Giovanni Caprara, Corriere della sera 1/7/2009, 1 luglio 2009
E IL PRIMO GIACIMENTO DI PETROLIO SE LO AGGIUDICANO GLI ANGLO-CINESI
BAGDAD – Fuori i soldati, dentro i petrolieri. Trentuno compagnie (per l’Italia Eni e Edison) hanno partecipato ieri a un’asta pubblica, ripresa dalla tv Al Iraqiya, per l’assegnazione dei primi contratti sull’oro nero iracheno dopo 37 anni di chiusura alle società straniere. Nel 1972 l’Iraq nazionalizzò i pozzi, i poster tappezzavano Bagdad: «Naft ul ana», il petrolio è nostro. Ieri in una sala dell’hotel Rashid, all’interno della fortificata Green Zone, sono stati messi in palio otto contratti di durata ventennale del valore di centinaia di miliardi di dollari: sei per lo sfruttamento di giacimenti petroliferi già avviati, due per giacimenti di gas in gran
DAL NOSTRO INVIATO parte ancora da sviluppare. Arbitro il ministro del Petrolio Hussein Shahristani, scienziato nucleare incarcerato per 10 anni sotto il vecchio regime.
Inedite le regole del «gioco», paragonabile (secondo il rappresentante di una multinazionale) a «un festival della canzone». Offerte in busta chiusa inserite in una teca di cristallo in bella mostra sul palco, l’offerta vincente annunciata e messa a confronto con la richiesta non negoziabile del governo iracheno.
Ad aggiudicarsi la prima gara il consorzio formato dalla britannica BP e la cinese CNPC, che hanno messo le mani sul grande campo petrolifero di Rumalia, nel Sud del Paese, con riserve stimate in 17,7 miliardi di barili. L’accoppiata Bp-Cnpc ha sconfitto gli americani di ExxonMobil alleati con la malaysiana Petronas. «Hanno accettato un profitto di 2 dollari al barile, che è quanto chiedeva il governo», dice il ministro. «Se gli Stati Uniti hanno fatto la guerra per il petrolio sembra che non abbiano ottenuto un grande risultato », ha commentato sorridendo un ambasciatore occidentale. Il vero sconfitto sembra al momento il governo iracheno: sulle altre gare le compagnie vincenti hanno sistematicamente ritirato le offerte, troppo lontane dalle richieste del governo. E’ accaduto per l’offerta vincente del consorzio guidato dall’Eni per lo sfruttamento dei pozzi di Zubair, così come per la proposta di Edison sui giacimenti di gas di Akkas. A questo punto la palla torna al governo iracheno, che dovrà decidere se abbassare le proprie mire giudicate fuori mercato.
«Se vuole sviluppo l’Iraq ha bisogno di molte compagnie sul proprio territorio – dice il rappresentante di una società europea ”. Dare tutto a britannici e cinesi non fa il bene degli iracheni».
L’ambasciatore occidentale «Se gli Stati Uniti hanno fatto la guerra per il petrolio non hanno ottenuto un grande risultato»