Varie, 1 luglio 2009
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Zelaya Manuel
• Catacamas (Honduras) 20 settembre 1952. Politico. Presidente dell’Honuras destituito da un golpe nel giugno 2009 • «[...] Il conflitto a Tegucigalpa viene da lontano, da quando il presidente Zelaya, il cui mandato era in scadenza, aveva deciso di indire un referendum per garantirsi la possibilità di un secondo mandato, non previsto della Costituzione. All’idea di Zelaya si erano opposti in molti: la Corte Suprema, l’esercito, una grossa parte del Parlamento. [...]» (Omero Ciai, ”la Repubblica” 29/6/2009) • «L’inizio della crisi politica dell’Honduras risale a [...] quando il presidente Zelaya, del partito liberale, compì un inatteso giro a sinistra unendosi all’Alba, l’Alleanza Bolivariana delle Americhe composta da Cuba, Venezuela, Bolivia e Nicaragua. Il patto con Chávez viene inizialmente spiegato con la concessione di petrolio venezuelano a basso costo ma poi prende connotazioni politiche, con programmi di assistenza pubblica, medica e agricola ispirati direttamente alla ”rivoluzione socialista” di Caracas. Zelaya si avvicina così ai movimenti sociali di base, ai sindacati di maestri, ai campesinos. L’economia del piccolo Paese centroamericano beneficia del condono del debito estero di 1,4 miliardi di dollari da parte del Fondo Monetario e della Banca Mondiale. Il cambio di governo alla Casa Bianca migliora le relazioni fra Tegucigalpa e Washington. Ciònonostante le resistenze alla nuova linea decisa dal presidente si fanno sentire a vari livelli con l’avallo dei militari. Zelaya, che dovrebbe lasciare il mandato nel gennaio 2010, firma un decreto per una consultazione popolare sulla nuova Assemblea Costituzionale. Un cammino simile a quello intrapreso da altri presidenti di sinistra della regione come l’ecuadoriano Correa o il boliviano Morales. L’opposizione lo accusa di puntare alla rielezione, non contemplata dalla legge vigente. La Corte Suprema, il Parlamento e le Forze Armate si oppongono al referendum, definendolo illegittimo. Zelaya spiega che si tratta di un sondaggio popolare non vincolante, ma di fatto ha usato la macchina dello Stato per organizzarlo. La crisi politica è finita nel peggiore dei modi. [...]» (Emiliano Guanella, ”La Stampa” 29/6/2009).