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 2009  giugno 30 Martedì calendario

OGNI SCRITTORE COPIA. CHE LO SAPPIA O NO


Qualche tempo fa un lettore spedì al mio editore una lettera delizio­sa. Il libro gli era piaciuto moltis­simo, spiegava, tuttavia voleva assicurarsi che l’autore, io nello specifi­co, sapesse che una storia, una delle cen­tinaia di storie del romanzo, somigliava a un episodio della vecchia serie televisiva Ai confini della realtà. Voleva che l’auto­re capisse che, nonostante il romanzo fos­se a suo parere estremamente fantasioso, quella particolare vicenda non era origi­nale.

La lettera mi spinse a considerare una contraddizione, a chiedermi perché mol­ti di noi, come lettori, o forse come socie­tà, diamo per scontato che l’originalità na­sca dal niente, anche se sappiamo che ogni idea, ogni storia, ha un precedente. Nei rin­graziamenti del ro­manzo avevo scritto: «Un cantore di storie è per natura un plagia­rio. Ogni cosa in cui si imbatte, ogni avveni­mento, libro, roman­zo, fatto della vita, per­sona, notizia di crona­ca è un chicco di caffè che sarà pressato, ma­cinato, mescolato a una punta di cardamo­mo, insaporito con un pizzico di sale, cara­mellato con lo zucche­ro e servito sotto for­ma di racconto succu­lento ». Ogni storia del ro­manzo è influenzata da un’altra storia, forse non da un episo­dio di Ai confini della realtà, ma da un racconto venuto da un altro luogo. Ogni storia, in ogni luogo, è ispirata da un chic­co di caffè. Ogni pianta germoglia da un seme.

Rodin diceva: «Non invento niente, ri­scopro ». I drammaturghi greci narravano storie che la gente conosceva bene. Il pub­blico di Shakespeare aveva sentito le tra­me delle sue tragedie, delle sue comme­die e ovviamente dei suoi drammi storici ben prima di prendere posto a teatro.

Un autore originale è dotato di occhi nuovi e di una nuova penna. Grazie a que­st’ultima abbiamo l’impressione che la storia che stiamo leggendo non sia mai stata raccontata prima. Quando affronta un grande libro, il lettore non pensa mai a quali possano essere state le influenze della storia; viene rapito, inghiottito in un nuovo universo. L’occhio del lettore si concentra su ciò che l’autore vuole che ve­da.

Critici e docenti di letteratura insisto­no sul fatto che un buon romanzo sa aprirci gli occhi. Raramente ci ricordano che sa anche accecarci. Influenzato dai suoi predecessori, Rodin può anche esser­si limitato a riscoprire, ma ciò che vedia­mo è originalità allo stato puro, è qualco­sa che non abbiamo mai visto prima.

Nell’introduzione a uno dei miei libri ho scritto: «Uno scrittore è originale quanto l’oscurità delle sue fonti». Non rie­sco a ricordare se avevo sentito qualcosa di simile prima o se era farina del mio sac­co. Ho cercato su Internet e ho trovato una citazione di Benjamin Franklin: «L’originalità è l’arte di nascondere le fon­ti »: sapevo che questa citazione non ave­va influenzato la mia perché non ho mai letto niente di Franklin. Ovviamente pote­va trattarsi di un’influenza indiretta. Co­me una storia, un detto vola di bocca in bocca, distorto e riscoperto strada facen­do, finché un giorno lo prenderemo per un detto nuovo e originale.

Sono intrigato dall’idea delle influen­ze, ovvie o meno ovvie, visibili o nasco­ste, e dalla trasformazione di queste in­fluenze in qualcosa di nuovo. Una casa per Mr Biswas può essere rimbalzato di­rettamente da Balzac a Tolstoj e a Forster, ma rivolgendo l’attenzione agli immigra­ti, scrivendo di una fami­glia del Terzo mondo, Naipaul ha inventato un nuovo modo di racconta­re la storia.

Occhi nuovi. Un auto­re influenza un altro au­tore; a volte l’influenza è chiara e limpida, a volte no. Una storia influenza un’altra storia. Eppure ciò che mi interessa di più sono le influenze della vita reale.

L’infanzia di Naipaul a Trinidad, la fu­ga a Oxford, il rapporto con il padre sono motivi che ricorrono nei suoi romanzi. In che misura le storie della vita reale condi­zionano l’originalità? Se un autore usa un’esperienza reale come fonte principa­le, come seme, sarà originale quanto uno che non lo fa? Che cosa è più originale: Se una notte d’inverno un viaggiatore di Italo Calvino (romanzo non basato su al­cuna riconoscibile esperienza vissuta), Una casa per Mr Biswas (romanzo basa­to sull’esperienza personale dell’autore – Nabokov lo chiama autoplagio!) o A sangue freddo di Truman Capote (non-fic­tion romanzata basata su fatti reali non inventati)? Occhi nuovi, in tutti e tre i ca­si.

Nessuno di questi autori ha nascosto le fonti. Benjamin Franklin dev’essersi sbagliato. Forse mi sbaglio anch’io. O for­se no, chi può dirlo?

Henry James scrisse una volta: «Tutto a Firenze sembra colorato di un tenue vio­letto, come vino diluito». una descrizio­ne magnifica. Ma provate a immaginare questa scena, attenzione, è solo un’ipote­si. James cammina per le vie di Firenze. La pioggia lo ha costretto in casa per un bel pezzo. Terminato il pranzo, un uomo leggermente ubriaco esce da un’osteria strin­gendo ancora il bicchie­re di vino (si rifiuta di se­pararsene). Scivola sul selciato bagnato e rove­scia il vino, che si mesco­la con l’acqua delle poz­zanghere a terra. Vino di­luito, pensa James, ed è lo stesso colore della pie­tra che ricopre, lo stesso colore di Firenze, un tenue violetto.

La descrizione sarebbe ancora origina­le quanto lo sarebbe stata se non avessi­mo saputo come era nata nella mente di James?

In Microcosmi Claudio Magris descrive la Mitteleuropa come «il grandioso e ma­linconico laboratorio del disagio della ci­viltà ». Straordinariamente acuto. Immagi­nate Magris da bambino, a otto anni, in casa. Il padre dice, «Ci trattano come be­stie: le grandi potenze dell’Est e del­­l’Ovest giocano a fare la guerra sulla no­stra pelle, ci usano come cavie». La ma­dre siede al tavolo da pranzo, elegantissi­ma ma disperatamente malinconica. Im­maginate.

Quando Benjamin Franklin scrisse: «L’originalità è l’arte di nascondere le fon­ti », voleva fare una battuta di spirito, pe­rò si sbagliava. Uno scrittore non deve na­scondere le fonti. Spesso non sa neanche quali siano, queste fonti. Per quanto mi riguarda, so per certo che tra le mie non c’è nessun episodio di Ai confini della re­altà,

ma se anche ci fosse, spero che io, e il lettore insieme a me, sapremmo guar­darlo con occhi nuovi.