Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  luglio 01 Mercoledì calendario

COSTA: UNA NUOVA SQUADRA PER L’EDOTORIA DELL’ERA DIGITALE


Mondadori libri, lascia Ferrari. Arrivano Cavallero e Baravalle

MILANO – «La carta stampata, pe­riodica e quotidiana, è stata forse colta di sorpresa dalla rivoluzione digitale. So­prattutto non ha fatto abbastanza per di­fendere il suo ’value for money’; e cioè quanto valore è capace di dare ai propri clienti. Riuscire a ricostruire un meccani­smo deteriorato non sarà facile. Discor­so profondamente diverso per i libri. Li­bri che, nonostante la crisi stanno an­dando bene, nel nostro caso molto bene, con una redditività attorno al 20%: spes­so doppia dei nostri concorrenti interna­zionali come ad esempio Pearson e Ha­chette. Gli editori devono però preparar­si a un forte cambiamento di scenario, legato più che alla crisi economica all’in­novazione tecnologica. Che questa poi abbia le forme del Kindle di Amazon o di un Sony e-reader è difficile dirlo. Di sicuro è il momento di cambiare». Mau­rizio Costa, vicepresidente e amministra­tore delegato del gruppo Mondadori, è da dodici anni alla guida della casa editri­ce e confessa: «Non avevo mai visto una crisi simile e una così forte discontinui­tà tecnologica», racconta dal suo ufficio d’angolo al quinto piano del Palazzo Niemeyer a Segrate.

E’ per questo che a partire dal gen­naio del 2010 sarà rivista l’intera struttura del settore librario della casa editrice, con la costituzione di due nuove direzioni generali, affidate a due manager interni: Riccardo Cavallero (oggi am­ministratore delegato di Ran­dom House Mondadori in Spagna) e Antonio Baravalle (ex amministratore delegato di Alfa Romeo, da due anni al­l’Einaudi con analogo incari­co). Gian Arturo Ferrari, attuale capo della divisione libri, lasce­rà i ruoli operativi per dedicarsi, lavorando a fianco di Costa, a compiti più marcatamente strate­gici e istituzionali.

Chris Anderson, autore di «The Long Tail» nel suo libro appena uscito «Free» si dice convinto del fat­to che tutte le attività «composte di idee» subiranno una fortissima pres­sione al ribasso sui prezzi avvicinando­si al free, al gratuito.

«Mi sembrano teorie azzardate. Che ci sia uno scenario difficile, critico è innega­bile. Ma che questo non possa generare nuovi modelli di business mi pare ecces­sivo ».

D’accordo, ma nell’attesa l’aumento del peso di Google, Yahoo, integratori via Internet di notizie, Amazon, siti let­terari di autoproduzione, il mestiere dell’editore pare andare verso l’estin­zione perlomeno nelle forme nel quale lo conosciamo.

«A mio parere la vera domanda che do­vrebbe farmi è: ma un editore oggi che mestiere fa?» E quindi: un editore oggi che mestie­re fa?

«Le rispondo con le parole di un signo­re che se ne intendeva e che ritengo anco­ra valide: Valentino Bompiani. Diceva: un editore è quello che stampa i libri? No, lo fa il tipografo. E’ quello che li ven­de? No, sono le librerie. Li distribuisce? Anche qui la risposta è no: c’è il distribu­tore. Li scrive? Nemmeno, sono gli auto­ri a farlo. E allora? Ebbene l’editore fa tut­to il resto. Vale a dire seleziona i contenu­ti, acquisisce grandi autori e individua nuovi talenti, li promuove e li propone al pubblico in modo che vengano letti e ap­prezzati, con un brand riconosciuto che è quello di una casa editrice».

Ma Larry Page e Sergey Brin di Goo­gle così come Jeff Bezos di Amazon stanno mescolando ben bene le carte sul tavolo. Il primo paga diritti d’auto­re su libri per renderli scaricabili gra­tuitamente, il secondo è un intermedia­rio dal ruolo crescente...

«Non credo che però vogliano fare il mestiere dell’editore. Un conto è l’appa­recchiatura tramite la quale si leggeran­no libri, o il modo in cui li compreremo, magari scaricandoli da un pc, o serven­doci di supporti di diversa natura siano carta o digitali; un altro è l’attività pro­pria di un editore».

Sarà pur vero ma a giudicare dai margini decrescenti il futuro è perlo­meno in bilico.

«Certo, i margini saranno sotto pres­sione e le esigenze dei lettori crescenti. Questo significherà che dovremo ade­guare in termini di efficienza le redazio­ni dei periodici così come quelle dei li­bri, entrambe dovranno adeguarsi a un mondo fatto di una combinazione tra carta e tecnologia digitale. Questa è una condizione necessaria, ma mi lasci dire, non sufficiente».

E come si sopravviverà in un mondo dove quando va bene si è sempre meno disposti a pagare per i contenuti, quan­do va male si viene piratati senza tanti complimenti?

«Abbiamo ben presente i danni inferti all’industria musicale da Internet. In tem­pi non sospetti tutto quello che poteva­mo esternalizzare lo abbiamo fatto a co­minciare dal ’printing’. Ma tagliare i co­sti non basta: serve una visione strategi­ca. La cosa stimolante di questo periodo è che la crescita della richiesta di infor­mazione, contenuti e intrattenimento è in aumento. E’ vero, i periodici stanno pagando il fatto di essere in una morsa tra contrazione degli investimenti pub­blicitari e discontinuità tecnologica. E an­che lì si tratta di fare delle scelte, taglio dei costi ma anche una combinazione di carta e digitale. Per quanto riguarda i li­bri invece la pressione è inferiore. E la Mondadori grazie a una quota di merca­to del 30% e a un’alta redditività può fare scelte innovative e di lungo periodo».

Tutti parlano di innovazione...

«Noi la faremo».

E come? Il professore del Mit Joe Ja­cobson, inventore dell’e-ink la tecnolo­gia del Kindle, paragona la nostra era a quella del dopo Gutenberg dove può ac­cadere di tutto.

«Intanto la categoria dei libri va spez­zata in due: da una parte l’editoria di au­tore che seleziona, acquisisce e valorizza appunto gli autori; dall’altra un’editoria di progetto dove comprendere ad esem­pio la produzione scolastica. E sono con­vinto che il ministro Gelmini abbia ragio­ne quando dice che il digitale sarà fonda­mentale per lo studio di domani. Sono due settori che seguono logiche diverse e quindi da presidiare in modi differen­ti ».

Ma più o meno è sempre stato così...

«Avevamo un’unica divisione, che ne­gli anni ci ha dato grande soddisfazione e forte crescita. Dal gennaio del 2010 avremo però due direttori generali: uno per i libri d’autore, Riccardo Cavallero, l’altro, Antonio Baravalle, per i libri di creazione. Due manager 45enni con un fortissimo background: Cavallero, dopo una precedente responsabilità in Monda­dori Libri, ha brillantemente gestito per 8 anni la nostra joint venture Random House Mondadori portandola a essere un editore leader nel mercato dei libri di lingua spagnola. Baravalle, dopo un per­corso professionale di grande rilievo al di fuori del settore editoriale, è entrato nel nostro Gruppo in qualità di ammini­­stratore delegato di Einaudi, carica che ha ricoperto con successo e che manter­rà anche nel nuovo assetto organizzati­vo. Per me è motivo di grande soddisfa­zione la loro crescita dall’interno nel no­stro gruppo».

E Gian Arturo Ferrari che in questi anni è stata l’anima dei libri Mondado­ri?

«Starà qui al mio fianco. Avrà un ruo­lo istituzionale e strategico. La sua espe­rienza e capacità riconosciuta a livello in­ternazionale sarà fondamentale per la Mondadori per capire le strategie cultu­rali ma anche quelle di prospettiva di bu­siness. Per capire come combinare il mondo fisico della carta e quello liquido degli e-book. Per sfruttare il grande van­taggio dei libri che, a differenza di quoti­diani e periodici, avranno più tempo per far capire l’enorme valore che c’è dietro l’acquisto di prodotti di un brand che si chiami Mondadori o Corriere della Se­ra ».