Paolo Griseri, la Repubblica, 30/6/2009, 30 giugno 2009
MILLE EURO IN PIU’ PER AUTO «PRODURRE LI’ NON CONVIENE»
TORINO - Per mille euro ad auto, Termini rischia di perdere l´industria delle quattro ruote. «Non spariranno i posti di lavoro - precisano al Lingotto - continueremo l´attività produttiva». probabile che la Fiat pensi a convertire la produzione dello stabilimento siciliano in componenti che fanno parte del ciclo dell´automobile ma riducono notevolmente gli inconvenienti logistici di Termini Imerese.
Tempo fa era stato lo stesso Marchionne ad osservare che «un´auto prodotta a Termini ci costa mille euro in più». Un calcolo a grandi linee ma sostanzialmente aderente alla realtà. Il costo aggiuntivo di Termini è legato all´assenza di una rete di produttori dell´indotto nel territorio siciliano. Questo significa che le migliaia di componenti necessarie per produrre una singola automobile devono partire dalle aziende della componentistica sparse in tutta Italia, raggiungere lo stabilimento siciliano dove vengono assemblate e tornare sotto forma di automobili fatte e finite nei concessionari di tutta Europa. Un andirivieni che, a causa della posizione particolarmente decentrata della Sicilia, si traduce nei famosi mille euro di costi aggiuntivi.
Per questa ragione a Torino si era pensato da tempo alla chiusura di Termini. Lo aveva fatto, negli anni difficili della crisi di inizio decennio, l´allora amministratore delegato Giuseppe Morchio che nel piano aveva previsto semplicemente la cancellazione dello stabilimento. Insieme a Termini, quel piano prevedeva anche la sostanziale chiusura delle linee di Mirafiori. Poi l´arrivo di Marchionne e la sua promessa («non chiuderemo stabilimenti in Italia») aveva garantito la sopravvivenza della fabbrica siciliana. Da parte sua la Regione si era impegnata in un piano di sostegno alla logistica che non sembra aver avuto seguito. Per mantenere fede all´impegno («non chiuderemo stabilimenti») e far quadrare i conti, nelle scorse settimane, a Palazzo Chigi, Marchionne ha parlato di «riconversione produttiva di Termini Imerese». la frase che ha fatto scattare le proteste di oggi. Un tentativo, fanno capire a Torino, per distinguere il problema sociale da quello produttivo. Al Lingotto si rendono conto che non è sostenibile la chiusura di uno stabilimento che occupa 1.400 persone alle porte di Palermo. Ma sanno anche che la produzione di utilitarie sempre più sofisticate finisce per acuire i problemi di Termini Imerese: se per produrre la Panda era necessario trasportare in Sicilia un certo numero di componenti, per realizzare la Y quel numero aumenta in modo considerevole e dunque i costi aggiuntivi salgono. Così, quando si è trattato di ridurre la capacità produttiva installata, il taglio delle linee dello stabilimento siciliano è diventata una scelta quasi obbligata. Il dilemma che invece a Torino non è stato ancora sciolto è quello sul futuro della fabbrica: quale produzione di componenti sarà in grado di garantire l´occupazione per i 1.400 dipendenti di Termini?