R. Bon., ཿIl Sole-24 Ore 30/6/2009;, 30 giugno 2009
PARTE LA CORSA PER LA GESTIONE DELL’ORO NERO
Si terrà probabilmente oggi a Baghdad l’aggiudicazione dei contratti per lo sfruttamento di sei grandi giacimenti di petrolio, tutt’ora in funzione, e due di gas. In lizza ci sono 32 compagnie energetiche straniere tra cui colossi del calibro di Exxon Mobil, Chevron, Shell ed Eni. L’italiana Eni e la nipponica Nippon Oil sarebbero le due major più accreditate per i contratti sul giacimento petrolifero nell’area di Nassiriya, nel sud dell’Iraq.
La cautela però è d’obbligo. Perché il disegno del ministro del petrolio iracheno Hussain alShahristani finalizzato a riammodernare l’industria petrolifera nazionale ha incontrato forti contrasti in seno al governo e al parlamento. Secondo Shahristani i nuovi contratti sono indispensabili per rimettere in sesto i pozzi, alcuni dei quali in condizioni critiche, e aumentare la produzione petrolifera.
Ma l’opposizione da parte di un gruppo trasversale di parlamentari e di molti tecnici della compagnia petrolifera statale potrebbe mettergli i bastoni tra le ruote. Anche perché all’interno della fronda degli avversari di Shahristani figurano nomi di peso. Come il vice-premier Tareq al-Hashemi, curdo, il quale ha dichiarato che boicotterà la gara. «Vi sono diverse riserve su questo asset vitale delle risorse petrolifere irachene- ha scritto in una lettera indirizzata al ministro del petrolio e noi chiediamo di sospendere l’aggiudicazione dei contratti alle compagnie vincitrici e concedere al parlamento il tempo necessario per studiare le loro offerte». «Il primo round non è stato rinviato e sarà tenuto martedì (oggi, ndr) come previsto» ha ribattuto il portavoce del ministero del petrolio Assem Jihad.
Se tutto andrà nel verso voluto, sarà un appuntamento storico. Che sancirà, per la prima volta dalla nazionalizzazione dell’industria petrolifera irachena, nel 1972, il ritorno delle major straniere in Iraq. Shahristani ha spiegato che i nuovi accordi - contratti di servizio con una durata ventennale - porteranno nelle casse del governo iracheno 1.700 miliardi di dollari in 20 anni. I vincitori dovranno siglare promesse di pagamento per 2,6 miliardi di dollari e di copertura del 25% dei costi di sviluppo, spesa che poi sarà ripagata da Baghdad con il petrolio estratto. Tra chi si contende i due giacimenti di gas figura anche l’italiana Edison, che dovrà vedersela con la China National Petroleum Corp, la Korea Gas Corp., la maleysiana Petronas e la turca Tpao.
Con 115 miliardi di barili di riserve, l’Iraq è il terzo paese al mondo per giacimenti. I recenti miglioramenti nella sicurezza hanno permesso alla produzione petrolifera di risalire a 2,4-2,5 milioni di barili al giorno, un livello però ancora inferiore al periodo precedente la guerra. Baghdad punta in breve tempo a raggiungere 3,5 milioni di barili per poi spingersi a sei milioni entro il 2017. «Considerando i rischi politici - ha spiegato ieri l’Agenzia internazionale per l’Energia - e quelli sulla sicurezza, che continuano a rappresentare una sfida per il governo e l’industria iracheni, il progetto di portare entro il 2017 la produzione a 6 milioni di barili al giorno appare più che ottimista».
In verità non si tratta del primo contratto dell’era post Saddam, ma della prima gara aperta alle major straniere. Nel 2008 Baghdad ha rimesso in vita un contratto da tre miliardi di dollari per lo sfruttamento di un giacimento con la cinese Cnpc, un tempo firmato dal governo di Saddam Hussein, cambiando tuttavia la formula con una meno vantaggiosa.