Stefano Semeraro, La Stampa, 30/6/2009, 30 giugno 2009
LA DONNA DEI RECORD
La donna dei record ama la musica. Mozart la mattina, per trovare il ritmo giusto al rovescio «che è melodico, mentre il dritto che serve a fare male, è più costruito». Rock duro la sera, per ricaricarsi. Ma ieri mattina l’ipod era rimasto sullo stop, bloccato dai pensieri, dalla tensione per una partita che valeva una nicchia nella storia, una statuetta nella galleria dello sport italiano. Steccare l’acuto, stavolta, sarebbe stato imperdonabile. «Però io sono una superstiziosa, così quando sono arrivata al Club ho incontrato Vittorio Selmi, che lavora all’Atp e conosce benissimo la lirica, e gli ho chiesto di cantarmi un’aria di Mozart». E madamina Schiavone è stata servita, con gusto e ingegno, come meritava: l’aria di Susanna dal quarto atto delle Nozze di Figaro. Quella che inizia con le parole «Vieni non tardar o gioia bella».
La gioia bella, bellissima, era una vittoria contro Virginie Razzano, francese, numero 23 del mondo, una gioia che vale i quarti a Wimbledon. E la gioia non ha tardato troppo. Un’ora e trentadue di gioco, 6-2 7-6 per Francesca, che così è diventata la prima italiana della storia capace di prendersi i quarti di finale in tre Slam differenti. Nel 2001 a Parigi, nel 2003 agli Us Open, ieri sull’erbetta più sacra. Come lei, nessuna mai.
Fra le «last eight», nel club delle ultime otto, qui erano già arrivate Lucia Valerio, ma nel Pleistocene del tennis (1933), poi Laura Golarsa nell’89 e Silvia Farina nel 2003. Tutte e tre battute da giocatrici che erano o sarebbero state delle number one: Dorothy Round, Chris Evert e Kim Clijsters. A Francesca oggi tocca Elena Dementieva, una delle bionde dell’Armata Russa, numero 4 del mondo, semifinalista qui l’anno scorso, finalista agli Us Open e al Roland Garros nel 2004. Francesca ci ha vinto 4 volte e perso altrettante, riuscisse a sparigliare il conto in suo favore meriterebbe una nicchia più importante. E, sotto la statua, un cartellino: «Francesca Schiavone, migliore giocatrice italiana di sempre». In una semifinale di Slam le nostre girls non mettono piede da 55 anni - l’ultima fu Silvana Lazzarino, nel 1954, a Parigi - e visto che la «Schiavo» ha già in tasca, insieme con Pennetta e Farina, la miglior posizione mai raggiunta in classifica mondiale da un’azzurra (n.11), agguantare un posto fra le quattro migliori dei Championships equivarrebbe ad una laurea: «Me lo auguro». Ad un cambio di status, da vidimare anche con un cambio di soprannome. «Leonessa mi chiamate voi giornalisti», ha spiegato ieri, «E intendiamoci, a me va benissimo. Però ormai sono passati sette o otto anni, io mi sento diversa, cresciuta, maturata». Suggerimenti? «Super Schiavone, o SuperWoman».
Contro la Razzano, come del resto già prima contro la Bartoli o la bimba urlatrice Larcher De Brito, la Schiavo è stata davvero Super. Le ormai famose variazioni - back, slice, top, un campionario affilatissimo -, le discese a rete in perfetta tonalità, i rovescetti in chiave bassissima, che non si alzano dal verde. E poi allunghi alla Nadal in recupero, difese ringhianti e sbuffanti, sonore, alla Gattuso o alla Chiellini. Una continuità alla Maldini dei bei tempi. Il tutto sul filo dei nervi, per una donna di 29 anni che forse solo ora si sta sgrovigliando dentro nodi antichi, non solo tennistici. Che sta compiendo «step importanti», come li chiama lei. La Razzano è stata schiantata con la forza dei nervi e spingendo sul dritto lungolinea, «che a Virginie dà più fastidio». E poi consolata con un abbraccio: «Sapevo cosa provava. Le ho detto che avrà un’altra occasione».
Con la Dementieva, che ha istinti da geometra, cervello da scacchista e debolezze in parte risanate, servirà una tattica diversa, da studiare su YouTube. E poca compassione: « vero che fra le avversarie rimaste avrei scelto anch’io lei, ma attenti, se è arrivata nei quarti un motivo ci sarà. Elena è migliorata nel servizio. Con il rovescio tiene meglio ma è con il dritto che fa i punti. Dovrò cercare di usare il mio rovescio in back per darle fastidio. Sarà una battaglia, più fisica che mentale». Una tattica condivisa da Paolo Bertolucci, e che ieri sera SuperSchiavo, che gira senza coach, ha ripassato al telefono con il «suo» capitano di Fed Cup, Corrado Barazzutti: «Corrado è importante, mi dà consigli buoni. Quando se ne è andato gli ho detto: mannaggia, perché non resti qui?». Anche le SuperDonne, a volte, hanno bisogno di un parola buona, di un consiglio in più.