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 2009  luglio 04 Sabato calendario

CHEB MAMI

(Ahmed Khelifati Mohamed) Saïda (Algeria) 11 luglio 1966. Cantante • «[...] star del raï che fino a qualche anno fa faceva cantare e ballare senza sosta le folle dei suoi ammiratori. [...] nel 2003 era stato insignito dal presidente Chirac con l’Ordre National du Mèrite (premio al ”talento di un grande artista che ha fatto conoscere il raï al mondo intero”) è finito sul banco degli imputati con l’accusa di violenze aggravate per aver tentato con la forza di far abortire la sua ex compagna. Davanti ai giudici, quello che veniva chiamato il principe del raï non ha saputo trovare le parole che gli uscivano dalla bocca a raffica durante i concerti. Ha balbettato delle scuse, ha chiesto perdono fra le lacrime, se l’è presa con il mondo intero, la sua cultura e la sua religione. [...] I giudici non hanno infierito [...] in cella per cinque anni. [...] Il fattaccio che porta dietro le sbarre il cantante franco algerino risale al 2005. In quel periodo Cheb Mami, nome d’arte di Mohamed Kelifati, ha una relazione con una fotogiornalista francese. I due si sono incontrati nel 2004 quando la donna (che la stampa francese chiama con il nome fittizio di Camille) stava realizzando un reportage sul raï, un genere che fonde la musica popolare dell’ovest algerino con il pop elettronico occidentale. Quando i due si incontrano Cheb Mami è ai vertici della popolarità. Ha venduto centinaia di migliaia di dischi e cassette, ha duettato con artisti come Sting e Zucchero. Mami è già padre di un ragazzo di 8 anni, nato da un matrimonio poi naufragato. Nel luglio del 2005 Camille annuncia al compagno di essere incinta. Lui diventa una furia. Non vuole il bambino. Dice che per la sua cultura e la sua religione un figlio illegittimo sarebbe ”un disonore”. Le chiede di abortire, magari in Francia o in Inghilterra, è disposto a coprirla di soldi, ma niente bambino. Lei rifiuta. Non ci sta. A questo punto Cheb Mami prende una via senza ritorno. Per risolvere la faccenda si affida a tre suoi collaboratori. Uno è il suo manager Michel Lecorre, alias Michel Levy. Gli altri sono Hicham Lazaar e Abdelkader Lallali. Alla fine di agosto del 2005 i tre organizzano una trappola per Camille. La invitano ad Algeri per un viaggio di lavoro. La portano in una villa vicino al mare, la drogano e poi è l’inferno. La testimonianza della donna è scioccante: ”Mi hanno portato in una stanza e hanno cominciato a insultarmi. Abdelkader mi ha gridato ”lurida cagna, puttana, è tutta colpa tua’. Mi hanno buttata su un materasso, mi hanno sfilato i pantaloni e mi tenevano ferma. C’erano due donne. Una stava a cavalcioni sul mio ventre, mi hanno messo le mani nella vagina…”. Al mattino Camille è ormai convinta di aver perso il bambino, ma rinuncia ad andare dalla polizia perché sa che Cheb Mami è protetto dal presidente della Repubblica Abdelaziz Bouteflika. Il cantante è convinto di aver risolto la faccenda. Nel novembre del 2005 viene registrata una sua telefonata nella quale grida alla donna: ”Ho visto il sangue, te l’hanno grattatto via con le dita e mi hanno portato una cosa che sembrava un fegato…”. Ma quel grumo di sangue non era il figlio indesiderato. Un’anomalia della donna, l’utero retroverso, ha garantito la sopravvivenza del feto. Nel marzo del 2006 nascerà, grazie al taglio cesareo, una bambina che oggi gode di ottima salute. Camille denuncia Cheb Mami il 21 novembre del 2005. Lui è convinto di avere le spalle coperte. Cerca di comprare il silenzio della donna offrendole dei soldi, che lei rifiuta. Intanto il cantante, nel settembre del 2006, si risposa con una ragazza algerina di 19 anni (i due ora hanno un figlio [...]). Ma il 25 ottobre del 2006, quando Cheb Mami atterra a Parigi con un volo proveniente da Orano, trova ad attenderlo la polizia. Passa tre mesi in galera con l’accusa di violenza volontaria, sequestro e minacce. Esce pagando una cauzione di 200 mila euro e se ne torna in Algeria. Da lì concede una’intervista in cui denuncia di essere vittima di un ”complotto antiarabo” e recrimina di ”aver seguito i cattivi consigli di quell’ebreo”, cioè il suo impresario Michel Levy. Quando il 29 giugno 2009 atterra a Orly, Cheb Mami trova ancora la polizia che lo aspetta. I tempi sono rapidi. Due giorni in cella, poi il processo in una sola udienza. In aula Cheb Mami non trova più scuse. Ammette le sue colpe. Grida che gli dispiace: ”Je regrette”, ripete come un disco rotto. ”Je regrette”. Sarà l’ultimo ritornello della sua carriera» (Roberto Zichittella, ”Il Riformista” 4/7/2009).