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 2009  luglio 06 Lunedì calendario

La non-banalità del Male L’Iran di Ahmadinejad e degli ayatollah: una passione necrofila per la Distruzione Le Sfingi, selvagge cagne, percorrono i cieli dove un potere maligno soffoca ogni tentativo di gente inerme e intelligente per sollevarsi dalla passività a un cumulo di catene, che ogni volta più pesanti ricadono

La non-banalità del Male L’Iran di Ahmadinejad e degli ayatollah: una passione necrofila per la Distruzione Le Sfingi, selvagge cagne, percorrono i cieli dove un potere maligno soffoca ogni tentativo di gente inerme e intelligente per sollevarsi dalla passività a un cumulo di catene, che ogni volta più pesanti ricadono. Ma perché vince sempre, dovunque ci sia un esito, il Male? Per tirarsi fuori dall’equivoco, dal fraintendimento degli eventi, volendo pensare questa lurida e abbagliante vicenda iraniana schivando più che si può quanto si è costretti a orecchiare di opinionologia, il Male, e il suo pugno tremendo calato sulle indomabili disperazioni umane, è il giusto soccorso referenziale. (Per averne un’immagine, vedere il Colosso di Goya del 1808, meditando su questo e il terrore senza tempo su cui il pugno impende). L’applicabilità della sciocca, perfino indecente definizione filosofica del male come banalità diventa spontanea nel caso di quella riunione di pallori spettrali di Trieste, che tra uno stuolo di giovani in aura di martirio e un inferocito potere sterminatore ha emesso una poltiglia di parole compunte per pregare il male di salvaguardare se stesso mettendosi un paio di guanti sugli artigli, senza curarsi di un martirio popolare che avrebbe potuto disturbarne le digestioni. Il male come banalità era nei giorni scorsi a Trieste coi mondialministri; il male con faccia cosmica trascendente, temporaneamente assunta dal regime nazionalislamista, era nella capitale iraniana - ed è là tuttora. Il mio fiuto medicale (non la competenza!) trova che in queste riunioni verticiste (G8, G20, G200) parlino dei malati di gravità variabile, il cui sistema immunitario è generalmente compromesso, o addirittura esaurito. Hanno questa sola giustificazione alla loro cronica incapacità di affrontare le sfide del male e dell’insolubilità, l’Arimane che è nelle piazze, il Colosso che ci sta sopra: non ce la fanno per debolezza, e perché il male, per vincere come gli piace dove gli piace, li vuole così, complici fiaccati e preoccupati, rappresentanti di poteri che a loro volta, anche lontano lontano, hanno la flebo piantata nello stesso braccio dal pugno alzato. C’è del Teheran dovunque, cari ragazzi insorti, come c’è del vispo G8 nelle nostre scorpacciate di cibo contaminato. Trafficano armi e sono mentalmente in disarmo perpetuo. La libertà occidentale di voto, variamente garantita, sbocca sempre in balletti di spettri asserviti. Senza brogli, infallibilmente... Indimenticabili giorni di passione per l’Ungheria in rivolta, nel 1956! Allora era la Radio, a diffondere fino all’ultimo le trascinanti e tragiche notizie; i giornali avevano corrispondenti entusiasmanti, il tempo non era ancora stato modificato dai teleschermi, oggi superati, travolti dall’infoblog virtuale e reale, che devo sforzarmi di capire. Quel che avviene è, sul punto di generarsi come accadente, documento di accaduto. Nella Rete il tempo, nella sua usuale tripartizione, è abolito e sostituito da una irradiazione di testimonianze dove indifferentemente c’è e non c’è affatto interesse a riceverle. Un potere maligno ha bisogno di saldarsi col tempo, di avere un rapporto con quanto accade per piombarci sopra e annientarne la minacciosità (in seguito, con filze di condanne a morte respirerà di sollievo, per quello spenzolare di pendolo che ristabilisce il segnale tranquillizzante del tempo): ma il blog, in cui il tempo è soppresso, inquieta il male fino allo spasimo: lancia tra la folla le sue squadracce omicide, ma i loro manganelli e coltelli non raggiungeranno mai il blogger silenzioso e nascosto che nell’assenza di tempo calcolabile ha già veduto tutto quanto non doveva essere visto, il furore dei repressori e il sangue delle vittime innocenti. Il male vince ma non è più al riparo da nulla: oggi le camere a gas sarebbero viste a New York nell’istante in cui le file dei prigionieri condannati sono viste nel binocolo di Fritz Stangl. Si può parlare di un denudamento del male, della sua condanna all’impossibilità di nascondersi, di smentire i fatti. La Rete, pur essendo del tutto indifferente al bene e al male, agisce da Némesis giustiziera senza che Némesis sia svegliata nel sonno. Mi domando se al Cremlino si è lucidi o orbi: la distruttività ossessiva di Ahmadinejad e degli ayatollah non comprende soltanto Israele: al fondo di questa designazione paranoide c’è una passione necrofila per la Distruzione da cui la Russia, malcauta loro alleata, non si salverebbe. Per strana ottusità paleosovietica e specialmente staliniana, la Russia di Putin permette il riarmo nucleare di un Iran nave impazzita, dove tutto il buon senso, tutto il fiore della saggezza stanno dalla parte dei giovani che hanno detto in famiglia: «Scendo anch’io in piazza» e si sono trovati di colpo là, su un altare sacrificale, ad agitare contro il male le loro mani nude.