Lucia Sgueglia, Il Riformista 02/07/2009, 2 luglio 2009
Rien ne va plus! L’ultima notte di gioco a Mosca - Le centinaia di lampadine che disegnavano una Torre Eiffel di luce e colori circondata da palme, ora sono spente
Rien ne va plus! L’ultima notte di gioco a Mosca - Le centinaia di lampadine che disegnavano una Torre Eiffel di luce e colori circondata da palme, ora sono spente. Sopra l’insegna del Casinò de Paris, sulla Collina dei Passeri dove si erge l’università Lomonossov, pende un cartello: "Affittasi". Ultime puntate, rien ne va plus. Due sere fa qui abbiamo assaporato l’ultima notte del gioco a Mosca, la fine di un’era. Quella che negli anni 90, sepolta l’Urss, vide i russi divenir preda della febbre dell’azzardo, e spuntare migliaia di casinò, tra anarchia economica, gangster, riciclaggio, uomini e donne di malaffare e atmosfere losche. Oggi molto è cambiato, il business del gioco in Russia è un’affare serio, nel 2006 fruttava 8 miliardi di dollari, poi saliti a 20. Ma ora celebra il suo funerale: da ieri, tutti i casinò e le sale da gioco di Mosca (che nel 2005 ne aveva 3mila, 2 milioni i clienti), San Pietroburgo e le maggiori città dell’immensa Federazione, han chiuso i battenti. Per obbedire a una legge voluta dall’ex presidente Putin nel 2007: «il vizio del gioco è peggiore di quello dell’alcool. Non solo i giovani ma anche i pensionati vi bruciano fino all’ultimo copeco». Crociata moralizzatrice dunque, o forse «proibizionista, come nell’America della Grande Depressione» commentano gestori e associazioni di categoria, che hanno sperato fino all’ultimo in un rinvio, delusi dall’inflessibile nuovo zar Medvedev. Lunedì sera nel salone principale, sotto un finto-cielo punteggiato di nuvolette, quinte di palazzine in stile ”europeo’ e un pergolato di viti, c’era il pienone. «La birra è finita, e anche il vino rosso, prendete il bianco», sorride Olya, una delle cameriere, «le bevande sono gratis per tutti i nostri clienti». La chiusura? «è una buona cosa per la nazione», la riposta a sorpresa. Come quasi tutti i croupier Olga è una studentessa, lo stipendio che prende qui è da favola rispetto alla media russa: «Cercherò un altro lavoro, vedremo». Come lei altri 500mila dovrebbero rimanere a spasso: pronto uno speciale ufficio di collocamento. Un uomo dall’aspetto caucasico, probabilmente georgiano, corre forsennato da un tavolo all’altro, roulette francese e americana. Sguardo concentrato, vene infiammate sulle tempie, alza le braccia al cielo e impreca. Una donna dimessa e preoccupata, sua moglie, lo prega di fermarsi, invano. Poco più in là, al tavolo verde dove perderemo tutti i nostri 1000 rubli cambiati in piccoli gettoni colorati (circa 20 euro), siedono fianco a fianco una signora russa, dei businessmen coreani; volti dai tratti asiatici e caucasici. Socializzano tra un calice e l’altro, black jack e numeri rossi e neri: diversamente da fuori, qui pare vigere ancora l’Amicizia tra Popoli. Gli echi dostoevskjani però finiscono qui: niente fumo da tagliare col coltello, spazi ampi e puliti, organizzazione perfetta. Sul palco una donna intona svogliata un motivo francese, il presentatore lancia una lotteria: si vince una viaggio in Montenegro, dove i casino funzionano ancora, spesso gestiti da russi. I russi azzardomani incalliti? La vera piaga, dice la bionda Maria, non è la roulette che attrae classe medio-alta che se lo può permettere, ma le slot che «mangiano i soldi di pensionati, padri di famiglia, studenti» conferma il giudizio di Olga: «Il bando è un bene per la nazione», lei che viene qui spesso, dalla periferia. «Molti stan qui solo per noia, si passano serate in compagnia e si fa conoscenza». Tristezza? Nemmeno per sogno. Ma questa è una notte speciale, ci si gioca il tutto per tutto. Nel privé Mumar, businessman russocoreano dalla Siberia, lancia sul tavolo fiches da 100 a 500 dollari come fossero noccioline, migliaia dissolte in mezzora: «Non preoccupatevi, guadagno molto più di quanto perdo». Lui e i suoi compagni paiono gli unici davvero allegri, flirtano con le cameriere e ammiccano al croupier che ricorda: per le puntate oltre i 500, c’è il casinò Napoleon qua accanto. Per Putin, la misura serve a combattere la criminalità, ma soprattutto ad aiutare regioni economicamente depresse. Da oggi infatti il gioco sarà ammesso in sole 4 zone della Russia, agli estremi nord, sud, est ed ovest - l’enclave di Kaliningrad, Vladivostok nel Far East, i monti dell’Altai al confine col Kazakhastan, e la regione tra Krasnodar e Rostov dove dovrebbe nascere la "Las Vegas russa": Azov City, con 50 hotel e strutture di lusso. Ma nessuna delle 4 zone è pronta: lavori e investimenti a zero. Ci vogliono 40 miliardi di dollari, la crisi minaccia di far aspettare anni. Azov City pare l’unica con qualche chance: non lontano da qui nel 2014 si svolgeranno le olimpiadi invernali di Sochi. Ma i boss russi del gambling non intendono traslocare in nessuna delle 4 enclave dell’azzardo, non lo ritengono redditizio. Già pronte invece le valigie per Sudamerica ed ex Urss. Nell’immediato, sarà il poker a salvare i maniaci del gioco: una legge del 2007 lo trasforma in "sport", molte sale son pronte a riconvertirsi. Per tutti gli altri, non resta che l’illegalità: nel ventre della città, c’è chi giura che le bische clandestine son già pronte.