è effettivamente recupero di evasione dagli effetti imputabili al ciclo economico o a fattori normativi, o puramente, dice ancora alla Corte, a errori di stima.
Non proprio osservazioni incoraggianti per un paese che, quando si parla di evasione, deve fare i conti con stime allarmanti: in termini di mancate entrate la sola evasione in campo tributario pesa per il 7% del Pil, che ai livelli attuali del prodotto interno lordo, equivalgono a una perdita per le casse dell’Erario superiore a 100 miliardi di euro.
Dati, questi ultimi, contenuti nell’ultima relazione al Parlamento sui risultati della lotta all’evasione e che sono in attesa di essere aggiornati ufficialmente con la relazione dell’attività condotta nel 2008, non ancora presentata alle Camere dal ministero dell’Economia e che la stessa Corte aveva suggerito di allegare direttamente alla relazione unificata sull’economia e la finanza (Ruef).
Ma torniano al decennio 1998-2008. Di quei 37 miliardi legati al recupero di evasione fiscale sembra quasi perdersi traccia. Il che fa emergere anche un’altra profonda criticità: la sottovalutazione dei requisiti di strutturalità e di continuità nel tempo del maggior gettito conseguito e il conseguente rischio, ad avviso della Corte dei conti, di coprire maggiori spese e sgravi struturali con temporanei e incerti recuperi di evasione.
Un limite, scrivono ancora i giudici, emerso soprattutto quando si è trattato di quantificare la parte dell’incremento di gettito realizzatosi fra un annoe l’altro, quale reale frutto della lotta all’evasione. Ovvero: nessuno sa dire se gli importi restituiti ai contribuenti nel 2000, 2001 e 2007 giungessero davvero dal contrasto agli illeciti fiscali piuttosto che da un più favorevole andamento dell’economia.
L’analisi della lotta all’evasione non soffre soltanto del fatto di essere utilizzata quale strumento straordinario di copertura delle politiche di bilancio, quasi fosse, dice la Corte «una terza via rispetto alla riduzione della spesa pubblica o a espliciti aumenti del prelievo». In discussione finisce anche l’efficacia delle strategie adottate per combattere il fenomeno, basate «su un mix di controlli e semplificazioni, repressioni e compliance ». Il tutto arrivando, però, a centrare soltanto un duplice risultato, ovvero quello di «confondere controlli fiscali con vessazione» e quello di «eccessi di transizioni sull’imponibile evaso scambiati per semplificazioni ». Non del tutto positivo, poi, il giudizio espresso sul largo ricorso dal ’98 a oggi della tax compliance
quale stimolo per l’adempimento spontaneo dell’obbligazione tributaria e con un’attività di controllo che di fatto ha finito per assumere sempre più i connotati del semplice presupposto per una transazione con il contribuente. Un percorso che ha avuto un risvol-to concreto, dicono i giudici contabili: «l’evaporazione dei risultati dell’attività di controllo (per eccesso di transazione) e, più in generale, quelli di una maggiore propensione all’evasione (grazie alla riduzione dei costi derivanti da una possibile scoperta del’evasione)».