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 2009  giugno 30 Martedì calendario

BOCCIATI I COLOSSI DEL CREDITO

Quella banca è troppo grande per fallire? Allora è «troppo grande per esistere». La Bri non si smentisce. Sola, negli anni scorsi l’organizzazione internazionale di Ginevra non aveva avuto paura di lanciare segnali di allarme sulla crisi finanziaria che si preparava. Ora, dopo aver avuto tristemente ragione, propone, nel rapporto 2009 pubblicato ieri, analisi e idee anche più coraggiose.
 solo un esempio l’invito a «tassare in pratica le dimensioni delle banche». La proposta è di chiedere un patrimonio crescente oppure una leva finanziaria minore, in relazione alla grandezza o alle interconnessioni delle aziende di credito: «Le banche devono diventare più piccole, semplici e sicure», spiega la Bri, preoccupata perché i salvataggi stanno concentrando i mercati, «aumentando il rischio sistemico», e stanno incentivando i manager a rallentare il risanamento, allontanando una ripresa economica che già promette di essere lenta.
La Bri si muove quindi di nuovo controcorrente. Se negli anni scorsi, quando tutti si affidavano ciecamente ai mercati, l’enfasi era sui limiti e sulla prociclicità - la tendenza a rafforzare boom e depressioni - del settore finanziario («i mercati hanno fallito sotto alcuni aspetti fondamentali », spiega oggi la Bri ricordando che «possono non autocorreggersi »), l’attenzione è ora rivolta, con lo stesso pragmatismo, contro il mito dello "stato salvatore".
Ai banchieri di Basilea non piacciono molto, infatti, le politiche ideate dai governi, «una combinazione disordinata di rimedi urgenti per contenere la crisi e bozze di riforma di ampio respiro». Innanzitutto non occorrono tante spese ( oggi pari al 5% del Pil globale): «Finché il sistema di intermediazione non riprenderà a funzionare, l’ingentestimolo fiscale potrebbe facilmente rivelarsi inefficace». Servono piuttosto interventi «tempestivi, mirati e temporanei». Il pericolo, oltre a quello di far salire tassi e inflazione, è «che la capacità di indebitamento dei governi si esaurisca prima che sia ultimata la costosa opera di risanamento del settore finanziario ». E fermarsi troppo presto sarebbe un grave errore.
Non servono neanche, come molti invocano, «una maggiore regolamentazione e un maggior accentramento, ma piuttosto una migliore regolamentazione e una migliore vigilanza che inducano il settore privato a rafforzare gli incentivi, la gestione del rischio e il governo societario», i tre punti deboli del settore finanziario che, dice, «subirà un ridimensionamento ». L’organizzazione di Basilea ha infatti acceso i riflettori su molte distorsioni del settore privato: i conflitti d’interesse delle agenzie di rating, gli errori nella valutazione dei rischi (basati su assunzioni statistiche false), persino la pratica dei manager di aumentare i rendimenti delle azioni a vantaggio degli azionisti che li ha spinti a indebitarsi sempre più.
Mai però si troverà nel rapporto una condanna del mercato o dell’innovazione finanziaria, una contrapposizione esplicitamente negata - tra banche e borse come fonti di finanziamento o, peggio, un elogio del protezionismo, esito molto temuto anche per i movimenti di capitali:l’analisi della Bri punta a cercare soluzioni. Per i mercati over-the-counter, per esempio, propone che si crei una «controparte centrale» da inserire tra il compratore e il venditore che non avrebbero più rapporti diretti tra loro, in modo da meglio gestire i rischi. Per stemperare la prociclicità del settore finanziario studia intanto un «coefficiente patrimoniale anticiclico»: riserve che le banche dovrebbero accumulare quando le cose vanno bene e usare quando vanno male. A vantaggio dei risparmiatori immagina poi di introdurre per gli strumenti finanziari un sistema analogo a quello dei farmaci, nel quale vengono distinti i prodotti per tutti, quelli che richiedono una ricetta, quelli riservatissimi per i protocolli sperimentali e quelli illegali.
La Bri non rinuncia infine ai suoi cavalli di battaglia. Se la vigilanza macroprudenziale che si rivolge all’intero sistema e non alle singole banche - viene oggi studiata da tutte le banche centrali, è ancora un tabù l’idea che la politica monetaria debba contrastare l’inflazione finanziaria, le bolle.
Come, però, non è ancora del tutto chiaro. Il cammino non è infatti semplice, molte tra le procedure proposte devono essere messe a punto. «Il moderno sistema finanziario è immensamente complesso, forse troppo complesso perché una sola persona possa davvero capirlo », dice la Bri, che conclude: «Sarà un compito lungo e complicato, ma non vi è scelta. Deve essere affrontato».