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 2009  luglio 03 Venerdì calendario

QUANDO WALL STREET SEGUE MAIN STREET

Se il gioco è calibrare l’andamento di Wall Street con quello di Main Street, ossia dell’economia americana, il pesante ribasso subito ieri dalla Borsa di New York appare più che giustificato. L’aumento delle persone che hanno perso il lavoro a giugno è andato ben oltre le attese e soprattutto il dato (467mila) è nettamente peggiore di quello del mese precedente. Per questo l’S&P500 ha perso il 2,91% (-2,67% il Nasdaq) e di conseguenza sono caduti del 3% circa anche i mercati europei che fino alle 14.30 stavano viaggiando con una contenuta flessione. L’indice Stoxx è calato del 2,55%, in linea con Milano (-2,65%) e Londra (-2,45%); ma Parigi ha sacrificato il 3,13% e Francoforte il 3,81 per cento.
La reazione delle Borse sembrerebbe un po’ eccessiva, poiché il dato sulla disoccupazione è un indicatore ritardato della crisi e per questo ha scarsa valenza previsionale. Tuttavia, con mercati che erano già piuttosto deboli in mattinata, e soprattutto erano in calo quelli delle materie prime, quei 122mila posti di lavoro in più persi rispetto a maggio hanno finito per esacerbare l’umore degli investitori. Inoltre, se si entra nel dettaglio dei dati, ci si accorge che vi sono reali motivi di preoccupazione. Perché, se il settore manifatturiero ha visto svanire solo 136mila posti di lavoro, nettamente meno dei mesi precedenti, la grande emorragia è arrivata proprio dal settore dei servizi. E non è cosa di poco conto, visto che i servizi contano per circa il 75% nella formazione del Pil Usa e qualche punto in più in termini di occupazione.
E mentre nell’attività manifatturiera ci sono segnali di un forte rallentamento della crisi, al punto che gli economisti dell’Ism stimano una tiepida ripresa fra circa tre mesi, in quella non manifatturiera non si vedono ancora cenni di miglioramento e l’indice che la misura si mantiene sugli stessi livelli dei mesi passati. Al riguardo sarà importante osservare la nuova rilevazione mensile, attesa nella prossima settimana. Ma ci sono altri elementi che preoccupano nei dati relativi al mondo del lavoro: il fatto che i guadagni medi non siano affatto cresciuti (la stima era per un +0,1%) e che la media delle ore di lavoro settimanali sia scesa a 33, che è il livello più basso dal 1964. In queste condizioni è difficile pensare che si torni ad assumere personale nei prossimi mesi.
Il gioco di Wall Street è anche lo stesso che si fa su tutti gli altri mercati finanziari: soprattutto in quelli delle materie prime. La prospettiva di un recupero più tenue e più lontano dell’economia mondiale ha fatto parallelamente scendere le Borse (-0,64% anche per Tokyo,- 1% per il Bovespa brasiliano) e i prezzi di quasi tutte le materie prime: dal rame (-1,2%), al petrolio calato a 66,7 $ dai 69,3 di mercoledì. E come succede in questi casi, il dollaro si rafforza su euro (1,40) e sullo yen, mentre recuperano un poco i titoli di stato, con i rendimenti che di conseguenza scendono di qualche punto (al 3,5% per i Treasury decennali Usa).
A proposito di rendimenti, è arrivata ieri anche una buona notizia. L’ha data Freddie Mac comunicando il tasso dei mutui trentennali al 5,32%, in calo di 10 centesimi rispetto alla precedente settimana. Tassi più bassi sono infatti la panacea per l’asfittico mercato immobiliare americano, come ha dimostrato il continuo calo nella domanda di mutui casa. Inoltre, non va dimenticato che il clima quasi festivo di New York (oggi la Borsa è chiusa alla vigilia della celebrazione del 4 luglio) ha assottigliato alquanto il volume degli scambi. E questo potrebbe spiegare perché i titoli a media capitalizzazione (-3,6% l’indice Russel 2000) abbiano perso ieri ben più delle blue chip.