Alessandra Farkas, Corriere della sera 3/7/2009, 3 luglio 2009
PERCHE’ SAVIANO E LITTELL NON PIACCIONO AGLI STATUNITENSI
Jonathan Galassi, l’editore che pubblica negli Usa Moravia e Leopardi
NEW YORK – La Farrar Straus e Giroux (FSG) che dirige da anni è la regina delle case editrici americane; un gioiello in un’industria sempre più assediata. «Cerco di non tradire la filosofia della qualità dei fondatori Roger Straus Jr e John Farrar», minimizza Jonathan Galassi, che nonostante di italiano abbia solo il nonno paterno (immigrato in America nel 1900 dal Molise), si è sempre identificato con la cultura del nostro Paese, di cui è grande studioso.
Sfidando le bestseller list , Galassi è uno dei pochi che si ostinano a pubblicare autori italiani in America. Alberto Moravia, Carlo Levi, Giuseppe Tomasi di Lampedusa ma anche Melania Mazzucco, Mariolina Venezia, Giorgio Vasta e Valerio Magrelli. Ma uno dei suoi libri più recenti, Gomorra di Roberto Saviano, qui non è andato come sperava. « brillante e commovente, ma troppo italiano – spiega ”. La nostra letteratura di mafia, dal Padrino ai Soprano , guarda al dramma umano, non sociopolitico ».
Ma se all’americano medio non interessa sapere come vivono, soffrono e muoiono gli italiani (mafiosi e no), in Italia molti bestseller continuano a essere made in Usa. «La popolarità dei nostri autori oltreoceano è un residuo della vittoria americana nella Seconda guerra mondiale e del derivante imperialismo economico statunitense – teorizza Galassi ”. Ciò è vero soprattutto nel Belpaese».
Cosa pensa Galassi degli autori italiani nel Canone Occidentale di Harold Bloom? «Condivido le scelte di Harold, per nulla eccentriche. Anch’io amo D’Annunzio, Pirandello, Saba, Primo Levi, Pasolini e Natalia Ginzburg. Ma al contrario di Bloom, apprezzo Montale più di Ungaretti e non penso che Quasimodo sia all’altezza degli altri».
Proprio in questi giorni Bloom sta ultimando per FSG un saggio sull’anatomia delle influenze letterarie che includerà un ampio capitolo su Leopardi, di cui Galassi pubblicherà nel 2010 i Canti (tradotti da lui stesso) oltre alla prima edizione completa in lingua inglese dello Zibaldone (nel 2012). «Insieme con Manzoni – dichiara – Leopardi è una delle figure centrali della letteratura mondiale del diciannovesimo secolo». Oggi quell’onore viene spesso attribuito ai suoi autori, da Jonathan Franzen («La sua grande fortuna in Italia è dovuta anche alla bravissima traduttrice Silvia Pareschi ») a Roberto Bolaño, vincitore del prestigioso National Book Critics Circle Award per 2666 , che solo in America ha già venduto oltre 150mila copie.
In una recente intervista un altro dei suoi autori, Mario Vargas Llosa, ha definito il premier Silvio Berlusconi «l’ultimo caudillo , ma democratico». «Berlusconi vara leggi ad hoc, vantaggiose al suo impero multimediale – prosegue ”. Come Murdoch, egli è un opportunista che corteggia sia destra che sinistra, anteponendo sempre e comunque il business all’ideologia. Però Murdoch è meno potente perché non ha mire politiche ».
I fenomeni di concentrazione editoriale, comuni in tutto il mondo, lo inquietano. «Temo la scomparsa delle piccole case editrici, inghiottite dai colossi. I piccoli, soprattutto se in gara tra loro, sono più ospitali alla letteratura dei ’conglomerati’ a caccia di bestseller». E se la rivoluzione digitale viene paragonata a quella di Gutenberg, non significa che il mondo legge di più. «Le distrazioni sono troppe e la gente ha meno tempo per i libri che pubblichiamo sempre meno».
La panacea salva-libro non sarà però Kindle. « antiestetico e personalmente non lo uso, anche se mi accuseranno di essere vecchio, un reduce della generazione di fax e macchine per scrivere, quando le librerie spuntavano pure nei ghetti». Prima l’esodo dei lettori, poi quello degli autori. Nel gennaio 2008 Galassi ha perso una delle sue star più note, Tom Wolfe, che dopo 42 anni e tredici libri con la FSG lo ha tradito per Little Brown, bollando come «insufficiente » l’anticipo ricevuto per Back to Blood . «Tom è il classico esempio dell’autore che a un certo punto non vende più libri ma rifiuta di cambiare lo stile di vita sfarzoso – ironizza ”. Per quanto mi riguarda giudico folle strapagare un libro che nessuno compra».
La sua politica è sottrarsi, per quanto possibile, alle superstar tipo Dan Brown o Stephen King, che accentrano su di sé tutte le risorse economiche dei loro publisher, lasciando le briciole ad autori di maggior talento. «I compensi record risalgono agli Anni 80, quando gli scrittori si sono trasformati in movie star : un raccapricciante fenomeno della nostra celebrity culture ». Ma non tutte le star sono esportabili. Basti pensare a Jonathan Littell, reduce dai trionfi francesi e massacrato in Usa. «Il puritanesimo politically correct dell’America
questa volta non c’entra – assicura Galassi ”
Le Benevole di Littell è un libro eccessivo, opportunista e in sostanza orrendo, a metà tra parodia e pastiche.
Troppo espressionista per noi, abituati a una fiction ben più naturalistica. L’avevano proposto anche a noi, ma mi sono guardato bene dal mercanteggiare. Meno male, visto che qui è un flop». Può l’Europa insegnare ancora qualcosa all’editoria Usa? «Dell’Italia ammiro i tascabili in edicola e gli innumerevoli premi letterari che aiutano a far conoscere libri e autori – replica Galassi ”. Anche se l’Italia funziona con il sistema della raccomandazione, da voi la cultura è onorata come qualcosa di sacro: un approccio da cui l’America può solo imparare ».
A suo avviso, anche le case editrici italiane sarebbero ancora «gestite da gentiluomini ». Un complimento se viene da quello che è stato ribattezzato «l’ultimo grande gentleman delle lettere Usa». L’unico che prima di andare a letto legge poesia. «Un genere mai morto che da noi continua a fare profitti». vero che Internet ucciderà l’editoria? «Finché ci saranno scrittori, ci saranno editori », ribatte ottimista, precisando che «l’ultimo mestiere a morire sarà quello dell’editor, perché l’autore ha bisogno di lui o di lei per rendere il suo libro il più avvincente possibile. Condicio sine qua non per trasmetterlo poi al resto del mondo».