Giornali vari, 15 giugno 2009
Anno VI - Duecentosettantacinquesima settimanaDall’8 al 15 giugno 2009Referendum Domenica prossima si vota sia per i ballottaggi che per il referendum
Anno VI - Duecentosettantacinquesima settimana
Dall’8 al 15 giugno 2009
Referendum Domenica prossima si vota sia per i ballottaggi che per il referendum. I ballottaggi sono la finale tra i due candidati meglio piazzati nelle città e nelle province in cui nel primo turno elettorale dello scorso 6-7 giugno nessun aspirante sindaco o presidente ha superato il 50% dei voti. Il referendum (anzi: i referendum, dato che riceveremo tre schede) deve decidere se la legge elettorale resterà così com’è (vittoria dei no) o sarà cambiata (vittoria dei sì). Nella versione attuale della legge elettorale il premio di maggioranza si assegna alle coalizioni di partiti, che poi se lo spartiscono, le soglie di sbarramento sono più facili da superare per i partiti coalizzati e ai candidati è consentito di presentarsi in più collegi contemporaneamente scegliendo dopo il voto quali posti liberare e a favore di chi. Vincendo i sì ai referendum, il premio di maggioranza si assegnerà invece al partito più votato e non alla coalizione, e non vi saranno sconti sulle soglie di sbarramento: nessuno entrerà alla Camera se non prenderà almeno il 4% a livello nazionale e nessun rappresentane delle Regioni entrerà al Senato se non avrà preso, nella Regione che lo candida, almeno l’8%. Ai candidati sarà vietato, infine, di presentarsi contemporaneamente in più collegi.
Quorum Il punto politico del referendum è il quorum. Anche se tutti i quelli che andranno alle urne scegliessero il si, non si produrranno effetti se il numero dei votanti non avrà superato il 50% degli aventi diritto (quorum). La Lega, che vuole mantenere il privilegio ai partiti coalizzati – regola che la rende più forte nei confronti di Berlusconi ”, punta sull’astensione e ha impegnato Berlusconi a non far campagna elettorale. Berlusconi, messo alle strette dal grande successo elettorale dei leghisti, ha acconsentito, ma ha poi annunciato che comunque andrà a votare. I suoi hanno a loro volta detto che non faranno certo propaganda per l’astensionismo. E da ultimo Fini ha annunciato che lui voterà e voterà tre sì. Poiché ufficialmente il Partito democratico è a favore dei sì, esiste sulla carta la possibilità che il quorum sia raggiunto e la legge elettorale sia cambiata. Il Pd in realtà è spaccato perché il referendum renderebbe molto più forte Berlusconi (il PdL, incassando per intero il premio di maggioranza, non avrebbe più bisogno di cercarsi alleati), e però una certa tentazione di andare a votare sul serio esiste: la vittoria dei sì provocherebbe il furore della Lega e forse una rottura con Berlusconi, seguìta dalla caduta del governo e dalla nascita di un’alleanza con il centro-sinistra avente come scopo una nuova legge elettorale. Berlusconi, in questo fantascenario, chiederebbe a Napolitano di scioglier le camere subito e non permettere inciuci. Napolitano, facendosi magari forte del precedente di Scalfaro (1994), potrebbe anche non dargli retta.
Scosse forse di questo che parlano Berlusconi e D’Alema quando raccontano, nelle rispettive lingue, della possibilità di una caduta del governo e dell’arrivo a Palazzo Chigi di qualcuno che non è stato eletto (così Berlusconi). Il premier racconta la storia al passato, come di un pericolo corso soprattutto per le trame eversive del quotidiano La Repubblica, appoggiate dai poteri forti del mondo (Financial Times, Washington Post, Murdoch). Adesso la trama sarebbe stata sventata, anche grazie al viaggio negli Stati Uniti e all’incontro con Obama, avvenuto lunedì scorso (mentre scriviamo non ne conosciamo ancora l’esito). Nelle analisi degli uomini del Cavaliere, l’attuale establishment americano guarderebbe con preoccupazione al Popolo della Libertà, troppo amico di Putin e di Gheddafi. Il fatto che il Presidente, venuto due volte in Europa, abbia evitato ogni sosta a Roma è la prova del suo malumore verso l’attuale governo.
D’Alema, a sua volta, parlando con Lucia Annunziata durante il programma tv In mezz’ora, ha paventato le «scosse» (testuale) che in un percorso governativo possono sempre capitare e che Berlusconi, incapace di prender atto del proprio declino, ha una certa tendenza a produrre da sé. L’opposizione – dice D’Alema – deve tenersi pronta a fare il suo dovere e a prendersi le sue responsabilità. Sarebbe difficile trovare un modo più chiaro per alludere a un governo istituzionale o d’emergenza o di grandi intese (cioè con la Lega), impossibile però da preventivare con una maggioranza tanto forte come l’attuale e appena uscita vincitrice dal voto europeo e soprattutto amministrativo. Senonché quelle elezioni, a destra, le ha vinte soprattutto la Lega e se qualcuno facesse un dispetto a Bossi… doveroso segnalare, in questo quadro, che Bossi domenica scorsa a Pontida ha garantito la massima lealtà al Cavaliere, e che Bonaiuti, informato sui discorsi di D’Alema, ha sostenuto che il leader del Pd ha evidentemente preso un colpo di caldo.
Intercettazioni Tra gli elementi di tensione in circolazione, la legge sulle intercettazioni, approvata col voto di fiducia alla Camera. Limita le possibilità della magistratura di ricorrervi e prevede multe salatissime per i giornali che le pubblicano. Napolitano ha fatto sapere di avere dubbi e che aspetta il varo definitivo del Senato. Ventuno franchi tiratori, però, al momento della conversione, ottenuta col voto segreto, si sono schierati a favore della legge
Guerre Ahmadinejad ha vinto le elezioni in Iran con il 62,6 per cento dei voti e sarà presidente di quel Paese per altri quattro anni. A meno che il suo avversario Mousavi non faccia effettivamente la rivoluzione, rovesciando verdetto e regime. Nel momento in cui scriviamo il Paese è percorso dai cortei riformisti, i quali sostengono che ci sono stati brogli e che il voto deve essere annullato. Fino ad ora ci sono tre morti, ma le cariche della polizia continuano, gli arrestati sono al momento 170, lo stesso Mousavi è sparito dalla circolazione e si fa vivo solo via internet incitando alla lotta e raccomandando di non far ricorso alla violenza. Il Leader supremo Khamenei ha benedetto la vittoria di Ahmadinejad, che già domenica sera ha annunciato di voler incontrare Obama e negoziare con lui il disarmo nucleare globale. Che è un modo di dire: alla bomba atomica noi non rinunciamo, a meno che non rinunciate anche voi. La vittoria di Ahmadinejad rende ancora più oscuro il quadro internazionale. Gli iraniani stanno trafficando con i coreani del nord, il cui presidente, il dittatore pazzo Kim Jong il, dopo le sanzioni decise contro di lui dall’Onu per via dei suoi esperimenti atomici, minaccia di invadere la Corea del Sud e di dare inizio a una guerra nucleare dalle conseguenze inimmaginabili. Il pericolo è concreto: i cinesi stanno approntando campi nel nord del Paese per accogliere i prevedibili profughi della Corea del Sud.
Israele In questo clima, l’unico spiraglio di luce viene dal leader israeliano Netanyahu. Contrario fino ad ora alla nascita di uno stato palestinese, domenica sera ha annunciato che lo stato palestinese si può fare purché smilitarizzato e purché i suoi governanti riconoscano Israele.
Chrysler L’operazione Chrysler è andata in porto. Mercoledì notte sono stati venduti a una nuova società, partecipata dalla Fiat al 20% (una quota destinata a diventare prima il 35 e poi, dopo la restituzione dei finanziamenti ricevuti, il 51), gli asset buoni della casa americana e i prestiti del Tesoro. Marchionne è stato nominato amministratore delegato, Jim Press presidente. Per ora la maggioranza è in mano al sindacato (55%, ma con un solo rappresentante in cda), mentre altri pacchetti sono posseduti dal governo americano (8%) e da quello canadese (2%).