Francesco Grignetti, La Stampa 04/07/2009, 4 luglio 2009
LA NUOVA VIA DEL BUSINESS
L’hanno chiamata «la nuova via della seta» ed è una prospettiva un po’ immaginifica, ma non così lontana dalla realtà. Se un tempo dall’Oriente arrivavano le spezie, ora è il traffico dei dati a correre lungo il pianeta. E tanti passano per l’Italia. La Sicilia, in particolare è tornata ad essere il crocevia del mondo. Attraverso gli snodi della rete telefonica siciliana, infatti, passano buona parte delle comunicazioni di Africa e Asia che hanno bisogno di collegarsi al resto del mondo. La rete di Internet, infatti, passa attraverso alcuni snodi, detti «Pop», che si trovano nelle città. Ma poi questi «Pop» devono collegarsi tra loro. «E la novità - dice l’ingegnere Stefano Mazzitelli, amministratore delegato della società Sparkle di Telecom Italia - è che da qualche anno il traffico generato dall’Oriente non soltanto è in crescita tumultuosa, ma preferisce orientarsi verso Ovest, cioè verso il Mediterraneo, piuttosto che nella tradizionale rotta verso Est e l’America. Dal 2008 l’Italia è diventato il primo hub dei dati Internet per l’Africa, superando Francia e Gran Bretagna. Il 48% del loro traffico passa per la Sicilia».
Sparkle è una società del gruppo Telecom Italia che negli ultimi cinque anni ha investito seicento milioni di dollari nello sviluppo di una ragnatela di cavi sottomarini in fibra ottica, in grado di far correre i dati alla velocità della luce e in quantità impensabili finora. Per ogni cavo corrono sei coppie di fibre ottiche e ciascuna supporta tre volte quello che servirebbe all’Italia per le sue comunicazioni Internet mondiale. Risultato: l’intero traffico di Israele, della Libia, dell’Egitto, metà traffico di Tunisia e Algeria, buona parte di quello di India e Pakistan, in pratica quasi tutta l’Africa e il Medio Oriente, passano per i suoi piccoli cavi (diametro di 15 centimetri circa) posati in fondo al Mediterraneo. Naturalmente non c’è solo Sparkle. Ma i suoi cavi fanno buona concorrenza a quelli di France Telecom, che collegano direttamente il Maghreb a Marsiglia, e a quelli dei consorzi «IMEWE» e «SMW4», dove peraltro è presente di nuovo Telecom Italia.
«Grazie ai nostri investimenti - dice ancora Mazzitelli - possiamo garantire agli operatori telefonici di tutto il mondo un’adeguata velocità e la sicurezza di accedere ai grandi centri dell’Europa». Inutile passare per Turchia o Grecia, le loro reti telefoniche non sarebbero in grado di reggere così tanto traffico. Ed è un problema di costi (Sparkle incassa oltre cento milioni di euro all’anno per il servizio), ma anche di qualità. Tanto che l’India e il Pakistan non hanno esitazioni a indirizzare il loro traffico per il Mediterraneo e per gli snodi di Catania, Mazara e Palermo. E’ solo l’Oriente più lontano, cioè la Cina o la Malesia, che trovano più conveniente attraversare il Pacifico.
Tutto ciò ha reso di nuovo il Mediterraneo importante. Quantomeno nel mondo delle telecomunicazioni. «Il satellite non può assolutamente garantire queste velocità e questi costi, - dice ancora Mazzitelli - ed è così che siamo tornati al Mare Nostrum». E altre infrastrutture sono in arrivo. Stanno posando sul fondo del Golfo Persico il cavo «IMEWE» che darà ancor più impulso al collegamento tra Mediterraneo e India. E’ stato appena siglato un contratto con un operatore indonesiano che per collegarsi alla Grande Rete Internet ha preferito passare per Palermo.
Vista l’accresciuta importanza del Mediterraneo, ci vorrà però un po’ più di cautela in questo nostro mare tanto bistrattato. Specie nel punto più a rischio, ovvero quando i cavi devono emergere dalle profondità e incontrarsi con la rete in terraferma. Nell’ultimo anno è già successo per due volte che i cavi telefonici sottomarini siano stati tranciati da ancoraggi sbagliati. Una volta l’Egitto è rimasto isolato per mezza giornata. In Rete, al proposito, s’incontrano già ipotesi dietrologiche, del tipo «sono prove di terrorismo informatico» oppure «è il sabotaggio dei Paesi ricchi ai danni di quelli poveri». Mazzitelli ne ride, ma fino a un certo punto: «Prove di sabotaggio non ce ne sono, ma naturalmente questa è una materia particolarmente sensibile e quindi le nostre infrastrutture sono ben protette, sia fisicamente, sia con software adatto».