Asseel Kamal, La Stampa, 30/6/2009, 30 giugno 2009
MA BAGHDAD NON SI FIDA "RESTERANNO PER SEMPRE"
Baghdad è ingolfata da migliaia di soldati pesantemente armati che per proteggersi si nascondono dietro i veicoli militari, ma intanto qualcuno issa sulle strade e le piazze striscioni che ricordano la data del 30 giugno, Giornata della Sovranità Nazionale, e invitano la gente a celebrare quella che in tutto l’Iraq è una festa ufficiale.
Tutti gli iracheni interpellati sull’importanza di questo giorno e sul ritiro dalle città dicono generalmente che gli americani in Iraq non erano i benvenuti: il loro ritiro è considerato sostanzialmente un processo di riorganizzazione delle loro truppe. D’altro canto, la loro partenza è considerata una vittoria dalla gente che in molti modi ha saputo resistere nei difficili anni dell’occupazione. I sadristi dubitano come sempre della serietà del ritiro dei soldati Usa dalle città e in generale dall’Iraq. Uno di loro, Lo sceicco Abdullah Jasim dice: «Non si ritireranno perché l’Accordo di sicurezza tra Baghdad e Washington comprende clausole segrete che prevedono la sopravvivenza dell’Iraq sotto un controllo americano che durerà per sempre».
I sunniti invece sono dell’idea opposta. Un loro parlamentare, Omar Abdel-Sattar, dice: «Le forze irachene sono pronte ad assumersi le responsabilità nel centro delle città e non ci sono problemi riguardo al ritiro delle truppe Usa». Per lo sceicco sunnita Abdul Sattar al-Ani, imam della moschea del Profeta a Saidiya, alla periferia sud-occidentale di Baghdad, «le milizie devono essere separate dalla polizia e dall’esercito prima che gli americani si ritirino dalle città. Se ne vanno lasciando una situazione fragile, che può esplodere da un momento all’altro, dato che il governo non poggia sulla riconciliazione, ma fa assegnamento sulla forza militare. Questa è una situazione molto pericolosa, soprattutto quando gli americani mettono il potere in una sola mano escludendo l’altra». E qui allude agli sciiti.
Un altro parlamentare sunnita, Hassan al-Falluji, ritiene che «il ritiro degli americani dalle città irachene è solo la propaganda elettorale di un partito e costituisce un rischio significativo per gli tutti gli altri partiti coinvolti nel processo politico iracheno». Invece Abbas al-Bayani, parlamentare dell’Alleanza sciita, ritiene che questo ritiro degli americani porterà all’Iraq, per la prima volta dalla caduta di Saddam Hussein nel 2003, una reale sovranità sul territorio, lo spazio aereo e le acque territoriali.
Aver lasciato due basi americane sulle due rive del Tigri - il carcere di Kadhimiya nella zona sciita di Baghdad e la base di Adhamiya in quella sunnita - probabilmente aprirà molti problemi tra gli abitanti delle due città separate dal Tigri. Soprattutto dopo che, mesi fa, si sono accordate per riaprire il Ponte degli Imam, che collega le due rive del fiume. Nel 2005 il Tigri è stato testimone dell’annegamento di più di 1550 sciiti. Questo episodio, insieme al bombardamento della cupola dorata del santuario sciita di Samarra nel 2006, è stato la scintilla dello scontro interconfessionale tra sciiti e sunniti.
Al-Hajj, che vive a Kadhimiya, ritiene che il ritiro americano contribuirà a riannodare i fili «tra noi e i nostri fratelli di Adhamiya», mentre Khalil Razuki, che abita a Adhamiya, è certo che «la presenza americana tra noi scatenerà nuove lotte settarie. Prova ne è che, prima dell’arrivo degli americani, non avevamo problemi né eravamo coinvolti in alcuna guerra interconfessionale».
Anche gli artisti e gli intellettuali si esprimono su questo ritiro. Fuad Znom dell’associazione nazionale degli attori ritiene che «la sovranità irachena non si raggiungerà con il ritiro degli americani dalle città - ma solo fornendo agli iracheni servizi e sicurezza». La pensa così anche il giornalista Nabil Mohsen: «Che cosa è cambiato? Perché dovremmo celebrare questo giorno? Perché dovremmo chiamare il 30 giugno ”Giornata della sovranità nazionale”? Non è successo niente. Le forze americane hanno cominciato ad accamparsi fuori dalle città e hanno lasciato alle forze irachene la gestione dei problemi quotidiani. Ma le preoccupazioni dei cittadini iracheni e i problemi di sicurezza, libertà, lavoro, accesso ai servizi essenziali, soprattutto l’elettricità, non sono cambiati. Io penso che potremo dire che abbiamo raggiunto la sovranità nazionale solo quando tutte le richieste degli iracheni avranno trovato risposta. Non quando assistiamo a un ritiro senza significato».
Stampa Articolo