Roberto Galullo, ཿIl Sole-24 Ore 2/7/2009;, 2 luglio 2009
«UNO SPORT A RISCHIO RICICLAGGIO»
Il riciclaggio del denaro sporco nel calcio è l’ultimo dribbling riuscito alle mafie internazionali. Con la crisi finanziaria, il rischio è che finiscano dritte in porta, grazie a società pronte ad accettare fondi anche di dubbia provenienza, senza porsi troppe domande.
Dalla sede parigina, il Fatf, task force finanziaria dell’ Ocse che sviluppa e promuove politiche comuni per tutelare la finanza mondiale contro il rischio del riciclaggio, ha diffuso il rapporto internazionale su traffici e capitali sporchi che vengono investiti nel football.
Le conclusioni sono un calcio in faccia alla pulizia dello sport più praticato al mondo, con oltre 265 milioni di giocatori e 38 milioni di praticanti registrati in oltre 301mila club. Per i ricercatori è impensabile credere che la criminalità organizzata resti fuori da un giro d’affari stimato nel 2007, per le sole squadre europee, in 13,8 miliardi di euro.
La task force spiega che la situazione è molto più grave di quanto si potesse pensare. «I rischi di riciclaggio – si legge – sono legati alla proprietà dei club o dei giocatori, ai loro trasferimenti, alle scommesse, ai diritti di immagine, alle sponsorizzazioni e alla commercializzazione ». Bastasse questo ci sarebbe già da abbandonare per protesta le curve, ma la task force finanziaria rincara la dose e spiega che le società sportive vengono anche utilizzate dalle mafie per «il traffico di esseri umani, corruzione, traffico di sostanze dopanti e reati tributari».
Non c’è da meravigliarsi che il football sia entrato stabilmente nel mirino della criminalità organizzata. «Il mercato – scrivono i ricercatori – è facilissimo da penetrare per mancanza di professionalità tra i manager, per l’assenza di barriere di ingresso e per l’enorme differenza tra le legislazioni ».
I casi non mancano e attraversano i continenti come una palla data con il contagiri da Francesco Totti all’"aeroplanino" Montella, quando ancora planava. Francia, Belgio e Messicosono citati come Paesi simbolo nei quali l’investimento di risorse è servito per pulire o esportare capitali, trafficare in droga e penetrare i sistemi politici locali e nazionali.
L’Italia non poteva mancare. Non viene citata la squadra ma tutto sembra ricondurre alla Lazio. Nel 2006 la Procura della Repubblica di Roma cominciò a sospettare che dietro il tentativo di un fantomatico gruppo internazionale di acquistare quote azionarie della società, ci fossero i Casalesi e in particolare il boss Giuseppe Diana del clan La Torre di Mondragone.L’inchiesta – per tentativo di riciclaggio, insider trading, concorrenza sleale ed estorsione – è ancora in corso. La consolazione è che il tentativo non è andato in porto.
Il rapporto tra mafie e calcio affonda le radici nel tempo. Il 12 giugno – per restare all’ultima operazione in Calabria – la Direzione investigativa antimafia ( Dia) di Reggio ha disposto il sequestro del 20% delle azioni del "Delianuova calcio" in mano alla cosca Rugolo, alla quale era legata anche la famiglia Princi. Nino Princi era stato vicepresidente del Catanzaro. Il 26 aprile 2008 un’autobomba lo ha ridotto a un corpo mutilato: è morto dopo 11 di agonia.