Axel Leijonhufvud, la Repubblica 2/7/2009, 2 luglio 2009
IL SISTEMA FINANZIARIO NON FUORI PERICOLO
Il piano per le riforme finanziarie dell´amministrazione Obama è politicamente ambizioso. Contiene molte misure che in tempi più normali susciterebbero vivaci controversie e in più di un caso dure lotte nel Congresso. Questi tuttavia non sono tempi normali.
Promette questo piano di fare ciò che deve essere fatto? Per una serie di problemi specifici, la risposta è sì. Tra questi spicca il fatto che si ristabilisce una certa logica e un certo ordine strutturale nel sistema della regolamentazione, lasciato andare allo sbaraglio una decina di anni fa, quando si consentì alle società finanziarie di essere presenti in ogni campo superando tutti i paletti, senza accompagnare ciò da alcun tentativo di adeguamento normativo. Nel piano Obama, il consolidamento delle funzioni regolatrici promette di risolvere questo problema. L´ente di controllo della valuta e l´ufficio per la supervisione del risparmio confluiscono in una nuova authority; alla Federal Reserve sono attribuiti dei poteri speciali affinché possa regolamentare l´attività delle società "grandi e interconnesse"; gli hedge fund dovranno adempiere a nuovi requisiti per i resoconti e saranno supervisionati dalla Sec; sono contenute delle proposte per la regolamentazione dei cds e di tutte le altre forme di derivati; affronta il gravoso problema della cartolarizzazione del tipo "crea e diffondi", esigendo che l´emittente conservi il 5% della emissione iscritto nei propri libri contabili; propone una nuova authority ideata per mettere i supervisori in grado di gestire in maniera ordinata il fallimento di aziende di importanza sistemica, quale Lehman Brothers; dà vita a un nuovo consiglio supervisore dei servizi finanziari costituito dai presidenti delle principali agenzie di regolamentazione e presieduto dal ministro del Tesoro.
Le proposte appaiono tutte di buon senso. Sullo sfondo però resta la Grande Domanda: se queste misure saranno attuate nella loro totalità, il sistema sarà blindato dal rischio fallimento?
Negli Stati Uniti, il dibattito tra chi ritiene adeguate le misure fiscali e monetarie tese a stabilizzare l´economia e chi è convinto che siano andati oltre lo scopo continua. I primi temono una recessione prolungata di tipo giapponese, gli ultimi una inflazione incontrollabile. Navighiamo in acque sconosciute e quindi ci vorrà del tempo per risolvere questa diatriba. Su un punto tuttavia le due parti concordano: i salvataggi delle banche e il pacchetto di stimoli stanno sottoponendo le finanze pubbliche a uno stress estremo. La situazione è ancora sostenibile, ma è chiaro che gli Usa non saranno in grado di affrontare una nuova crisi prima di un certo tempo e quindi è vitale quindi che essa sia scongiurata.
La riforma proposta dà una garanzia virtuale che nel medio termine non si verificherà un altro crollo? La questione delle grandi società è affrontata con molta cautela: saranno sottoposte a una più stretta supervisione Fed. Ma qui sta il nodo. Nell´attuale crisi, il credito ha agito da forte amplificatore. Se fosse possibile limitare in modo certo le dimensioni delle attività ad alta leva di questi istituti, avremmo una discreta probabilità di evitare una futura crisi. Il piano mira ad accorciare le redini sulle grandi banche, che tuttavia non vedranno di buon occhio questi limiti e che, persino in questo momento, hanno un potere politico considerevole. Il sistema è protetto dal rischio fallimento? Non ancora.