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 2009  luglio 02 Giovedì calendario

I TRENI PIU’ VECCHI D’EUROPA


MILANO
Le statistiche (positive) da una parte. La cronaca (tragica) dall´altra. Lo stato di salute della sicurezza dei treni italiani è una foto in chiaroscuro.

Nel bilancio di Trenitalia, le spese per manutenzione e igiene tagliate per 209 milioni. Il rischio è che la Tav attiri tutte le risorse a danno della vecchia rete
Ma il numero di incidenti gravi si è ridotto dai 202 del 1993 ai 19 del 2008. E il 90 percento dei binari è monitorato da un computer centrale all´avanguardia

Quattro deragliamenti da fine maggio a oggi e le immagini della tragedia di Viareggio sembrano dare ragione a Ezio Gallori. «Le Fs? Un colabrodo – dice tranchant il leader storico dei macchinisti tricolori ”. Hanno tagliato personale, levato i verificatori, tolto i guardalinea, imposto il macchinista unico. Risultato: un bilancio in pareggio, forse. Ma anche otto guasti seri in quattro settimane». Di più: il parco di locomotive e carrozze made in Italy – penalizzato da un rinnovo che procede con il contagocce – è uno tra i più vecchi d´Europa, con un età media oltre i 20 anni. E, come possono testimoniare ogni mattina migliaia di pendolari, è afflitto da tutti gli acciacchi legati al dato anagrafico.
I numeri però – per la fortuna delle coronarie dei passeggeri tricolori – raccontano (almeno fino ad oggi) anche un´altra storia: i treni italiani sono tra i più sicuri d´Europa. Il numero di incidenti gravi sulle rotaie di casa nostra è sceso dai 202 del ´93 ai 19 nel 2008. «Le Ferrovie negli ultimi anni hanno speso tanti soldi per la sicurezza», conferma Marco Ponti, professore di Economia dei trasporti al Politecnico di Milano, mai tenerissimo con l´ex-monopolio della rotaia. E i risultati, in effetti, ci sono: il "tasso di incidentalità" dei binari del Belpaese è tra i più bassi d´Europa. Appena peggio della Gran Bretagna, sui livelli d´eccellenza di Francia e Germania.
I campanelli d´allarme, tuttavia, suonano lo stesso. La cronaca in questo caso – oltre a Viareggio ci sono i guasti degli Eurostar e la quotidiana via crucis di milioni di pendolari – è solo una faccia della medaglia. Il rischio vero è che la crisi economica, la liberalizzazione e i problemi di bilancio del socio di riferimento Fs (quello Stato che «ogni anno versa nelle casse del gruppo circa 7 miliardi», calcola Andrea Giuricin, economista dell´Istituto Bruno Leoni) costringano le Ferrovie ad abbassare la guardia. E che il massiccio dirottamento di mezzi e risorse verso il futuro dell´Alta velocità – mille chilometri di rete (sui 16mila in servizio) che inghiottiranno 85 miliardi di investimenti sui 189 previsti dal contratto di programma Fs-Tesoro – finisca per penalizzare la "rete di serie B" – quella degli interregionali – e gli stanziamenti per la sicurezza.
«La manutenzione per noi è sacra», assicura l´ad Mauro Moretti. Gli investimenti del gruppo però sono calati dagli 8,5 miliardi del 2005 ai 6,8 del 2007. E nell´ultimo bilancio di Trenitalia si giustificano i 209 milioni di tagli dei costi (-7,1%) «in particolare con una riduzione che ha riguardato i costi di manutenzione, che sono stati internalizzati, e quelli di pulizia». Il numero dei dipendenti tra dicembre 2006 e fine 2007 (ultimo dato disponibile) è stato ridotto da 98mila a poco più di 93mila. E la stessa Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria, nata sotto l´ombrello del ministero dei Trasporti per vegliare sullo stato di salute del settore, soffre sotto il peso dell´austerity: doveva avere 300 super-ispettori indipendenti. In realtà arranca con 100, effettuando controlli documentali o a campione.
Le cifre – spiega Barbara Morgante, direttore Strategie e pianificazione Fs – vanno lette in controluce: il colpo di forbice agli investimenti, calati del 20% in due anni, si spiega con il completamento di tratte dell´alta velocità. O di progetti come il sistema di blocco automatico dei treni, innovazione che ha portato all´avanguardia continentale l´Italia su questo fronte: il 90% della rete è "monitorato" da un cervello informatico in teoria infallibile, in grado di bloccare i convogli in remoto in caso di anomalia.
«Va bene, siamo tra i migliori d´Europa – ammette Alessandro Rocchi, segretario della Filt trasporti Cgil ”. Ma è in corso una transizione verso il libero mercato che va governata con attenzione. Negli ultimi 7-8 anni Fs ha avuto la possibilità di spendere molto. Ma ha privilegiato le reti più redditizie economicamente». I "professori" – come li bolla con un po´ di sarcasmo Gallori – hanno però cifre diverse: «La rete tradizionale fa ancora la parte del leone negli investimenti – rassicura Carlo Vaghi, docente Certet-Università Bocconi ”. Gli ultimi adeguamenti informatici sono andati di pari passo sulle tratte superveloci e su quelle dei pendolari».
Tutto, in ogni caso, è foraggiato dai contribuenti. Certo, l´alta velocità potrebbe camminare con le sue gambe e chiudere i conti in utile già l´anno prossimo, dicono gli esperti. Ma il resto dei treni tricolori viaggia a spese dello Stato: le vendite di biglietti coprono appena il 40% dei costi complessivi (a Londra siamo al 70%). Anche perché malgrado gli aumenti degli ultimi anni – più 9% nel 2006, più 15% per Eurostar e Tav nel 2008 – le tariffe restano tra le più basse del continente.
A far le spese di questi limiti finanziari, più che la sicurezza, paiono essere stati fino ad oggi la qualità e la puntualità del servizio e il rinnovo del materiale rotabile. Fermi al palo e penalizzati (-52 milioni d´acquisto materiali e - 42 milioni per la manutenzione dei beni mobili) anche nell´ultimo bilancio Trenitalia. E i guasti dei mezzi in servizio sono un punto dolente (senza segnali di miglioramento) della quotidianità delle ferrovie tricolori dove molti convogli regionali hanno un´età media vicina ai trent´anni.
I servizi di pulizia, oggetto di una radicale riorganizzazione negli ultimi mesi («per la quale abbiamo privilegiato la qualità delle offerte all´economicità», sottolinea Morgante), sono in testa alle lamentele dei passeggeri. «Preferisco non cambiare i sedili e non pulire i graffiti piuttosto che rinunciare alla sicurezza», si è giustificato Moretti. Avere treni puliti, puntuali e pure sicuri – malgrado i miliardi pagati ogni anno dal contribuente – è evidentemente per ora ancora un´utopia.