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 2009  luglio 02 Giovedì calendario

GIOVANE ARTICO - I

ghiacci dell’Artico si stanno sciogliendo ancora più rapidamente di quanto gli scienziati avessero previsto: questa la prima conclusione dell’ardita spedizione scientifica condotta dall’esploratore britannico Pen Hadow. Dopo 74 giorni di trekking sui ghiacci e 434 chilometri di percorso in temperature medie di -46 gradi, la raccolta di 16mila dati e la trivellazione di 1.500 buchi per misurare lo spessore dei ghiacci, si è conclusa la missione del Catlin Arctic Survey (si veda Nòva24 del 12 febbraio scorso). «Noi abbiamo consegnato tutti i dati raccolti, ora la palla passa agli scienziati – spiega Hadow ”. Lo spessore medio è di 1,7 metri, meno del previsto, il che lascia pensare che sia quasi tutto ghiaccio "nuovo", di meno di un anno. Gli scienziati ci avevano detto di attenderci ghiaccio più spesso e di almeno tre anni, almeno in alcuni tratti, quindi è un po’ un mistero dove sia finito il ghiaccio più vecchio».
Il trio di esploratori – oltre a Hadow la navigatrice Ann Daniels e il fotografo Martin Hartley ”sono tutti veterani del Polo Nord. Hadow resta l’unico uomo al mondo ad avere camminato da solo e senza sostegno esterno dal Canada al Polo Nord, Daniels ha guidato una spedizione tutta femminile al Polo Nord e Hartley è stato fotografo ufficiale di diverse missioni. L’Arctic Survey è stato diverso, però: «Negli ultimi anni ho passato 500 giorni sui ghiacci marini, ma qui per la prima volta mi sono guardato intorno con un occhio scientifico per capire cosa stesse succedendo». Secondo la Daniels, «le spedizioni passate erano una sfida e una conquista personale. Questa volta invece è stato tutto per la scienza e per dare un contributo alla ricerca sul riscaldamento globale».
Secondo gli scienziati Nasa il ghiaccio si è assottigliato del 40% negli ultimi trent’anni ma per avere dati certi era necessario fare misurazioni in loco per non doversi affidare solo alle rilevazioni dall’alto fatte dai satelliti o dal basso fatte dai sottomarini. Sia il computer caricato su una slitta, che Sprite, il nuovo radar costruito ad hoc che avrebbe dovuto misurare la densità e spessore dei ghiacci, non hanno funzionato in condizioni atmosferiche più ostili del previsto, con temperature anche di 70 gradi sotto zero. Quindi Hadow è stato costretto a fare tutte le rilevazioni a mano, trivellando 1.500 buchi a intervalli regolari nel ghiaccio. Ha rilevato che solo in due punti in tutto il percorso il ghiaccio aveva uno spessore superiore a 5,2 metri, considerato "normale" per la calotta polare permanente, mentre la media era di soli 1,7 metri. I tre esploratori si sono spesso trovati a contendere con la rottura anche improvvisa dei ghiacci sui quali transitavano e una notte hanno dovuto muovere di fretta la tenda e allontanarsi perché la lastra sotto di loro si è spaccata. «Lo scricchiolio del ghiaccio è stato il rumore di fondo costante del viaggio – racconta Daniels ”. Ho visto enormi blocchi di ghiaccio che si muovevano di quae di là come zollette di zucchero».
L’enorme mole di dati raccolti con così tante difficoltà verrà ora studiata e interpretata dal team del professore di Oceanografia Wieslaw Maslowski della Naval Postgraduate School di Monterey. Un primo studio verrà presentato a settembre e i risultati verranno poi discussi alla Conferenza Onu sull’Ambiente di Copenhagen a dicembre.