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 2009  luglio 03 Venerdì calendario

QUEL PEZZO DI FERRO PER LEGGE SENZA CONTROLLO


D’accordo, l’esplosione. E prima la fuga di gas, l’asse del treno spezzato e ancora prima il deragliamento. La ricostruzione delle responsabilità di una strage è un film che corre all’indietro fino alla scena iniziale. Ma per arrivare alla causa determinante della tragedia di Viareggio bisognerà riavvolgere la pellicola fino all’oggetto più innocuo del mondo: un pezzo di carta. Poche righe, un paragrafo sommerso tra milioni di leggi e regolamenti tedeschi e comunitari. Sembra che da quella norma abbia preso le mosse l’intreccio di circostanze che ha incrociato un vagone difettoso, una punta di metallo capace di perforarne la cisterna, 90 metri cubi di gpl pronti a diffondersi nell’atmosfera. E alla fine di questa catena assurda si sono ritrovate 19 persone, sorprese mentre dormivano, guardavano la televisione, mangiavano il gelato.
La società proprietaria dei vagoni del treno 50325 è la Gatx. Un colosso americano che deve obbedire alle norme del paese dove sono immatricolati i suoi vagoni (molti in Germania). E - secondo indiscrezioni sulle indagini condotte dalla procura di Lucca - la legge impone che la revisione dei vagoni si compia attraverso un’analisi con gli ultrasuoni dell’asse di metallo che regge le ruote, e sembra che la norma preveda di controllare solo porzione interna, compresa tra le due ruote, la più esposta ai cedimenti. Il difetto di fabbricazione nel caso di Viareggio è invece nella residua porzione di metallo. Un caso su un milione, ma questa circostanza adesso non consola, anzi, spreme ancora più rabbia. Disperazione.
«Ci sentiamo di escludere che la tragedia sia stata provocata da un atto terroristico», ha detto ieri il procuratore di Lucca, Aldo Cicala senza sbilanciarsi sulle cause dell’incidente. In realtà la pista sembra una sola: il cedimento strutturale dell’asse anteriore del primo vagone. Una parziale conferma è sembrata arrivare ieri pomeriggio dal professor Paolo Toni, uno dei maggiori esperti di tecnologia dei trasporti, il super perito scelto dalla Procura per compiere gli accertamenti. E Toni, sotto un sole cocente, ha passato ore e ore a studiare ogni centimetro dei binari. Alla fine un primo responso confidato ai collaboratori: «La scena è di una grandissima devastazione. E’ evidente il cedimento strutturale dell’asse». Sono emersi, come qualcuno sosteneva, danni a rotaie, scambi o cedimenti della massicciata? «No, nulla di tutto questo, almeno finora. Di sicuro il vagone deragliando ha danneggiato per decine di metri le traversine di cemento della linea», ha spiegato Toni guardando i binari e il paesaggio ancora spettrale intorno alla stazione: a sinistra ecco via Ponchielli, che gli inquirenti hanno deciso di sequestrare.
Insomma, il quadro che consentirebbe di individuare la causa ultima della strage si consolida. Ma il fuoco immane di Viareggio ha infiammato anche tante questioni finora dimenticate. Intanto al termine delle indagini e dei processi - tra leggi e contratti di tanti paesi diversi - è difficile dire chi si ritroverà con la miccia tra le dita: pagherà davvero qualcuno per il disastro di Viareggio? «Fino a dieci anni fa - spiega Alessandro Rocchi, segretario nazionale della Filt-Cgil - per affittare vagoni privati ci si rivolgeva a una sola impresa. Quando il sistema si è aperto è diventato incontrollabile. Non si riesce a capire di chi sia la responsabilità».
Intanto Mauro Moretti, amministratore delegato delle Ferrovie, chiarisce: «Noi non ci sentiamo responsabili». Ma è facile perdere il filo e ritrovarsi a mani vuote: i vagoni sono costruiti da tedeschi e polacchi, di proprietà di una multinazionale Usa, noleggiati da una società italiana, trasportati da Trenitalia. Il passaggio chiave, però, è quello legato alla manutenzione, realizzata dalla Cima, società italiana leader nel settore: «Quando i nostri tecnici hanno controllato il vagone, hanno riscontrato che una coppia di ruote non era utilizzabile. Era scarta, come si dice in gergo», racconta Elisa Rocca della Cima. Quindi? «La Gatx ha inviato in Italia un’altra coppia di ruote che erano già stata certificate. Noi ci siamo limitati a montarle», spiegano alla Cima. Forse il filo del destino ha cominciato a sciogliersi qui: l’asse era collaudato d’accordo, ma secondo la legge straniera. Niente lastra quindi dove si nascondeva la fessura che ha provocato la strage.
Moretti ieri ha rivelato altri particolari utili alle indagini: «Il carro è stato omologato nel 2004 ma la componentistica di sicurezza è molto più antica, risale al 1974 e risulta fabbricata in Germania Est». Insomma le Ferrovie sembrano prendere nettamente le distanze dal gruppo Gatx. Tanto che «da ieri - come viene comunicato - sono stati sospesi i trasporti con carri di proprietà della società Gatx e la relativa circolazione sulla Rete Ferroviaria Italiana. Questo provvedimento sarà mantenuto in vigore fino a quando non verranno fornite da Gatx informazioni certificate e chiarimenti sulla componentistica dei carri utilizzati per il trasporto merci». Subito la replica della Gatx: «Riteniamo la decisione di Ferrovie ingiustificata». Dubbi sulla manutenzione dei vagoni, lasciano intendere le Ferrovie. E quella saldatura nell’asse di cui si era parlato nei giorni scorsi? «Non è vero, non c’era nulla. C’è stato soltanto un cedimento». Nessuna saldatura, quindi. Anche l’ipotesi della ruggine che si è mangiata il metallo non convince Cicala e il procuratore generale della Toscana, Beniamino Deidda. Ma l’asse si è rotto, questo si può dire. E si può aggiungere che se fosse stato controllato tutto, non soltanto la porzione richiesta dalla legge, forse alla stazione di Viareggio non sarebbe successo nulla. Venti centimetri di metallo passati agli ultrasuoni per salvare 19 vite.