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 2009  luglio 01 Mercoledì calendario

LIBRO IN GOCCE "FEMME FATALE"

di GIUSEPPE SCARAFFIA. VALLECCHI 2009. -



«Tutte le donne sono fatali. Si comincia col dovere loro la vita e finiscono per causare la nostra perdita». (Antoine Blondin)

MITO Tra tutti i miti sbocciati nell’800, quello della donna fatale è il più tenace, l’unico arrivato fino a noi senza perdere nulla della sua potenza iniziale. Ossimoro vivente: artificiale e naturale, frigida e libertina, tempestosa e annoiata, voluttuosa e sanguinaria, ossessionava l’immaginazione degli artisti. Il XIX secolo guardava queste mangiatrici d’uomini con attrazione e repulsione. Il ”900, con il cinema, ha portato all’apice il mito della femme fatale.

POTERE La femme fatale verifica il suo potere annientando chi si lascia andare ad amarla. Ce ne sono state tante, ognuna con la sua storia, ognuna con la propria schiacciante libertà (e i tormenti che ne derivano). Quello che unisce vite così diverse è la capacità di far perdere negli abissi della passione le vittime del loro fascino, unita al massimo distacco da ogni affetto, ottenuto perseguendo la durezza e dimostrando un cinico disprezzo per l’umanità. Alma Mahler disse: «Che cosa accadrebbe se mi mettessi in testa che manco di sentimenti sinceri, che dentro di me c’è solo freddo e preciso calcolo?».

«Ella metteva anche negli spiriti più ottusi o fatui un turbamento, una inquietudine, un’aspirazione indefinibile» (Gabriele d’Annunzio descrive Elena Muti, Il Piacere)

ARTE Il seno della Giuditta di Gustav Klimt sporge senza pudore dai veli dell’abito, le lunghe ciglia nere concentrano la potenza aggressiva dello sguardo, lasciando appena filtrare dalla loro cortina il suo pericoloso raggio. La donna fatale abbaglia con gli occhi, e l’uomo può reggere solo per pochi istanti quella che Baudelaire chiamava «la dolcezza che affascina e il piacere che uccide». Sul suo corpo smagliante, le fragili cortine del déshabillé si schiudono come il sipario di un teatro senza segreti e perciò tanto più terribile.

LIBERTA’ Nella vita reale queste maliarde furono donne di grande fascino, sia fisico sia intellettuale, dominate dal culto della passione e dal gusto della provocazione, dal piacere di stupire e dall’esigenza di affermare la propria libertà in ogni campo, dal sesso all’arte, al lavoro.

PROFONDITA’ Nella femme fatale la profondità della scollatura coincideva con l’ampiezza della libertà.

PARIGI La capitale del XIX secolo, il palco ideale per simili icone: «Quando Albertine rientrò nella mia stanza aveva un abito di raso nero, che contribuiva a renderla più pallida, a fare di lei la parigina livida, ardente, intristita dalla mancanza d’aria, dal clima delle folle, e forse dall’abitudine al vizio» (Marcel Proust, Alla ricerca del tempo perduto)

FIAMMA Allumeuse: parola francese derivante dal verbo ”allumer”, che significa: ”colei che accende” o, meglio, ”donna che si compiace nello stuzzicare i desideri maschili, solo per il divertimento di farlo, senza dare nulla in cambio e senza coinvolgersi in alcun tipo di relazione”.

SINTESI «L’amore è un colpo di reni e un colpo di spugna» (Sarah Bernhardt)

INVIDIA Le donne fatali hanno sempre ”goduto” dell’invidia e dell’odio delle altre donne. Madame de la Pagerie, rivale della Castiglione: «Il suo sguardo è così gelido e crudele da far paura». Sempre oggetto di accuse di immoralità, sempre accusate di essere delle Messalina, la moglie adultera dell’imperatore Claudio, di cui si disse ”Lassata viris, nondum satiata” (stanca, ma non sazia)

DECADENZA La Castiglione morì nella sua casa di Place Vendôme, dove aveva velato tutti gli specchi, non sopportando la vista della sua vecchiaia precoce. Quando faceva buio, passeggiava senza meta, spettinata e vestita in modo vistoso, in compagnia di due cani obesi; Lou von Salomè aveva ardenti relazioni con le donne, e rapidi ”festini”, dedicati a rapporti estemporanei con uomini comuni, subito dimenticati: «La migliore cosa al mondo, che procura soddisfazioni divine e ci rigenera ogni volta».

SOFA’ Cristina Belgioioso conversava languidamente allungata su un sofà vicino a un narghilè, la testa incoronata di fucsie; Sarah Bernhardt riceveva gli ospiti allungata su una candida pelle d’orso; Nel suo salotto, Judith Gautier accoglieva dignitari e artisti allungata nella penombra, sul grande divano, davanti a un lungo specchio che rifletteva il suo chignon nero.

ECCENTRICITA’ Sarah Bernhardt dormiva in una bara foderata di raso bianco, tra una funebre abbondanza di fiori, e non si perdeva un’esecuzione capitale; La Contessa Potocka (Emanuela Pignatelli) non toglieva mai le sue collane di perle: «Il loro contatto mi è necessario per non morire». Tutto il resto, gli abiti, la biancheria, i fiori, doveva rapidamente sparire, regalato o buttato via; Alma Mahler, moglie del compositore Gustav Mahler, non bastavano gli uomini normali, voleva i geni: «Basta un solo sguardo di un uomo di genio per farmi impazzire. Che sarà di me?».

BELLEZZA Judith Gautier aveva una bellezza incomparabile, esotica: capelli neri, pelle di un candore rosato, occhi leggermente a mandorla e una specie di languore orientale, una pigra cadenza nei gesti eleganti; Lou von Salomè vestiva semplicemente di nero, senza la minima scollatura. Sotto i capelli raccolti, i grandi occhi azzurri guardavano il mondo con una limpidezza preoccupante. Alma Mahler era bella, ma troppo imponente. Era uno dei suoi tanti eccessi: troppo energica, troppo avida, troppo ambiziosa.

OMAGGI Victor Hugo a Judith Gautier: «Siete una dea, un marmo abitato da una stella. Vi bacio le ali»; Duy de Maupassant alla Contessa Potocka: «Vi bacio i piedi e le mani, e mi sembra molto poco»; Frederich Nietzsche a Lou von Salomè, l’unica donna che lo abbia mai amato: «Sento in lei tutto lo slancio dell’anima superiore»; Gustav Klimt su Alma Mahler: « bella, intelligente, piena di spirito. Ha in abbondanza quello che un uomo esigente può volere da una donna».

TALENTO Judith Gautier era una fine scrittrice, e dal suo desiderio di rifugiarsi in un Oriente fantastico nacquero opere ambientate nell’antichità persiana, cinese e giapponese. Baudelaire disse di lei: «Mi inchino al suo talento».

CATTIVERIA Un giorno, dopo una vivace disputa teologica con il filosofo Caro, la Contessa Potocka si era affacciata alla ringhiera, mentre lui scendeva le scale, e gli aveva sputato sulla testa calva, gridando: «Questo è per la vostra idea di Dio!».

CONFLITTI La Contessa Potocka mandò a Guy de Maupassant sei bambole profumate, copie delle dame che voleva invitare a cena con lui. Lo scrittore gliele rimandò tutte con la pancia gonfia di stracci, e un biglietto eloquente: «Tutte in una sola notte»; Frederich Nietzsche, sempre a Lou von Salomè: «...quella scimmietta magra, sporca e nauseabonda, con quel seno inesistente e quell’atrofia sessuale».

PIOVRA Alma Mahler al suo secondo marito, l’architetto Walter Gropius: «Voglio risucchiarti da tutte le parti come una piovra. Le nostre due perfezioni devono generare un semidio». Lo tradì dopo tre mesi.



Juliette Recamier
BISOGNO Il bisogno di sedurre era l’unica passione della celebre allumeuse parigina Madame Récamier. Seduceva anche solo ascoltando. Fissava chi parlava negli occhi, e se la conversazione diventava piccante, si copriva pudicamente la bocca con un fazzoletto di merletti per fare meglio risaltare lo scintillio dello sguardo. Doveva sempre rispecchiarsi negli occhi offuscati dalla passione di un ammiratore, e sostare tranquillamente sull’orlo di quell’abisso. Senza limiti di sesso: anche le donne si innamoravano di lei. Prima fra tutte, Madame de Staël.

COLPO DI FULMINE A esplodere una sera di agosto fra lo scrittore svizzero Benjamin Constant e la Récamier, fu una bomba a scoppio ritardato: da anni amico di Juliette, Constant venne colpito da un amore folgorante. Le sue magnifiche, imploranti lettere diventavano sempre più lunghe, mentre gli incontri sempre più brevi, infastidita com’era la Récamier dall’insistenza dell’artista. Che non esitava a supplicarla: «Ogni intervallo è un’agonia». Il mondo esterno non esisteva più: «Nulla mi interessa tranne Juliette, penso solo a lei, non capisco un’acca di quel che non la riguarda».

SOFFERENZA: Constant: «Ho pianto metà della notte, soffro orribilmente. Le mie convulsioni sono un misto di dolore e lacrime». Tentava di consolarsi con delle prostitute. Niente.

FOLLIA L’amore respinto si trasforma in odio: «Mi fa orrore, se potessi farla soffrire, non la rivedrei mai più; darei dieci anni della mia vita perchè soffrisse metà di quello che soffro; la punirò mostrandole che non mi curo di lei». Poi, irresistibilmente, la cercava, e scoppiava in lacrime davanti a lei. Il 28 ottobre 1814 era talmente abbattuto che rimase immobile su una sedia per cinque o sei ore. Il suicidio lo tentava.



Cristina di Belgioioso
VAMPIRA Una delle ”varianti” della femme fatale è la donna vampiro. Un esempio mirabile venne da Cristina di Belgioioso, donna circondata da un alone sulfureo: il contrasto fra il nero intenso degli occhi e dei capelli, il pallore immobile del viso, la facevano sembrare un fantasma. Durante una delle innumerevoli soirée nel suo salotto, uno dei presenti bisbigliò: «Com’è bella!». Un altro replicò: «Sì, doveva essere proprio bella, da viva». E Delacroix, il pittore che si rifiutò sempre di ritrarla, disse: «Solo il suo sorriso mi fa sentire che è una donna viva».

CATEGORIE Scollatissima, sempre vestita di bianco o di nero, nessuna praticava l’arte dell’effetto quanto lei. Divideva gli uomini in tre categorie: «Mi ama, mi ha amato, mi amerà».

POESIA Heinrich Heine, poeta tedesco: «Non ho mai visto nulla di così magico, pieno di poesia come le ciocche nere che si arricciano disordinate sul pallore trasparente del vostro viso».

ARDORE Rivoluzionaria e moderata, nomade e stanziale, frigida e libertina, repubblicana e monarchica, spregiudicata e cattolica, sperperatrice e risparmiatrice, la principessa di Belgioioso è stata una delle poche figure femminili risorgimentali di statura europea. Patriota italiana, partecipò attivamente al Risorgimento italiano. Era editrice di giornali rivoluzionari, scrittrice e giornalista. Fra gli altri momenti storici cui prese parte, ricordiamo le cinque giornate di Milano del 1848 e l’insurrezione romana del 1849, durante la quale le fu assegnata l’organizzazione degli ospedali, in cui si distinse ancora prima di Florence Nightingale.



Jeanne Duval
MUSA Jeanne Duval, la «strana dea, bruna come la notte», la musa di Baudelaire, che lo scrittore incontra nel 1842, si dice in un teatrino in cui faceva la comparsa. Le sue passioni erano bere e fare l’amore. Il suo ascendente erotico sul poeta era indiscutibile: nessuna delle sue tante amanti fu in grado di sostituire la «Strega dai fianchi d’ebano». Di lei, Baudelaire ha detto: «Ha qualcosa di divino e bestiale, ha le forme seducenti del diavolo»; «Ho trovato pace solamente in lei, è l’unica donna che abbia mai amato»; «Anche quando cammina si direbbe che danzi». Ha ispirato molte poesie dei Fiori del male, fra cui Profumo esotico, Serpente che danza e Una carogna.

ANIMO SENSIBILE Gli artisti sono sempre stati attratti dalla libertà di queste donne: «Per quanto siano numerose le infedeltà di una donna, per quanto sia duro il suo carattere, quando ha mostrato una scintilla di buona volontà e devozione, è sufficiente perchè un uomo disinteressato, soprattutto un poeta, si ritenga in obbligo di ricompensarla».



Contessa di Castiglione
SENZA PUDORE La bellissima e spudorata contessa di Castiglione, bocca sdegnosa, occhi grigi dal fascino inesplicabile, décolletté generoso, sempre ricoperto di gioielli. Nell’epoca dei busti, la contessa aveva rinunciato alla biancheria intima. Lo scrittore Prosper Mérimée: « scoperta in modo oltraggioso, sia in alto che in basso. Mi irrita terribilmente. Avrei voglia di rapirla, sculacciarla e poi farle subire l’estremo oltraggio».

SUCCHIARE La contessa di Castiglione stava succhiando un sorbetto ai fiori d’arancio: «Le piace succhiare, contessa?» chiese un gentiluomo della corte di Napoleone III. «Dipende da cosa» rispose ridendo la dama.

SELVAGGIA Vittorio Emanuele II, Re d’Italia: «Era una giumenta araba che bisognava tenere a freno, ma riusciva in ogni caso a buttarvi per terra». E lei, di lui, annotò nel suo diario: «L’ho accompagnato in giardino, dove mi ha f... cinque volte».

INVESTIMENTO Si era concessa per una notte a Lord Hertford, per un milione di franchi. L’inglese, per approfittare dell’investimento, aveva sottoposto la Castiglione a tutte le pratiche dell’erotismo. La contessa era rimasta tre giorni a letto, per rimettersi. E tornare più bella di prima.