Isidoro Trovato, Corriere economia 6/7/2009, 6 luglio 2009
LA «STELLA ROSSA» RISPONDE ALZANDO IL TARGET DEI CLIENTI
Gli italiani sono senza dubbio il popolo che più d’ogni altro in Europa crede al detto che «nulla disseta più di un bicchiere d’acqua». Stando ai dati ufficiali, gli italiani bevono in media 192 litri d’acqua l’anno contro una media europea di 103. Ciò spiega anche perché in Italia operano 150 aziende che commercializzano 300 marchi d’acqua minerale. Nel 2008 però in Italia il settore delle acque minerali, dopo 10 anni di crescita costante, nel 2008 ha fatto registrare una flessione dell’1 per cento. «Si tratta di un risultato tutto sommato soddisfacente, se si considera la contrazione dei consumi e la crisi economica dell’ultimo anno e mezzo» afferma Stefano Agostini, 45 anni, venti dei quali spesi nel mercato delle acque. Da tre anni è amministratore delegato e presidente di San Pellegrino. L’azienda, appartenente al gruppo Nestlé, da marzo a maggio è stata impegnata a gestire un importante piano di ristrutturazione aziendale dovuto a una contrazione del mercato acque minerali in Italia e alla minaccia dei dazi Usa sulle acque italiane, poi fortunatamente ritirati. «In effetti – continua Agostini – la ristrutturazione prevedeva oltre 280 esuberi, ma attraverso il dialogo con le parti sociali si è riusciti a superare il momento di crisi senza ricorrere ai licenziamenti e con il solo utilizzo di ammortizzatori sociali. Ma si è trattata di una situazione non generata dal mercato. In quel senso, anzi, siamo cresciuti nella considerazione dei consumatori di tutto il mondo».
Forse non è un caso che un gigante come Coca Cola consideri proprio le acque minerali il vero competitor sul mercato italiano. «Questo è anche frutto dei prezzi delle acque – precisa Agostini – l’Italia è il Paese europeo con la media prezzo più bassa, il che rappresenta una bella concorrenza anche per le bibite. Il 2009 poi si delinea come l’anno in cui le minerali continueranno a tenere mentre c’è una sensibile flessione, meno 10 per cento, del consumo di bibite in bar, ristoranti e alberghi, anche se noi continueremo a puntare sull’abbinamento con l’alta gastronomia».
Come se non bastasse, ai motivi di tensione derivanti dal mercato, si è aggiunta la contrapposizione con le acque potabili che molti sindaci vorrebbero sostituissero quelle imbottigliate. Anche, e soprattutto, per un più facile smaltimento dei rifiuti e un migliore impatto ambientale.
«Ma acque minerali e acque potabili sono prodotti diversi e diversa è anche la normativa che li regola – puntualizza l’ad di San Pellegrino – le minerali sono imbottigliate alla fonte non possono essere trattate e quindi non sono soggette alla qualità e alle caratteristiche della rete idrica. Non a caso noi siamo considerati all’estero tra i prodotti più rappresentativi del BelPaese ». Resta il nodo della sostenibilità ambientale.
«Certo, ed è verso questa direzione che indirizzeremo i maggiori sforzi per avere trasporti innovativi e meno inquinanti e soprattu tto contenitori biodegradabili».
Qualche soddisfazione arriva anche dal mercato italiano delle bibite, considerato che, escludendo il segmento cole, San Pellegrino è il terzo player, secondo per le aranciate in generale, il primo nel segmento «aranciate amare» e per il chinotto. «Inoltre – aggiunge Agostini – le nostre bevande nel 2008 hanno registrato un aumento dell’export Usa pari al 50 per cento. Per carità, neanche una scalfittura ai giganti della cola, ma una bella soddisfazione per noi».